Attraverso la conferma, da parte della Corte d’ appello di Milano, della sentenza di condanna pronunciata nel novembre di due anni fa a carico degli avvocati Cesare Previti ed Attilio Pacifico – riconosciuti colpevoli di corruzione nei confronti del giudice romano Renato Squillante – si chiude con il sigillo della «doppia conforme» la fase di merito nel secondo dei grandi processi milanesi, che hanno visto emergere la figura dell’ avvocato Previti nel ruolo di corruttore non episodico di magistrati (con l’ eccezione della sentenza assolutoria relativa all’ affare Sme, essa pure confermata ieri in sede di appello). Il primo di tali processi, come è noto, è stato quello relativo all’ affare Imi-Sir, anch’ esso già pervenuto alla conferma in appello della condanna di Previti e degli altri imputati di corruzione, ed ora pendente in attesa della definitiva sentenza della Corte di cassazione, prevista per gennaio. Adesso anche contro la sentenza pronunciata ieri Previti ed i suoi difensori ricorreranno in cassazione, dichiarandosi fiduciosi perché «per fortuna la Corte di cassazione è a Roma» (battuta quasi umoristica, e perfino vagamente diffamatoria, alla luce delle ripetute condanne per corruzione di giudici romani). Naturalmente Previti ha tutto il diritto di usare ogni legittimo mezzo per dimostrare la sua estraneità ai fatti, ed è giusto che lo faccia. Poiché, tuttavia, tra qualche tempo la mannaia della prescrizione comincerà ad incombere anche su quest’ ultimo processo, per la ravvicinata scadenza dei termini oggi vigenti (termini che sarebbero scaduti già da tempo, se i nuovi criteri di computo stabiliti dalla legge «ex Cirielli» dovessero applicarsi anche a tale processo, come accadrebbe ove venissero accolte le eccezioni di incostituzionalità preannunciate sul punto dai difensori), sarebbe buona cosa se lo stesso Previti dichiarasse una volta per tutte di rinunciare al beneficio della prescrizione. Si tratterebbe di un contributo di chiarezza, che darebbe maggiore credibilità alle sue proteste di innocenza, e sarebbe in ogni caso doveroso da parte di un imputato che è stato ministro, ed è tuttora membro del Parlamento. Anche su un diverso versante la sentenza emessa ieri dalla Corte d’ appello di Milano, a conferma della precedente condanna di Previti e dei suoi soci per corruzione in ambito giudiziario, acquista un suo specifico risalto. In particolare, quando si ricordi che per gli stessi fatti è stato processato in via separata, e prosciolto, circa un anno fa, per intervenuta prescrizione (ma solo grazie alla concessione delle circostanze attenuanti generiche) anche il presidente del Consiglio Berlusconi, già coimputato di Previti e di Pacifico. Sebbene contro tale sentenza di proscioglimento sia ancora pendente il giudizio di appello, non si può tuttavia non rilevare come un simile proscioglimento per scadenza dei termini di prescrizione, maturati esclusivamente per effetto delle attenuanti generiche, presupponga a carico di Berlusconi l’ avvenuto accertamento del medesimo fatto corruttivo, per il quale sono stati ieri di nuovo riconosciuti colpevoli Previti e Pacifico (con il diniego delle suddette attenuanti). Una situazione quantomeno imbarazzante, in capo al presidente del Consiglio, dalla quale peraltro anch’ egli potrebbe uscire con onore, dichiarando subito di rinunciare comunque al godimento della prescrizione.