Tulkarem, kamikaze al check point

Un soldato israeliano e due palestinesi sono rimasti uccisi ieri mattina in un attentato suicida avvenuto a qualche chilometro da Tulkarem, una delle città della Cisgiordania più penalizzate dal «muro di separazione». Nelle stesse ore Israele bombardava il nord della Striscia di Gaza dove ha creato una zona-cuscinetto allo scopo, afferma, di impedire il lancio di razzi palestinesi Qassam. Il kamikaze ha colpito ad un posto di blocco «volante» che, secondo quanto ha riferito la radio israeliana, l’esercito aveva allestito proprio dietro una segnalazione dell’intelligence. L’esplosione ha causato anche il ferimento di altri tre soldati e cinque palestinesi. L’attentatore si trovava con altri palestinesi a bordo di un’auto fermata al posto di blocco. Una volta sceso dal veicolo insieme agli altri passeggeri, l’uomo si è fatto esplodere, uccidendo il militare e due passeggeri. «I soldati hanno chiesto a uno dei passeggeri di aprire il suo cappotto, quando c’è stata una forte esplosione», ha raccontato un testimone, Fadi Merhi, che si trovava a bordo di un’altra auto ferma al check-point. Ieri sera non era ancora giunta una rivendicazione ma si pensava ad un’azione del Jihad islami, responsabile degli ultimi cinque attentati kamikaze condotti in Israele. L’ultimo risale allo scorso 5 dicembre quando un attivista del Jihad si fece esplodere in un centro commerciale di Netanya uccidendo cinque israeliani.

Ma esplosioni ci sono state anche a Gaza dove ieri sono proseguiti si bombardamenti sulla «zona cuscinetto» imposta, dal tardo pomeriggio di ieri, da Israele. Il vicepremier, Ehud Olmert, ha spiegato che l’area interdetta continuerà «tutto il tempo necessario a garantire che gli attacchi (palestinesi) con razzi contro di noi si riducano e spariscano». La zona proibita a civili e soldati palestinesi si estende nell’area che, prima del ritiro, ospitava le colonie ebraiche di Dugit, Eley Sinai e Nissanit, nella parte settentrionale di Gaza: è lunga circa 6 chilometri e profonda 2-2,7 (circa 16 chilometri quadri). La mossa israeliana ha generato scompiglio in casa palestinese dove si moltiplicano ora le accuse al presidente Abu Mazen, partito per un tour diplomatico in varie capitali arabe, a meno di un mese dalle elezioni legislative del 25 gennaio. Di pari passo cresce la credibilità del movimento islamico Hamas.

Ieri sono proseguite, febbrili, le trattative per il rilascio dei tre cittadini britannici rapiti al valico di Rafah, al confine con l’Egitto.

Le forze di sicurezza palestinesi hanno aumentato i posti di blocco stradali nel tentativo di allargare le ricerche senza però ottenere risultati. I tre ostaggi sono la 25enne Kate Burton, operatrice del Centro per i Diritti Umani `Al Mezan’, e i suoi genitori. Ma sia i funzionari palestinesi che diplomatici britannici accorsi a Gaza hanno oggi ammesso di non «essere vicini alla liberazione dei rapiti». Le forze di sicurezza palestinesi hanno spiegato di essere in contatto con gruppi armati, ma di non aver identificato il nascondiglio nel quale la famiglia viene tenuta in ostaggio. Anche i diplomatici britannici sostengono di essere in stretto contatto con i palestinesi: «Siamo abbastanza soddisfatti di come le cose stanno andando, ma i tre connazionali non sono vicini alla liberazione», hanno detto. Decine di palestinesi sono scesi in strada ieri a Gaza City per chiedere il rilascio della ragazza. Anche un portavoce di Hamas a Gaza, Sami Abu Zuhri, ha condannato il rapimento. Sempre ieri una sparatoria tra famiglie rivali ha provocato la morte di un poliziotto e di un altro uomo a Gaza. Le violenze sono scoppiate quando un componente di una delle due famiglie è stato arrestato dalla polizia.