ROMA
«La sinistra d’alternativa non può vivere pensando di essere solo l’ala sinistra del governo di centrosinistra. Deve essere un’alternativa di società». Fausto Bertinotti usa questa argomentazione per motivare e definire con maggior precisione la sua proposta di «contenitore» unico per la sinistra radicale, ripresa ieri con un lungo articolo «di linea» da Rina Gagliardi su Liberazione. Oggi alla camera del lavoro di Milano, il segretario di Rifondazione tornerà certamente sull’argomento, illustrando per la prima volta le sue tesi congressuali. Non si tratta di dar vita a un nuovo partito. Non c’è alcuna ipotesi di fusione tra soggetti diversi né alcun invito alla scissione rivolto alla sinistra diessina. Al contrario, il leader del Prc ha tenuto a segnalare il suo totale accordo con Fabio Mussi, col quale si è sentito per telefono.
Il contenitore in questione, spiegano i bertinottiani, è per definizione organizzativamente vago, proprio perché non mira a creare una nuova formazione politica ma ad avviare un processo costituente, quella che Bertinotti definisce «una Londra della sinistra alternativa» alludendo ovviamente al recente Social forum europeo. Non dovrebbero farne parte solo partiti o pezzi di partiti, e neppure dovrebbero aggiungersi solo «i movimenti», ma anche tutte quelle aree di organizzazione o di riflessione accomunate da un’istanza di ricerca alternativa, non solo nei termini banali del ricambio governativo ma anche in quelli decisamente più ambiziosi della definizione di un progetto anticapitalista rinnovato e all’altezza dei tempi. In una simile prospettiva, partire suggerendo spaccature e scissioni sarebbe suicida, tanto più con il congresso diessino alle porte, e sui tempi lunghi è notoriamente inutile vaticinare.
Non significa che la proposta avanzata dal leader rifondatore non possa e non debba avere una ricaduta politica immediata. Il passo conseguente sarebbe un incontro assembleare tra tutte le forze della sinistra d’alternativa per definire alcune linee programmatiche comuni e portarle poi, insieme, al confronto con il resto dell’opposizione, in concreto con le forze del listone. In questo modo non verrebbe minacciata alcuna autonomia dei singoli soggetti, e allo stesso tempo i partiti della sinistra radicale inizierebbero da subito ad adoperarsi per influire sulla linea dell’alleanza vasta, prefigurando quello che dovrebbe essere il rapporto tra le due anime della sinistra qualora arrivassero nel 2006 al governo.
Inevitabilmente, in una fase precongressuale, la proposta rivolta da Bertinotti alle altre componenti della sinistra d’opposizione ha un immediato riflesso all’interno del Prc. «E’ una proposta assolutamente condivisibile – assicura il leader della cosidetta `area dell’Ernesto’ Claudio Grassi – anche perché viene specificato il punto senza il quale noi non potremmo concordare, e cioè che non sono in discussione né un nuovo partito né un superamento di Rifondazione». Per Grassi la proposta è interessante, ma lo sarebbe ancora di più se contemporaneamente fosse richiesta la convocazione di quegli «stati generali della sinistra d’alternativa» a cui del resto lo stesso Bertinotti sembra tenere molto.
La convergenza tra le due anime della maggioranza di Rifondazione non pare però destinata a modificare in alcun modo gli schieramenti congressuali. Il leader dell’Ernesto insiste sulla proposta di un congresso a tesi emendabili: «Ci sono molte cose sulle quali siamo d’accordo, come questo caso esemplifica. Quindi sarebbe un peccato se, per alcuni specifici punti di disaccordo, dovessimo presentarci al congresso con documenti completamente alternativi». Ma il segretario è fermamente deciso a non mollare, il congresso si farà per documenti alternativi, e l’Ernesto dovrà scegliere tra sottoscrivere le tesi del segretario o contrapporglisi.