Tra i sanculotti di banlieue che hanno beffato la polizia

Dove è cominciato lo sappiamo. Qui a questo incrocio tra rue Louise Michel e rue des Neuf Arpents, segnati da un mazzo di fiori già sudici, due fotografie delle vittime, Mou-shin e Larari, e da poveri biglietti gentili «non vi dimenticheremo», «vi amo», «morti per niente». Uno era garzone panettiere, il suo datore di lavoro è a due passi nella via principale della cité dietro il banco, a ripetere da due giorni che era un bravo ragazzo. Il suo compagno, cresciuti insieme, inseparabili, proprio oggi doveva iniziare a lavorare da un lattoniere: Sull’asfalto ci sono le righe e le misurazioni che gli inquirenti hanno tracciato: qui era la macchina dei poliziotti, là a trenta metri è rimbalzata la moto dei due giovani dopo l’urto. Forse basteranno quelle cifre per fissare là verità.
Già, la verità. In qualsiasi altro posto quanto è successo sarebbe un tragico, orribile incidente stradale. Due adolescenti in moto senza casco una precedenza mancata, l’urto contro la volante, la breve agonia sull’asfalto. Ma qui in una banlieue di trentamila abitanti, a venti chilometri da Parigi è diventata spiritata rivolta urbana, due notti di guerriglia, decine di poliziotti feriti, anche con armi da fuoco. E il governo si prepara alla seconda rivolta di questi rifugi permanenti di scontentezze, sgomenti, risentimenti, il meccanismo del contagio è già in moto, un ingranaggio si incastra nell’altro, i telefonini trasmettono le foto delle targhe delle volanti prese come trofeo, da una cité schiumosa all’altra, in Val d’Oise, nel «93», corre la parola d’ordine: vendichiamoci.
Alle diciannove ormai il buio si è fatto fitto nella cité, il supermercato, quello che non è stato danneggiato, tira giù le serrande, i clienti scivolano via dal retro. Nel centro di emergenza che i pompieri hanno allestito a due passi, cominciano a tirar fuori i caschi, a controllare gli automezzi. I poliziotti antisommossa, Fillon ha spedito massicci rinforzi, scendono dai gipponi, si schierano, aggiustano i giubbotti antiproiettile, i lacrimogeni. -«Tanto non serve a nulla – borbotta un sottufficiale dai capelli bianchi, uno che ha cominciato a affrontare le banlieues 21 anni fa – un collega è stato ferito a una spalla da un 6 millimetri da caccia». L’altra notte hanno perso, i poliziotti, un centinaio di ragazzi incappucciati, i sanculotti del nichilismo urbano, manovrando le portiere delle auto bruciate come scudi e i cassonetti dell’immondizia come arieti li hanno fatti indietreggiare, Villiers-le-Bel è rimasta nelle loro mani.
Ormai è buio. Sanno che la crisi continuerà. Nonostante gli appelli alla calma, la visita del primo ministro Fillon che ha garantito ci sarà la verità. Il problema sono i ragazzi dello ZAC, sono le bande del «Cerisaie», di Carreaux, nel 2003 hanno tenuto testa alla polizia per
dieci giorni. Si allenano ogni settimana guerreggiando con quelli di Sarcelle, la banlieue che sta in fondo al paesaggio di Villiers con le sue torri di quindici piani che tolgono vastità al cielo. È l’anti-Francia delle periferie per cui la retorica è sempre pronta. Tutti i «piani», quello di Borloo, quello di Sarkozy non hanno detto che vecchie cose con un tono nuovo. C’è un mondo qui che oppone agli avvenimenti una specie di sordità, dietro cui allignano rigogliosamente odi tenaci. Per esempio contro la polizia. La tragedia politica di questo delitto che non è un delitto è che due anni dopo si leggano le stesse spiegazioni: «la rabbia dei ragazzi», «bruciano tutto perché non hanno modo di farsi ascoltare». C’è allarme, ma neppure troppo. Quello che mobilizza le attenzioni a Parigi è semmai il potere di acquisto natalizio, i socialisti si allineano, che noia queste banlieues!
Della biblioteca Louis Jou-vet resta solo il cartello di ingresso e ruderi neri da cui spuntano come visceri osceni i colori dei pòchi libri che si sono salvati dal fuoco. «Ma che c’entra tutto questo con quanto è successo domenica sera?» chiede un passante. Nulla, ma è impossibile farlo capire ai ragazzi della notte: nessuna inchiesta, nessun giudice, nessuna sentenza li convincerà che non è stata la polizia a investirli volontariamente; e se anche non fosse così, che importa, è la polizia che li ha lasciati morire sull’asfalto senza chiamare i soccorsi. Sull’autostrada che viene da Parigi hanno scritto a caratteri cubitali: «Vendetta per Villiers-le-Beb>.