Tronchetti Provera

Bello con moglie bella, alto, magro, elegante,brizzolato, del tipo la classe non è acqua, Marco Tronchetti Provera, classe 1948, lumbard di grido, nasce con la camicia. Nasce già ricco, da una famiglia cospicua, il padre è l’imprenditore che possiede la Sogemar, compagnia di armatori commerciali. A 23 anni è laureato in economia e commercio alla Bocconi e sarebbe destinato alla impresa di famiglia; senonché nel 1986 incontra e sposa una del suo “giro” che si chiama Cecilia Pirelli, figlia di Leopoldo, ed è cooptato nel business delle gomme. Sono gli anni in cui il Pirellone ondeggia paurosamente, Leopoldo non sta molto bene anzi fallisce, l’acquisizione della Continental AG si è rivelato un buco, deve dare le dimissioni e lasciare il posto al figlio Alberto. Ma anche lui, travolto dai debiti che sommerge l’azienda, è costretto a lasciare. Tocca per via parentale al promettente Marco e lui c’è, di colpo diventato presidente e amministratore delegato della Pirelli. Il promettente Marco, uno che da subito dimostra di sapersi muovere bene, corsaro di bella presenza nelle acque sporche e mirabolanti dell’alta finanza.

Si chiama “bolla speculativa”. Wikipedia la spiega così: . Insomma, porcherie: avete presente la Enron, il colosso dell’energia Usa poi fallito per 60 miliardi di dollari, o, per stare ai fatti nostrani, la Parmalat, la Cirio? Ecco, la bolla speculativa vi ha a che fare.

Corrono gli anni Novanta, la “bolla” del nuovo Eldorado, la irresistibile corsa all’oro che gonfia e droga il mercato-killer si chiama New economy, Nasdaq, un “vero” miracolo (che si sgonfierà di lì a poco, provocando una autentica strage finanziaria, soprattutto di piccoli risparmiatori).

Tronchetti Provera c’è. Un tuffo a volo d’angelo nella “bolla speculativa”, e il gioco è fatto. Con abile mossa riesce a vendere uno dei gioielli di famiglia, la divisione cavi per telecomunicazioni Optical Technologies (OTI) alla statunitense Corming. E’ il suo primo colpaccio nel ramo compra-vendita: siamo nel 2000 e grazie alla santa “bolla” porta nelle casse dell’esausta Pirelli qualcosa come seimila miliardi di sonante denaro contante, piuttosto una bella somma.

incassato il grisby, non ci pensa due volte. Macchè investimenti nel gruppo, Tronchetti ha il pollice verde del finanziere, e ha già adocchiato l’affare del secolo: si chiama telefonia, si chiama Telecom Italia, giusto testé messa sul mercato dagli ex “capitani coraggiosi” Gnutti e Colaninno. Mobile e fissa, Internet e media, acquista tutto, rastrellando denaro da varie banche. Come per incanto, la vecchia Pirelli dei pneumatici noti in tutto il mondo è diventata un colosso della telecomunicazione. Tronchetti va fortissimo (anche nelle regate di cui sono piene le cronache) e nel frattempo approda al terzo matrimonio, quello con la decorativa Afef Jnifen dai lunghi capelli, bellissima ex Cenerentola.

Affare del secolo, per il presidente della Pirelli sicuramente. Non chiedeteci come, ma lui riesce, charmant com’è, a controllare Telecom Italia pur possedendo soltanto lo 0,8 dell’intero pacchetto azionario; e per di più a farsi retribuire uno stipendio da 5,9 milioni di euro. Marco Tronchetti Provera, anno 2004, il terzo manager più pagato d’Italia.

Ma, avete ancora presente Calisto Tanzi e la Parmalat? Bene, dicembre dello stesso 2004, la Telecom Italia – vedi bilanci ufficiali – esibisce all’inclito e all’attonito debiti netti che ammontano alla bellezza di 50.587 milioni di euro, nonché un passivo netto di 76.609 milioni (sempre di euro). E il suo titolo, in linea con il crac che si registra in tutta Europa, è andato giù in picchiata e vale la metà. Beppe Grillo nel suo blog lo schernisce: . Tronchetti Provera, che è anche quello che ; e anche quello a cui l’Antitrust . Caro Tronchetti, conclude il “cattivo” blog, .

“Chi sei veramente”, lui lo dimostra ancora una volta di lì a poco, nel 2006, quando decide di fare cassa, scorporando Tim, la telefonia mobile, dalla fissa, e cercando di venderla al migliore (o peggiore) offerente. E’ il collaudato sistema Tronchetti, compro e vendo, è il mercato, caromio. Non senza però aver prima lanciato una colossale Opa che, se non appiana i debiti, consente tuttavia alla holding di controllo Olimpia di distribuire bei dividendi. Nel pasticcio di sigle e nel mare di

debiti che è diventata la Telecom dopo cinque anni di cura Tronchetti, il 2006 è l’anno di Murdoch e del piano Rovati, dei tentativi più o meno scoperti di vendere l’Intera società (si fanno castelli in aria su una futura “media company”), ma niente va in porto, nemmeno lo scorporo di Tim. Tutto annega in quella fine estate, tra veleni, sospetti, accuse che arrivano a toccare il governo e il premier medesimo (il caso Rovati, che è il suo portavoce, scoppia qui). , lo bolla lui e, indispettito dalle polemiche, se ne va, il 15 settembre Tronchetti Provera lascia la presidenza Telecom (lo annuncia nel suo impeccabile gessato blu nel corso della memorabile conferenza in cui si lancia anche contro quegli “spioni” che si sono infiltrati a tradimento nella sua “sana” azienda).

Ma non è la fine della storia. Con quel gigantesco pesce d’aprile 2007 – la ventilata vendita di Telecom oltreoceano – Pirelli ancora una volta può portarsi a casa un mare di soldi, circa 4 miliardi di euro; contemporaneamente la Borsa vola e Tronchetti pure, ancora una volta con le tasche piene. L’Italia sarà l’unico Paese senza rete di telecomunicazione nazionale? Che importa. Con la “magica” rivalutazione delle azioni Telecom a favore di Pirelli, ancora una volta gli è riuscito: di arricchirsi facendo debiti.

Lo chiamano capitalismo e, visto da questa parte, è bellissimo.