Fatta, o quasi. Si è sgonfiato sul nascere l’ultimo atto del megaprocesso intentato da 39 multinazionali farmaceutiche contro il governo del Sudafrica, colpevole di aver autorizzato con una legge del 1997 (mai entrata in vigore) la produzione di farmaci anti Aids al di fuori di costosissimi brevetti e relative royalties.
Ieri era il grande giorno fissato per la ripresa delle udienze in tribunale, a Pretoria. Però le attese di una lunga vigilia hanno prodotto solo un rinvio a oggi. Non granché, ma solo in apparenza, perché fin da ieri mattina le indiscrezioni di varia fonte (stampa internazionale, organizzazioni umanitarie, governo sudafricano, compagnie farmaceutiche) annunciavano che un accordo era in vista. Per perfezionarne i termini le parti in causa si sono prese una giornata, e soprattutto una nottata, di ulteriori trattative in cui discutere tra l’altro anche a chi toccherà pagare le spese legali. A conferma di un probabile “happy end”, ieri pomeriggio è stata diffusa la notizia che già 37 delle 39 multinazionali querelanti avevano deciso di ritirarsi dalla contesa giudiziaria. Restavano comunque da chiarire i dettagli, che non sono cosa di poco conto, visto che la posta in gioco è il diritto alle cure di milioni di persone infettate dal virus Hiv ed escluse dall’accesso alle terapie a prezzi di mercato.
Un’ipotesi ripresa ieri dal quotidiano finanziario londinese Financial Times parlava di una possibile intesa basata sul riconoscimento del diritto del governo sudafricano a ignorare i brevetti internazionali per ragioni di salute pubblica, “ma solo in circostanze eccezionali”. Una formulazione di questo genere renderebbe più che giustificata l’esultanza con la quale ieri i rappresentanti delle associazioni del volontariato impegnate nella lotta all’Aids hanno salutato la notizia dell’accordo imminente. Le “circostanze eccezionali”, infatti, ci sono tutte nel caso in questione e la vittoria sostanziale di chi ha agito in nome dei diritti umani contro la logica del profitto sarebbero più che evidenti. Ciò che induce però a non essere troppo ottimisti è una valutazione attribuita a una fonte dell’industria farmaceutica: “Ci sono buone possibilità di raggiungere un accordo. Ma in questo caso ci sarà da dare e da prendere da ambo le parti”.
Fino a prova contraria, comunque, le organizzazioni umanitarie incassano il buon esito del processo morale che si è già svolto su scala globale a carico di colossi farmaceutici del calibro di Glaxo, Bayer, Novartis, Squibb, Merck & Co e Boehringer Ingelheim. Secondo una portavoce di Médecins sans frontières, la decisione di lasciar perdere il processo “mostra che le compagnie hanno ceduto alla crescente pressione internazionale. In tribunale avrebbero dovuto fornire informazioni sui loro prezzi e sulle loro spese per ricerca e sviluppo, cioè su cose che non hanno mai voluto rivelare. Alla fine si sono resi conto di quanto grandi fossero i loro abusi e hanno cominciato ad ascoltare”. In prima fila tra coloro che protestavano e ora gioiscono c’è naturalmente l’ex presidente sudafricano Nelson Mandela, che nei giorni scorsi aveva puntato il dito contro i propositi di sfruttamento delle società farmaceutiche e condannato la loro decisione di ricorrere a un’azione giudiziaria per proteggere i loro profitti.
Insomma, quali che siano gli esiti delle trattative ancora in corso per chiudere la vicenda, l’immagine dei big del business mondiale della salute ne esce a pezzi. Non a torto, Kevin Watkins, dirigente dell’associazione umanitaria britannica Oxfam, ha parlato di “Vietnam dell’industria farmaceutica” e di “disastro per le pubbliche relazioni” delle aziende che hanno deciso la linea dura contro il paese che conta il maggior numero di persone al mondo contagiate dall’Hiv. Questa linea di condotta appare poi ancora più assurda se si pensa che nell’intera Africa le società produttrici di farmaci contro l’Aids realizzano meno dell’1% del totale dei loro guadagni.
Ma in effetti la sordità etica e politica delle multinazionali nasce dalla consapevolezza che la partita in corso va ben oltre i confini della Repubblica sudafricana e dell’Africa. Il caso in discussione a Pretoria rappresenta un precedente valido per molte altre nazioni dell’America Latina e dell’Asia nelle quali l’epidemia di Aids continua a diffondersi mentre le terapie sono disponibili solo per una minoranza di ricchi. Contese sul rispetto dei brevetti internazionali sono già sorte in altre parti del mondo e altre non mancheranno di seguire. Le compagnie farmaceutiche avvertono che ogni danno economico da loro subìto minaccia gli investimenti nella ricerca di rimedi contro l’Aids e quindi anche le prospettive di sopravvivenza delle future generazioni. Ma si tratta di un’arma molto spuntata, a fronte del numero dei morti per mancanza di trattamenti adeguati e delle prospettive di profitto che comunque la commercializzazione di farmaci anti Aids garantisce.