Truppe d’appalto

Un ombrello spaziale da 2,2 miliardi di euro sta per aprirsi sull’Italia: è una protezione contro gli attacchi missilistici, composta da due grandi sistemi d’arma terrestri e da un satellite mandato in orbita per coordinare i lanci e le comunicazioni fra i comandi e gli Stati aderenti all’accordo.
La spesa, avviata dal governo di Silvio Berlusconi nel 2004 e sostenuta da tutti gli esecutivi che lo hanno seguito, è ingente perché va a coprire tre progetti: il Meads (acronimo inglese che sta per sistema di difesa aerea ad ampio raggio), sviluppato insieme con Stati Uniti e Germania; il Samp-T, un combinato di batterie di missili anti-missile nato da un accordo con la Francia; e infine la serie di satelliti Sicral, costruiti dal nostro Paese per scopi civili e militari.
Secondo i piani della Difesa italiana, i lanciatori saranno semoventi, montati su veloci camion Fiat Iveco capaci di colpire e fuggire prima del fuoco di risposta, e verranno sistemati per lo più nel Nord-Est, tra Veneto e Friuli, territori destinati da geografia e politica ad essere la nostra frontiera militarizzata sin dai tempi delle invasioni barbariche. Una dislocazione che fa subito interrogare su chi sia il nemico dal quale proteggersi.
Non l’Iran, come lasciato trapelare da fonti delle forze armate, perché in quel caso le batterie verrebbero installate nel Meridione d’Italia. Più probabile che si tratti della Russia, considerato che il piano di difesa Meads (coordinato dalla Nato a Bruxelles) prevede anche la presenza di missili americani installati nel territorio della Polonia.

Nel 2012 i primi test in volo

Il programma Meads, è in fase più avanzata rispetto al Samp-T. Il 21 settembre l’agenzia Nameadsma (creata nella Nato per il coordinamento del piano) ha comunicato che sono terminate le prove a terra dei componenti (la fase detta di Critical Design Review, svolta a Orlando in Florida) e che i test in volo dei nuovi missili anti-missile cominceranno tra poco più di un anno, nel 2012, nel poligono di White Sands.
Gli Stati Uniti si sono fatti carico del 58% dei costi, stimati nel complesso attorno ai 3,5 miliardi di dollari, mentre la Germania si accolla il 25% delle spese. L’Italia si è impegnata per il 17%, con una somma che il governo calcola in 540 milioni di euro.
La stima è contenuta nel documento dal titolo “Programma pluriennale di R/S n. Sma 01/2004, riferito alla fase di Disegno e Sviluppo (Design and Development D&D) del sistema missilistico denominato Medium Extended-Air Defence System (Meads) realizzato in cooperazione internazionale”, presentato alla commissione Difesa della Camera il 6 luglio 2004 per il parere favorevole (rilasciato negli stessi giorni anche dal Senato).
La spesa potrebbe tuttavia crescere, considerato che il completamento del Meads era previsto per il 2011, mentre ora si sa che i tempi saranno certamente più lunghi. Una volta ottenuto il via libera del Parlamento, il programma nel settembre 2004 venne inserito in un apposito memorandum firmato dal governo Berlusconi e dalla Casa Bianca retta allora da George W. Bush.

L’assalto delle truppe d’appalto

I costi per gli Usa sono esposti nei bilanci annuali delle forze armate: nelle carte del 2009, si trova il dettaglio alla voce “Pe Number and title 0604869A – Patriot/Meads Combined Aggregate Program (CAP)”, dove si parla di oltre 569 milioni di dollari previsti per il solo 2010, mentre le necessità per il “completamento” negli anni a venire sono indicate con un vago “Continuing” che vale ovviamente, in proporzione, anche per l’Italia, la quale ha spalmato l’intervento sulle casse della Difesa e del ministero dello Sviluppo economico.
Il 2004, anno della firma dell’intesa, era al centro di un periodo convulso, durante il quale nel catino delle guerre scatenate dopo l’11 settembre 2001 nuotavano grossi affari. Oltre all’ombrello antimissile, proseguivano o si avviavano rapporti di cooperazione militare e industriale tra gli Usa e gli alleati.
L’Italia, tanto per capire, ha preso in leasing dagli americani gli intercettori F16 destinati alla difesa aerea, mentre avviava i contatti che porteranno poi alla vendita di 17 elicotteri del consorzio Lokheed Martin-Agusta-Westland (gruppo Finmeccanica) alla Casa Bianca, con un contratto siglato da Bush e poi disdetto da Barak Obama a causa dei costi considerati eccessivi (saliti da sei a 12 miliardi di dollari).

