Omicidio e ostruzione della giustizia: il Pentagono incrimina tre soldati americani. L’accusa: uccisero tre iracheni nel corso di un raid a Tikrit
Gli ultimi fantasmi che agitano il sonno dell’amministrazione Bush sono tre prigionieri, per la cui morte, avvenuta il 9 maggio scorso mentre erano nelle mani dei loro carcerieri, ieri sono finiti sotto inchiesta altrettanti soldati statunitensi. «Omicidio, tentato omicidio e ostruzione della giustizia», sono i principali capi d’imputazione che ricordano molto da vicino quelli formulati per due stragi di civili iracheni venute recentemente a galla, quella di Haditha (24 morti il 19 novembre 2005) e quella di Isaqi (11 morti il 15 marzo scorso). «Tre membri della terza brigata di combattimento della 101esima divisione aviotrasportata sono stati incriminati in relazione alla morte di tre prigionieri maschi durante un’operazione nei pressi del canale Thar Thar», si legge nel comunicato diramato ieri sera dal Pentagono. Il riferimento fatto dal testo diffuso dal dipartimento della difesa Usa potrebbe essere relativo a un’operazione condotta il 9 maggio scorso dai soldati occupanti nei pressi del lago Thar Thar – vicino alla città settentrionale di Tikrit – dove nei pressi di un campo d’addestramento della guerriglia vennero catturati circa 200 prigionieri. I tre soldati incriminati sono detenuti in attesa di sapere se dovranno rispondere alla corte marziale per le ipotesi di reato contestategli.
Ma ieri dall’Iraq è arrivata un’altra sconcertante denuncia: dall’aprile 2003 potrebbero essere stati assassinati oltre 200 docenti. Lo ha fatto sapere «Un ponte per», che insieme al Centro Interuniversitario di Ricerca per lo Sviluppo Sostenibile (Cirps) dell’Università La Sapienza di Roma ha promosso un appello, indirizzato alla Commissione per i diritti umani dell’Onu e ha chiesto di sottoscrivere a rettori, docenti e ricercatori universitari italiani. Nel documento i promotori, che citano testimonianze riportate da organi di stampa e da rapporti di agenzie delle Nazioni Unite, di organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani e del governo iracheno, parlano di un numero rilevante, forse oltre 200, di docenti iracheni oggetto di esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie. «Per quanto alcuni di questi casi sono certamente da collegarsi alla diffusa criminalità sviluppatasi dopo la caduta del regime sembra che un numero elevato di uccisioni sia da collegarsi a presunte opinioni politiche. Da un lato si tratta di persone ritenute in accordo con la presenza militare straniera o con il processo politico in atto; da un altro lato, le esecuzioni sarebbero da mettere in relazione con supposti legami con il precedente regime, che obbligava praticamente tutti gli accademici ad aderire al partito unico». Le conseguenze di questa situazione sono drammatiche: secondo il governo iracheno, oltre mille docenti universitari hanno lasciato il paese negli ultimi due anni.