Nicola Tranfaglia lo dichiara durante una trasmissione (Presa diretta) di Nessuno Tv e lo ripete con tranquilla convinzione a chiunque gli ponga la questione: «Oggi esistono ancora tante dittature da abbattere e Cuba è una dittatura». E poi: «Quello che avviene in un paese filocastrista come il Venezuela in questi giorni è inquietante e Hugo Chavez si sta rivelando, anche agli occhi di chi nella nostra sinistra lo aveva guardato con simpatia, un dittatore pericoloso».
Ma il fatto è che Tranfaglia, oltre ad essere autore di numerosi saggi storici, è un deputato del Pdci, dirigente del partito amico storico di Fidel Castro e ammiratore del presidente venezuelano Chavez. Tanto forte è il filo che lega i Comunisti italiani a Cuba, che lo scorso settembre è anche stato annunciato l’abbinamento della rivista falce e martello Rinascita con una versione mensile del quotidiano dell’Avana Granma. Dunque, quanto stonate suoneranno questi giudizi alle orecchie di Oliviero Diliberto e di tutta la struttura di fedelissimi alla linea?
Sarà che la materia è delicata, ma i commenti stentano ad arrivare. Il leader, Diliberto, ieri era impegnato a Livorno in una serata sulla «Corazzata Potemkin»; ma i suoi bisbigliano di una sua certa «irritazione», e il suo portavoce non concede nulla di più di «opinioni personali». Marco Rizzo, coordinatore Pdci, non può neppure ascoltare la domanda al cellulare perché «non sento, non sento: sono in un posto che non prende». Invece Manuela Palermi, senatrice, preferisce occupare il suo sabato pomeriggio con i nipotini piuttosto che «entrare in queste polemiche su Stalin, Lenin… Voglio stare sull’attualità». Chavez, appunto. «No, resto fuori da questo».
Tra l’incredulo e il frettoloso, il responsabile Esteri Jacopo Venier non può negare che i commenti di Tranfaglia «contrastano con le nostre posizioni, certo». E aggiunge: «Ne parleremo con lui. Non abbiamo mai avuto discussioni su questo tema. Se vuole aprire un dibattito, allora ci sarà modo anche di replicare. Per ora no, anche perché bisogna vedere se confermerà o se si tratta solo di fraintendimenti».
Per confermare, Tranfaglia conferma, eccome. E spiega: «Io sono legato alle mie idee personali. Quando un regime non garantisce libertà e pluralismo ai mezzi di informazione, allora siamo di fronte a una dittatura. Per poter dire che un paese è democratico, devono esistere tutte le libertà politiche e civili». Ha mai esposto il suo punto di vista ai suoi compagni? «Un partito non è una caserma, su certe questioni deve esserci libertà di opinione. Ho accettato la candidatura con il Pdci su basi chiare: che i miei maestri sono Gramsci e Carlo Rosselli. Forse ho una formazione diversa da molti altri. Del resto, sono stato dieci anni nei Ds e poi me ne sono andato quando Fassino ha rinunciato a Berlinguer e rivalutato Craxi…»