Roma, 5mila persone in marcia con gli autoconvocati. In testa al corteo, i ferrovieri licenziati per avere denunciato le carenze della rete. «Purtroppo – dicono – avevamo ragione»
Si è conclusa al grido di “sciopero, sciopero”, lanciato in coro dai manifestanti accalcati sotto la sede nazionale delle Fs, la “Marcia per la sicurezza ferroviaria e dei trasporti”, che ieri a Roma ha visto la partecipazione di circa 5mila persone. E sciopero sarà, anche se la data del 20 marzo, indicata dall’assemblea, è messa in forse da agitazioni locali già proclamate per quel periodo. «Rivolgiamo un appello a tutti i sindacati perché facciano un passo indietro in nome della sicurezza, riprogrammando le loro iniziative in modo da consentire l’effettuazione di questa protesta», dice Savio Galvani, leader degli “autoconvocati” di Bologna, i promotori della marcia. «Chiediamo inoltre alle Fs e al ministero – aggiunge Galvani – un piano di investimenti e alcuni provvedimenti immediati, come il ripristino del secondo macchinista, l’abolizione del Vacma, il ritiro delle sanzioni per chi lotta per la sicurezza».
Una cosa è certa: di unità tra lavoratori e cittadini, su questo tema delicatissimo, c’è davvero bisogno. Purtroppo i 17 morti nello scontro tra treni di Bolognina di Crevalcore dello scorso 7 gennaio non sembrano avere scalfito le false certezze delle Fs che, con la complicità del ministro Lunardi, continuano a raccontare in giro la favola delle ferrovie più sicure d’Europa. «Forse lo erano una volta», ribatte con amarezza Ezio Gallori, macchinista in pensione e tra i promotori dell’iniziativa di ieri. Gallori ricorda i 52 conducenti morti sul lavoro negli ultimi anni contro i 9 francesi, che pure hanno una strada ferrata lunga il triplo di quella italiana. Per non parlare degli oltre cento passeggeri vittime di quei disastri, quasi sempre originati da dispositivi di sicurezza antiquati o insufficienti. Come è possibile che, nell’anno 2005, con tutte le tecnologie avanzatissime che ci sono, la vita di chi viaggia in treno possa dipendere da un semaforo rosso avvolto nella nebbia? Come giustificano le Fs il fatto che un meccanismo di sicurezza elementare, qual è la ripetizione del segnale in macchina, sia presente solo sul 30% della rete ferroviaria? Domande destinate a restare senza risposta: la delegazione dei manifestanti, dapprima invitata al ministero dei Trasporti, alla fine non è stata neanche ricevuta.
Per di più l’azienda continua a punire con il licenziamento chiunque si azzardi a denunciare pubblicamente le cose che non vanno. «Che avevamo ragione non lo dico oggi, purtroppo l’ho dovuto dire quando è successo l’incidente di Crevalcore», commenta con amarezza Riccardo Poggi, macchinista di Savona, uno dei quattro ferrovieri cacciati via dalle Fs dopo lo scandalo suscitato dalla ormai famosa puntata di “Report” in cui furono messe a nudo le carenze sulla sicurezza. «Noi non abbiamo detto nulla – precisa il ferroviere – abbiamo solo permesso che quelli della tv facessero le riprese». I quattro licenziati sono in testa al corteo, con un cartello al collo che denuncia l’ingiusta rappresaglia che li ha colpiti. La speranza adesso è che il tribunale costringa le Fs a fare marcia indietro: un pronunciamento è atteso nelle prossime settimane. «Dal nostro licenziamento a oggi – sottolinea ancora Riccardo – è successo anche l’incidente di Serravalle, dove c’è stato un morto (ma potevano essere di più) e di Madonna dell’Olmo. Guarda caso tutti in ambito ligure/piemontese».
Nel corteo spiccano bandiere e striscioni dei sindacati di base: quelle della Cub trasporti, dell’Orsa macchinisti uniti, del Sult. Gran parte dei manifestanti marcia con al collo un cartello sul quale è disegnata una bara con i nomi delle vittime degli incidenti ferroviari. Alla marcia hanno aderito associazioni dei consumatori e comitati di pendolari, recentemente protagonisti di clamorose occupazioni dei binari contro ritardi e disservizi. Sono presenti in piazza anche alcuni parlamentari dell’opposizione, come Alfonso Gianni e Gigi Malabarba del Prc, Paolo Cento dei Verdi, l’eurodeputato dei Ds Michele Santoro. Alla fine della manifestazione Gianni proporrà l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta. Secondo Ugo Boghetta, responsabile trasporti del Prc, sarebbe tuttavia necessaria anche «una direttiva per le ferrovie per ripensare la privatizzazione, la liberalizzazione, la divisione societaria, l’esasperata riduzione dei costi. Fattori, questi, che sono alla base dei problemi di sicurezza e dei disservizi». Per capire quanto ciò sia vero, basta ascoltare la testimonianza di un capostazione: «Per risparmiare sulla manutenzione – riferisce Demetrio Raffa – le Fs hanno eliminato i tronchini di emergenza sulle linee a binario unico. In pratica, mentre prima il treno che non si fermava al semaforo rosso finiva su un binario di sicurezza, adesso invece si trova reimmesso sulla linea principale. E’ successo a Peri, sulla linea Verona-Brennero».
Quello della riduzione dei costi, spesso a scapito della sicurezza, è tuttavia un problema comune a altre categorie dei trasporti. In Alitalia, ad esempio, è in corso una dura vertenza sui limiti di impiego del personale navigante. «Facciamo il caso – spiega Rolando, da 25 anni assistente di volo – di un aereo che parte alle 11 da Milano Malpensa per New York. Per fare questo volo mi devo alzare la mattina alle 4, andare a Fiumicino, più le dieci ore di viaggio da Milano a New York. In pratica faccio dalle 16 alle 18 ore continuative. Oltre a questo, spesso lavoriamo sotto organico, con tre persone invece delle quattro stabilite dal contratto. E’ ovvio che se uno non si riposa, la soglia di attenzione diminuisce. Molti nostri colleghi si sono fatti male per questa ragione e ci sono molte cause in corso». Anche qui, chi si azzarda a protestare viene punito: «Due anni fa – ricorda Francesco – un nostro rappresentante sindacale che si rifiutò di partire con un uomo in meno fu licenziato e solo di recente è stato reintegrato».