Tutto pronto per l’assemblea «aperta» della Sinistra arcobaleno

Salvo correzioni e aggiustamenti dell’ultima ora, è tutto pronto per l’assemblea degli stati generali della sinistra e degli ecologisti convocati per domani e domenica. Se sarà il primo passo del nuovo soggetto politico unico è presto per dirlo. E non solo perché è ancora calda la polemica sul simbolo o perché non è ancora deciso se e chi sarà il leader. C’è anche la riforma elettorale che, non appena ha cominciato a prendere forma, ha scatenato furie politiche uguali e contrarie. Riassume così la questione Pecoraro Scanio, presidente dei Verdi: «Sinistra arcobaleno è divisa come il Pd tra quelli che sono per il sistema tedesco (Prc e Sd, ndr.) e quelli per il bipolarismo», cioè Verdi e Pdci. Ma basta cambiare argomento ed anche le “alleanze” cambiano: per dire, su welfare e pensioni le posizioni di Prc e Pdci sono molto più vicine di quelle di Verdi o di Sd. E allora, è stato il ragionamento, che senso ha fermarsi qui? E infatti non si sono fermati. Le polemiche sul welfare, l’intervista a Repubblica di Bertinotti, le divergenze sulla legge elettorale e quelle sul simbolo non hanno interrotto il percorso verso gli stati generali. Si fa quel che si può: per ora si punta su una federazione. Della quale sono promotori i quattro partiti a sinistra dell’Unione, ma alla quale partecipano tutti coloro che si considerano a sinistra del Pd. Così Venier (Pdci) può dire che il logo dell’assemblea non è «affatto un simbolo elettorale e tanto meno il logo di un nuovo partito» e resta inteso che se si decidesse un uso elettorale di questo segno grafico «bisognerà lavorare ancora». Mentre Pecoraro Scanio, mettendo l’accento sul fatto che Sinistra arcobaleno è «una federazione di forze politiche che si mettono insieme perché hanno molti obiettivi comuni, ma che ovviamente dibattono», sentenzia che «la Cosa rossa non esiste più». Insomma, alla fine hanno prevalso le cose che uniscono su quelle che dividono. Ma siccome queste ultime non possono essere taciute, ecco che l’organizzazione stessa della due giorni di domani e domenica ha finito per rispecchiare lo spirito «aperto» con la quale è stata promossa. «Abbiamo articolato i lavori – spiega Beatrice Giavazzi (della direzione nazionale del Prc) – in modo da mettere in circolazione le idee, per permettere a tutti di interrogarsi sulle questioni critiche». Ecco, perciò, i workshop, ben nove, che si apriranno domani a partire dalle 14 (dopo la performance di Andrea Rivera e Beppe Barra) in altrettante sale della Nuova Fiera di Roma, sufficientemente grandi per accogliere «fino a 300-500 persone».
Un’esagerazione? «Beh – spiega Giavazzi – l’impressione è che la partecipazione sia in continua crescita, di pari passo con la curiosità e la voglia di esserci. Lo percepiamo dalle continue richieste di informazione che riceviamo». Che poi è il frutto di un lavoro comune. Per dire: i pullman dalle varie città sono organizzati insieme da tutti e quattro i partiti; e gli stessi workshop sono stati pensati e condivisi con le associazioni e i movimenti: i temi vanno dall’ economia e dal welfare ai diritti di cittadinanza; dalle ecomafie all’etica pubblica; dai beni comuni alla laicità.
I workshop saranno aperti a tutti, anche se avranno due coordinatori (rigorosamente un uomo e una donna) e un “comunicatore”, cioè una personalità dalla riconosciuta esperienza nella materia, che avrà il compito di istruire la discussione.
A conclusione dei lavori, i workshop prepareranno un re-port che sarà parte integrante della carta d’intenti, che siglerà l’avvio del patto federativo e sarà letta domenica a chiudere l’assemblea. Sì, perché vale forse la pena di sottolineare che le conclusioni non saranno affidate ai leader Giordano, Diliberto, Mussi e Pecoraro Scanio, i quali interverranno più o meno a metà della sessione plenaria di domenica, prima della carta d’intenti, ma dopo gli interventi delle numerose personalità che hanno aderito (i cui nomi continuano ad essere top secret). Si sa, invece, che domani sera, una rete di associazioni e movimenti darà vita ad un’ assemblea autorganizzata, cui parteciperà Paul Ginsborg.
Il carattere aperto e dinamico della kermesse avrà anche una
dimensione plastica, riflessa nell’allestimento scelto per la
sala dell’assemblea plenaria.
Intanto, non ci sarà un tavolo ma uno “spazio” della presidenza. Poi è stato previsto uno spazio intermedio, con «gruppi di sedute» con l’idea di «mischiare» le persone («i posti saranno assegnati là per là»). Quindi niente file di sedie allineate, tranne che nella platea classica che, comunque, avrà anche lei una forma circolare, «a rappresentare la circolazione delle idee». Sul fondo della sala, gli spazi dedicati alle associazioni, ai movimenti, alle riviste e agli organi dei partiti promotori (da Liberazione a Carta, dal manifesto a Rinascita, da Left ad Aprile, che proprio oggi usciranno insieme con uno speciale sugli stati generali).
Il tutto, insomma, è pensato per confermare che si tratta di un «lavoro di costruzione», i cui esiti nessuno sa ancora indicare; il famoso mare in cui ti devi buttare se vuoi imparare a nuotare. Perciò, osservano dalle parti di Rifondazione, si è data un’attenzione eccessiva al simbolo, che rischia di appannare un percorso che è molto più ricco. Sempre che ci sia l’obiettivo comune di costruire qualcosa di nuovo. I distinguo, naturalmente, non mancano. «Chi si sente duro e puro se ne andrà», profetizza facilmente il leader dei Verdi. La Sinistra critica di Cannavo e Turigliatto negli stessi giorni tiene la propria assemblea; Marco Rizzo lascia il Pdci; Grassi (Essere comunisti) chiede che la questione del ritiro dall’Afghanistan sia la parola d’ordine degli stati generali «se non vogliamo che siano l’ennesimo appuntamento politicista». Non mancano nemmeno “sensibilità” diverse dentro lo stesso Prc, tra chi crede che si debba andare “oltre” Rifondazione e chi, invece, è contrario a sciogliere il partito. C’è, infine, anche chi ci sarà per protestare, come il comitato No Dal Molin; «ma comunque verranno», commenta Michele De Palma (responsabile area movimenti). Quanto al leader, per ora «non ci sarà una leadership individuale» (Pecoraro Scanio); in ogni caso niente primarie, avverte Giordano, «scartiamo ogni ipotesi plebiscitaria. Anche in questo campo troveremo forme di partecipazione innovative, con modalità di coordinamento e con l’investimento sulle donne». Intanto si comincia. E siccome l’assemblea della sinistra «è un evento di grande importanza politica», i capigruppo di Camera e Senato di Pdci, Prc, Sd e Verdi hanno scritto a Cappon e Petruccioli chiedendo «che la Rai svolga appieno il suo ruolo di servizio pubblico garantendo la giusta visibilità all’iniziativa». Sarebbe un buon inizio. A scanso di equivoci, l’assemblea di domenica sarà trasmessa in diretta su EcoTv (canale 906diSky).