Tre scelte per l’Iraq

Un’opinione davvero singolare corre ormai sulla stampa e nei discorsi dei politici: è vero che la guerra all’Iraq è stata un grave errore e va considerata illegale, si è fondata su due riconosciute menzogne, perché l’Iraq non possedeva armi di sterminio e non aveva alcun legame con al Qaeda. Lo ammette perfino gran parte dell’establishment americano. E’ vero anche che l’occupazione non riesce a pacificare il paese, anzi ne ha aumentato la guerriglia di resistenza e fomentato un terrorismo prima inesistente. Sì, la situazione è questa, quindi l’occupazione deve continuare. A chi obietta stupito: ma se sono guerra e occupazione ad aver provocato questo disastro, come pensare che aiutino a superarlo? Non viene data alcuna risposta. Al più: i guasti che abbiamo fatto sono così gravi che non si può uscire di scena senza far nulla. Verissimo. Bisogna fare alcune cose, che non sono da inventare: il diritto internazionale che nessuno finora ha buttato completamente alle ortiche, le prescrive nel modo più chiaro.

1. Ogni esercito, che ha invaso illegalmente un paese e illegalmente lo occupa, se ne deve ritirare. Gli americani e gli inglesi non sono «percepiti» come dice Fassino «come aggressori e occupanti», sono aggressori e occupanti. E’ aggressore e occupante il terzetto delle Azzorre fin che ne faceva parte anche la Spagna di Aznar, che con Zapatero ha deciso correttamente e immediatamente il ritiro. Devono togliere le tende altresì i contingenti minori che hanno partecipato o all’invasione o all’occupazione, fra i quali l’Italia. Restaurare la legalità internazionale è la condizione minima perché l’Iraq si disponga a darsi una legalità interna. Non è un governo insediato dagli occupanti, come quello di Allawi, che la rappresenta.

2. Chi ha attaccato e invaso illegalmente un paese deve pagare i danni arrecati dalla guerra e dall’occupazione. E, va da sé, togliere le mani dalle ricchezze del territorio occupato, che in Iraq sono particolarmente forti e costituiscono la più grande risorsa di cui esso può disporre per ricostituirsi. Una folla di interessi occidentali vi si è precipitata per far soldi, con la scusa della ricostruzione; anche essa deve restituire il bottino, e pagare i danni.

3. Le Nazioni Unite possono ragionevolmente offrirsi come garante sia dell’entità del rimborso, sia del suo concreto effettuarsi, sia come aiuto e consigliere a una amministrazione libera che si dia come compito di rappresentare il paese. Devono esservi ragionevolmente accettate. E’ la condizione perché cessi la guerriglia contro l’occupante e perché la guerra per bande, in cui in alcuni casi essa ha degenerato, possa essere ridotta all’ordine da una forza di interposizione. Della presenza delle Nazioni Unite non possono far parte, per ovvii motivi di allentamento della tensione, i paesi aggressori.

Queste tre scelte non sono una scoperta. Sono iscritte nel diritto internazionale e vanno fatte. In questi giorni si riunisce e si darà un programma l’intera opposizione italiana, da Romano Prodi a Fausto Bertinotti. Ci attendiamo che essa decida questi passi, che sono la condizione minima per rimettere in atto in Iraq un processo di riacquisizione di sé.

Con la stessa nettezza va riconosciuto che se questa scelta è necessaria, non garantisce però di per sé che quel paese si dia rapidamente un assetto democratico nelle forme che noi consideriamo, a mio avviso con ragione, proprie di una democrazia effettiva. Uno dei guasti dell’uso che l’occidente, e per un certo tempo l’Unione Sovietica, hanno fatto di quel paese sotto la dittatura di Saddam Hussein, è stato di permettergli, senza incontrare alcuna critica, che egli abbattesse quel tanto di opposizione laica e progressista che nel medioriente si era avviata alla metà del secolo scorso. Anzi, l’aggressione anglosassone ha dato alle autorità religiose, e alle loro frazioni fondamentaliste, un’autorità e un seguito che non avevano mai avuto. E’ difficile dunque pensare che l’Iraq si dia rapidamente una separazione fra stato e chiesa, una divisione dei poteri o i diritti delle donne. Il laicismo è poco di moda perfino in occidente, dove si affida alla magistratura delle chiese una parola decisiva sull’etica pubblica che esse non avevano mai avuto. Figurarsi nel medioriente. Ma non ci sono scorciatoie. Il diritto dei popoli all’autodeterminazione non può essere bloccato, e tantomeno con la guerra. Altro principio semplice sul quale bisognerebbe smettere di traccheggiare.