Dovranno aspettare ancora i metalmeccanici per veder rinnovato il contratto nazionale di lavoro. Ieri la Fim ha ufficializzato l’abbandono della trattativa. Non certo a causa di non meglio precisati dissensi con Fiom e Uilm, ma per una profonda differenza di vedute con Federmeccanica, che il segretario generale Giorgio Caprioli riassume in quattro punti: caparbietà eccessiva degli imprenditori a non spostarsi dall’offerta dei sessanta euro iniziali; applicazione rigida della Legge 30; cattiva gestione dei tavoli paralleli; timore di aumenti salariali unilaterali. Nessuno dei “motivi” spiega però cosa abbia spinto la Fim a una rottura così improvvisa e, soprattutto, al di fuori di quei rapporti unitari così faticosamente costruiti nel corso dell’ultimo anno.
Si vedrà lunedì nel corso della segreteria unitaria se la Fim tiene ai rapporti unitari così come ha ripetuto ieri il suo segretario generale. La Fiom, ovviamente, non resta certo a guardare. Per il segretario generale Gianni Rinaldini lunedì sarà il momento della verità. Si potrebbero decidere «iniziative di lotta per sostenere la piattaforma e ottenere una rapida conclusione della trattativa», aggiunge. «La Federmeccanica – afferma Rinaldini in una nota – non ha modificato le inaccettabili posizioni espresse fino ad ora nel corso del negoziato. La Fim ha motivato la rottura del negoziato per la posizione di chiusuradella stessa Federmeccanica, affermando che sulla flessibilità può esserci soltanto una posizione unitaria di tutte le organizzazioni sindacali. Ciò rappresenta un elemento di novità positiva rispetto alle motivazioni preannunciate per la rottura del negoziato». Tonino Regazzi, segretario della Uilm, usa toni decisamente meno diplomatici e considera l’uscita dalla trattativa «un errore tattico». Federmeccanica, intanto, si frega le mani. E per bocca del direttore generale Roberto Santarelli fa sapere che il rischio di non fare il contratto «comincia ad essere veramente alto». Il 21 dicembre è stato fissato il Consiglio direttivo dell’associazione imprenditoriale. «Prenderemo le decisioni utili per il negoziato – aggiunge Santarelli – che ora vive una crisi profonda». Il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi non ha dubbi: «Il contratto è bloccato perché la Confindustria oltre a rifiutare un aumento dignitoso ha buttato sul tavolo la pregiudiziale della flessibilità obbligatoria». «Fino a che non si sgombra dal ricatto inaccettabile non c’è prospettiva di chiusura positiva», aggiunge. Per Cremaschi la riunione delle segreterie unitarie servirà a prendere due decisioni: far recedere Federmeccanica dalla pretesa sulla flessibilità così come l’ha formulata Confindustria; prevedere eventuali iniziative generalizzate sul modello della lotta alla Ferrari di pochi giorni fa. «Se dovessero permanere differenze di impostazione l’unica strada per superarle – aggiunge – è portarle tra i lavoratori e farli decidere». Per Maurizio Zipponi, che ieri nel corso dei lavori congressuali è stato riconfermato alla guida della Fiom di Milano con 76 voti a favore e uno contrario, «sulla flessibilità non può esserci alcuno scambio». Il congresso ha approvato un Ordine del giorno in cui si prende in considerazione la possibilità di «anticipare il rinnovo del contratto nazionale normativo che scade nel 2006, prevedendo aumenti salariali ben più consistenti dei 130 euro richiesti per il biennio 2005-2006». Se dovesse passare la tesi dello scambio tra flessibilità e salario, infatti, «sarà necessario avviare immediatamente un serrato confronto con tutti i delegati sulle forme di mobilitazione (a partire dal rigido blocco delle flessibilità), con il preciso obiettivo di rilanciare il conflitto, intensificare le lotte e iniziare a ragionare».