Un contratto ad alto rischio

La notte porta consiglio, a volte. Al primo piano del palazzo della Confindustria, ieri pomeriggio, era attesa la scena-madre della «grande rottura» tra i sindacati dei metalmeccanici – Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm – accusati il giorno prima, da Giorgio Caprioli, segretario nazionale della Fim, di «incapacità di trovare una posizione unitaria» nella trattativa sul contratto. E sulle prime sembrava che il copione dovesse essere rispettato. Ma la riunione, che doveva essere soltanto una rapida e formale presa d’atto della rottura tra i sindacati, è iniziata e continuata troppo a lungo per non far capire che le cose stavano andando diversamente. Quando le porta della sala riunioni si sono aperte si è capito subito che le cose erano andate in un altro modo. La Fim, con Caprioli, confermava la rottura della trattativa, ma cambiava radicalmente il bersaglio polemico: «rompiamo con Federmeccanica», l’associazione degli imprenditori, «non con Fiom e Uilm. E’ un atto negoziale che serve ad indicare alla controparte quali strade non bisogna percorrere». E rispondeva addirittura «sì» alla domanda «si è sentito preso in giro dalla controparte?». Quattro le motivazioni della rottura: «Abbiamo chiesto 25 euro per chi non ha la contrattazione aziendale, ma non sono riusciti neppure a dirci quanti di questi euro sono disposti a darci; per i giovani precari chiediamo di stabilire una percentuale massima, ma ci viene risposto solo `applichiamo la legge 30′; ci vengono offerti 60 euro di aumento salariale, ma ci si chiede in cambio che le riduzioni di orario di lavoro siano trasformate in salario aggiuntivo; non accettiamo la proposta di Federmeccanica di chiudere sul salario e solo sul tema dell’apprendistato; e infine temevamo per la prossima settimana una decisone esplosiva, ossia l’erogazione unilaterale di aumenti a partire da gennaio, senza contratto».

Sparita, come si vede, l’«incapacità sindacale» di elaborare una posizione comune sulla flessibilità chiesta dalle imprese (sabati lavorativi in eccedenza alle 32 ore annuali «comandate», già comprese nel contratto in vigore, senza doverli contrattare con le rappresentanza sindacali unitarie di fabbrica, ndr) e che il sindacato, secondo la Fim dell’altroieri, avrebbe dovuto concedere. Ricomposta, in larga misura, l’unità sindacale prossima all’esplosione. Restava, sul tavolo, solo la differenza verbale: la Fim parla di «rottura» della trattativa, Fiom e Uilm solo di «sospensione».

Sulle ragioni della retromarcia di Caprioli non si possono fare altro che delle ipotesi. Le più accreditate parlano dei segnali di insofferenza provenienti dalla sua stessa base (le prese di posizione «unitaria» fatte circolare alla Tenaris Dalmine di Bergamo, fabbrica tra le più importanti della «sua» zona, e all’Agusta di Varese), o anche i blocchi stradali in Basilicata; ma importante è pure la posizione di Federmeccanica, che non sembra disposta ad accettare un terzo «contratto separato» dopo che le altre due esperienze hanno dimostrato l’impossibilità di far finta, sui luoghi di lavoro, che la Fiom non esista. Le imprese, fra l’altro, sembrano a loro volta abbastanza divise tra grandi aziende (che hanno bisogno di fare al più presto il contratto, per annullare la conflittualità e far fronte agli ordinativi; come la Fiat, per esempio) e le piccole, che temono impegni economici troppo onerosi per i loro bilanci.

Gianni Rinaldini, segretario nazionale della Fiom, si limitava a prendere olimpicamente atto «di una novità positiva», perché «la dichiarazione di Caprioli è assolutamente condivisibile per quanto riguarda le posizioni inaccettabili della contro parte». Quanto al nodo problematico della maggiore flessibilità, «prendo atto che o c’è una proposta unitaria o non c’è alcuna proposta, se non quella della piattaforma contrattuale» votata da oltre il 90% dei metalmeccanici. E lì, di mandato a trattare sulla flessibilità, non se ne parla proprio; «dunque per noi non è neppure terreno di confronto, specie sul ruolo delle rsu», perché «quello in discussione è il rinnovo del biennio economico», non quello normativo.

A questo punto le prossime mosse della trattativa sembrano obbligate. Federmeccanica riunisce il direttivo il 21 e prende le decisione «più adatte a sbloccare la trattativa», come ha detto il direttore generale Santarelli. E lunedì mattina si riuniscono le segreterie unitarie dei sindacati metalmeccanici per «decidere unitariamente – dice un sorridente Rinaldini – iniziative di lotta e mobilitazione a sostegno della piattaforma unitaria e per costringere Federmeccanica a una rapida conclusione della trattativa». Del resto, fa notare a chi gli chiede se davvero verranno indetti altri scioperi, «se si rompe una trattativa lo si fa per tornare al tavolo con una forza maggiore. Se ciò non si indicono nppure dieci minuti di sciopero vuol dire che qualcosa non quadra». La notte ha portato il necessario consiglio; ora bisogna vedere se sarà seguito fino in fondo. Come ha ricordato il confindustriale Santarelli, «il rischio che il contratto non si faccia è, onestamente, alto».