Tragedia di Montesano. Cgil: «basta morti bianche, intervenga il governo»

Si svolgeranno domani i funerali delle due operaie Giovanna Curcio, 15 anni, e Anna Maria Mercadante, 49 anni, impegate nella Dimatex, piccola fabbrica situata nello scantinato di una palazzina nel comune di Montesano della Marcellana (SA). Sono morte abbracciate, nel bagno dell’officina, dove si erano rifugiate per sfuggire alle fiamme nate da un cortocircuito: hanno smesso di respirare a causa delle esalazioni prodotte dalla combustione degli acrilici utilizzati nella produzione. Ma l’elenco delle vittime del lavoro non si è fermato nemmeno dinanzi a questa tragedia. E’ di ieri la notizia di una nuova vittima, nel bresciano: un operaio metalmeccanico ucciso dalla caduta di un tombino incandescente scivolato da una macchina che si era inceppata.
Mentre si attendono ancora i risultati dell’autopsia sui corpi delle due donne, ieri sono filtrate le prime indiscrezioni sulle indagini della Procura della Repubblica di Sala Consilina: il proprietario della piccola azienda, Biagio Maceri, sarebbe accusato di omicidio e incendio colposo. Un’ipotesi di reato che probabilmente deriva dal mancato rispetto delle norme di sicurezza e dalla posizione irregolare delle lavoratrici.

La Cgil Campania, intanto, chiede al ministro del Lavoro Cesare Damiano di recarsi nella regione «per mettere a punto una strategia di contrasto, controllo e prevenzione del fenomeno delle morti sul lavoro». Giovanni Russo Spena, Olimpia Vano, Tommaso Sodano e Raffaele Tecce, senatori del Prc, hanno presentato ieri un’interrogazione parlamentare urgente, in cui chiedono al ministro Damiano quali provvedimenti prendere per «vigilare sulla normativa vigente in materia di sicurezza e sulla posizione contrattuale dei lavoratori». La risposta di Damiano non si fa attendere. In una nota il ministro afferma di «aver ben chiara l’urgenza di intervenire con celerità» per arginare «questa tragica emergenza sociale». Gli fa eco il ministro delle pari opportunità Barbara Pollastrini, che parla di «una ulteriore, tragica conferma che il tema della sicurezza, del diritto dei lavoratori a non dover mettere a rischio la propria vita per un salario spesso misero, sia una grande priorità nazionale».

Sotto accusa anche il carente funzionamento dei servizi ispettivi, che avrebbero il compito di reprimere l’illegalità ormai dilagante nel mondo del lavoro. Gli ispettori sono 5518, dopo la recente assunzione di 870 nuove unità. Un numero che, secondo l’assessore regionale al lavoro della Campania Corrado Gabriele è del tutto insufficiente: «Servirebbero almento altri cento ispettori solo nella nostra regione- afferma l’assessore- per riuscire ad arginare un fenomeno sempre più diffuso e radicato».

A rendere la vicenda ancora più drammatica è la giovanissima età di Giovanna Curcio, solo 15 anni. Come mai la ragazza aveva già abbandonato la scuola? Perché era impiegata in un lavoro usurante e pericoloso? Secondo la legge 977 del 1967 il lavoro è vietato solo per i minori di 15 anni. Per gli adolescenti tra i 15 e i 18 è possibile l’impego, ma a particolari condizioni: orario ridotto, assenza di agenti chimici tossici e infiammabili. Una legge che sarà necessario rinnovare, secondo il ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, che propone l’innalzamento a 16 anni dell’età minima di ingresso, con l’obiettivo di «creare le condizioni perché non ci sia attività lavorativa al di sotto dei 18 anni». Secondo Anna Teselli dell’Ires, che ha curato le inchieste della Cgil sull’argomento, si trattai di un fenomeno che riguarda almeno 450 mila minori. Senza contare migliaia di bambini immigrati, su cui non esistono dati statistici. «I bambini-lavoratori svolgono mansioni di bassa manovalanza dalle quali difficilmente riusciranno a uscire: carenti di istruzione, anche molti anni dopo rimangono senza un contratto regolare. Sono loro i nuovi lavoratori poveri», afferma la ricercatrice.

«Certo, la legge non aiuta la repressione del fenomeno. Ai datori di lavoro che violano le disposizioni è assegnata solo una multa. E poi c’è il problema della debolezza dell’intervento pubblico: su questo basterebbe ricordare che il nostro sistema scolastico non ha ancora un’anagrafe che registri i fenomeni di evasione e dispersione. Lo Stato è in difetto, anche per una vecchia litania che vuole che i figli siano educati solo dai genitori. Ma per molte famiglie, spesso, i figli sono solo un oggetto, una merce da vendere».