Tutti cauti, Fiom «preoccupata»

«Profonda preoccupazione» per gli ultimi sviluppi della vicenda Telecom viene espressa dalla segreteria nazionale della Fiom-Cgil. Ancora una volta, sostiene la sigla sindacale, emerge «la totale debolezza del sistema industriale italiano, l’incapacita’ della classe imprenditoriale di far fronte alla globalizzazione, la non definizione di scelte di politica industriale da parte del governo». Per la Fiom Cgil, «c’e’ il rischio concreto che in pochi anni il sistema Italia sia totalmente degradato, non avendo il controllo né del sistema industriale, né della ricerca, né dei servizi principali. Dopo Telecom e Alitalia un altro patrimonio industriale del paese, la Fincantieri, rischia di fare la stessa fine, di fronte alla scelta sbagliata e incomprensibile di collocazione in Borsa dell’impresa». La Fiom chiede che «si finisca con il demonizzare l’intervento pubblico, che in molti casi e’ stata la principale causa di sopravvivenza di imprese che altrimenti non esisterebbero più».
«Credo che il governo sia molto cauto, penso che abbia anche ragione», dice invece il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani. «Sono offerte di mercato – ha detto Epifani – sono scelte di mercato, è un’azienda quotata in Borsa, bisogna usare, soprattutto da parte del governo, il massimo di attenzione. Non credo che allo stato potesse avere altro atteggiamento». E ancora: «Siamo in presenza di una scelta da parte dell’azionista che garantisce molto l’azionista, e questo e’ nel suo diritto, che pero’ puo’ creare problemi all’azienda». Entrando più in dettaglio, Epifani ha spiegato che i problemi possono nascere «non perché la proprietà sia eventualmente quella di chi ha fatto l’offerta, non è questo il punto, ma è abbastanza semplice intuire che da quella proprieta’ poi si andrebbe a uno spezzettamento dell’azienda, con Tim Brasil che va da una parte, il resto che va dall’altra». Secondo il segretario della Cgil, «si impoverirebbe la consistenza industriale del gruppo. Quindi – ha spiegato – la nostra e’ una critica rivolta al futuro industriale del gruppo e alle sue prospettive. Ci siamo sempre battuti e confermo che ci batteremo per l’integrità del gruppo. Non ci piace che i pezzi migliori se ne vadano, tutto deve restare unito, poi vedremo quello che succede perche’ non e’ detta l’ultima parola – ha concluso – ma non spetta a noi dirla».
Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, prospetta una soluzione «all’inglese» per Telecom. «Esiste il problema dell’utilizzo della rete – ha detto Angeletti a margine dell’assemblea dei delegati di Cgil, Cisl e Uil a Milano – Forse un modello all’inglese per cui la rete viene scorporata dalla gestione, non sarebbe male». Angeletti, per quanto riguarda la gestione, preferirebbe «un investitore italiano, ma il problema vero è il piano industriale, le garanzie che da’ sul piano occupazionale e quelle per i consumatori. Il servizio in Italia sia di qualità e a bassi costi». L’entrata degli stranieri, poi, Angeletti la spiega cosi’: «In primo luogo – dice – abbiamo un capitalismo bonsai. In secondo luogo i nostri capitalisti, anche quelli meno bonsai, sono stati abituati, in passato, a controllare imprese senza mettere i soldi. Infine, per troppo tempo c’e’ stata una cultura politica che ha cercato di combattere le grandi imprese monopolistiche. Non dimentichiamoci che quelli che sono monopoli in Italia, sono nani all’estero».