L’industria militare? Sponsorizza la pace

«Il mio elicottero attuale mi sembra del tutto adeguato», commentò ironico il nuovo presidente all’atto di stracciare le intese col gruppo statale italiano. Finmeccanica aveva però già rilevato imprese americane e spostato parte delle sue produzioni nelle fabbriche a stelle e strisce.
La guerra sostiene le imprese al punto che in ambienti militari circola la definizione di “truppe d’appalto”. E i rapporti tra l’industria e gli alti gradi sono sempre stati stretti.
Nel 2005 il generale Giulio Fraticelli ha lasciato la carica di capo di stato maggiore dell’Esercito diventando presidente di Oto Melara, industria militare del gruppo Finmeccanica.
La quale – tra le altre cose – ha fatto da sponsor a un convegno sulla pace nel Mediterraneo organizzato a Cagliari dall’allora sottosegretario alla Difesa Salvatore Cicu (Forza Italia, corrente vicina a Claudio Scajola).
Una strada, quella di Fraticelli, già percorsa dal generale Mario Arpino il quale nel 2001, congedandosi dal ruolo di capo di stato maggiore della Difesa, andò ad assumere la guida di Vitrociset, azienda che produce sistemi d’arma anche per il poligono sardo di Perdasdefogu oltre che sistemi di controllo del volo per il sistema dell’aviazione civile. Tra il 2005 e il 2006 si è sviluppata parallelamente l’estensione della presenza militare americana nel Nord-Est, con l’acquisizione da parte Usa dell’aeroporto civile vicentino “Dal Molin”.

Un business anche per le coop rosse

Sono mesi nei quali, come riportava la stampa statunitense, i comandi americani facevano pressione sulle autorità italiane per il completamento del passante di Mestre e di altre arterie del Triveneto utili per collegare più facilmente le basi di Aviano (Pordenone), Vicenza e Longare (sempre nel Vicentino).
Il 2 gennaio 2008 la Setaf, comando Usa a Vicenza, ha definito in una nota ufficiale l’appalto per la Pedemontana veneta «una grande realizzazione» perché permetterà ai mezzi militari di «evitare il tappo di Mestre».
Il via libera ai progetti è trasversale, visto che gli appalti per il Dal Molin se li aggiudicano la “Cooperativa muratori e cementisti” di Ravenna e la “Cooperativa costruttori” di Bologna, entrambe nel circuito delle coop rosse. I pareri favorevoli dei Ds prima e del Pd dopo dimostrano che fra le truppe d’appalto c’è posto per molti. Come la Mbda (ex Alenia Marconi, sempre gruppo Finmeccanica) che ha ottenuto i contratti per il Meads insieme all’americana Lookheed (socia di Finmeccanica) e alla tedesca Lkf.

Spazio per tutti in un sistema bipartisan

Il sistema Meads è destinato a intercettare ordigni potenti come i Cruise (missili da crociera, intercontinentali) fino a una distanza di 600 chilometri dal lanciatore. Ma anche il Samp-T ha obiettivi analoghi.
Insieme, i due sistemi andranno a rimpiazzare la difesa antimissile italiana, oggi garantita dai vettori Nike-Hercules i quali, insieme con i Patriot, costituiscono la spina dorsale delle batterie terra-aria dei Paesi Nato.
Il costo previsto del Samp-T è di 1 miliardo e 30 milioni di euro, mentre per i satelliti orbitanti Sicral-1B (lanciato nel 2009) e Sicral-2 (dovrebbe andare in orbita nel 2011) la spesa, in parte già effettuata e in parte stimata, sfiora per il momento i 600 milioni, per un costo totale dell’ombrello superiore ai 2,2 miliardi di euro.
Ma il guadagno c’è per tutti: i missili del Samp-T saranno 288 del modello Aster prodotto in Francia, mentre le batterie verranno montate su camion della Fiat Iveco, protagonista dell’industria militare italiana insieme con Finmeccanica, la quale tuttavia riduce l’occupazione e gli stabilimenti italiani per aprirne di nuovi o rilevarne negli Stati Uniti, come nella joint venture con Westland.
Intese sempre concluse a margine dei vertici tra i governi di Roma e Washington.
Le armi prodotte in Usa e Francia giungono in Italia, mentre i quattrini pubblici italiani viaggiano per la via inversa: così funziona l’ombrello antimissile, così avanzano le truppe d’appalto.

Domenica, 24 Ottobre 2010