La Turchia ha visibilmente congelato, almeno per il momento, il perfezionamento e l’applicazione del suo accordo di luglio con l’Iran sulla cooperazione energetica, in particolare sul gas, avversato apertamente dagli Usa. Ciò, secondo alcuni giornali turchi e gli osservatori, è un probabile effetto di un ‘scambio« con l’aiuto garantito nei giorni scorsi da Washington ad Ankara per combattere le attività del Pkk in Nord Iraq. Una visita del ministro dell’elettricità iraniano Parviz Fattah, originariamente prevista per il 31 ottobre e già rinviata da Ankara all’8 novembre, è stata ieri ‘rinviata sine die». Oggi è giunta la notizia che anche la visita ad Ankara di una delegazione iraniana di funzionari è stata ‘rinviata sine«. In entrambi i casi le visite iraniane finalizzate alla firma dell’accordo definitivo del memorandum di intesa turco-iraniano sul gas naturale firmato il 13 luglio scorso, ed alla sua estensione al settore elettrico sono saltate per la mancata conferma dell’invito da parte di Ankara. Ciò è avvenuto – notano vari osservatori in Turchia – dopo che tra Washington ed Ankara era cominciato un negoziato serrato che aveva come oggetto da un lato la minacciata incursione militare turca in Nord Iraq (per distruggere i campi del Pkk) e, dall’altro, una maggiore partecipazione turca alle sanzioni all’Iran (per i suoi progetti nucleari). Il negoziato ‘coperto» tra i due paesi è culminato – secondo le stesse fonti – con la visita a sorpresa ad Ankara del segretario di stato americano Condoleezza Rice il 2 novembre e con l’incontro Bush-Erdogan a Washington il 5 novembre, preceduto dalla liberazione, con il patrocinio americano, da parte del Pkk di otto soldati turchi da circa un mese in ostaggio della stessa organizzazione separatista curda. Qualche giorno prima, l’1 novembre sera, il ministro degli esteri iraniano Manucher Mottaki era volato a sorpresa ad Ankara, con un giorno di anticipo sulla Rice, per convincere i massimi dirigenti turchi ad accettare la cooperazione con Teheran per distruggere i campi del Pkk in Iraq ed, in sostanza, per sostituire la vecchia ‘partnership strategica« di Ankara con gli Usa con un’alleanza con Teheran. Erdogan alla fine avrebbe ritenuto più efficace l’offerta di aiuto americano per la lotta al Pkk in Nord Iraq, ma avrebbe pagato il prezzo di un raffreddamento del suo accordo energetico con l’Iran e di un maggiore allineamento sulle sanzioni all’Iran. Il memorandum di intesa siglato tra Iran e Turchia il 13 luglio scorso è valido per sei mesi e prevede un investimento turco, attraverso la Turkish Petroleum Corporation (Tpao) di 3,5 miliardi di dollari nei pozzi di gas di South Pars in Iran meridionale, in cambio di un sensibile aumento delle forniture a prezzi ridotti di gas naturale iraniano attraverso la Turchia, che permetterebbero a quest’ultima di esportare il surplus in Europa. Washington manifestò subito un’aperta irritazione per l’accordo turco-iraniano, ricordando all’alleato Nato di Ankara le sanzioni americane contro l’Iran (Iran Sanction Act del 1999), che prevedono sanzioni anche per le aziende straniere che investano più di 20 milioni di dollari in Iran. Ma fino all’incontro Bush-Erdogan del 5 novembre scorso Ankara era andata dritta per la sua strada del completamento dell’accordo con l’Iran, che probabilmente secondo una fonte diplomatica europea ad Ankara ‘è stato anche, insieme alla minaccia dell’incursione militare in Iraq, uno strumento di pressione di Ankara su Washington per ottenere un concreto aiuto sul campo per distruggere i campi del Pkk in Nord Iraq». ‘Abbiamo ottenuto quel che volevamo« ha dichiarato infatti Erdogan dopo il suo incontro con Bush alla Casa Bianca.