“Torture CIA, l’Europa sapeva”

I Governi europei non potevano non sapere. Meno che mai l’Italia, coinvolta nella vicenda del rapimento a Milano dell’egiziano Abu Ornar, perchè delle due l’una: o nonostante le smentite il Governo Berlusconi era al corrente, oppure la sovranità del Paese è stata violata. Ma come mai allora nessuno ha protestato?
Dick Marty ha davvero pochi dubbi. La sua inchiesta sull’ affaire dei voli e delle prigioni segrete della cià in Europa è ancora allo stadio preliminare, per ora non ha portato ad alcuna rivelazione clamorosa. n senatore svizzero, ex-magistrato, incaricato dal Consiglio d’Europa di veder chiaro su possibili violazioni dei diritti umani ai danni di sospetti terroristi, è comunque deciso ad andare fino in fondo, a far veni!”e a galla tutta la verità.
«E altamente improbabile che i Governi europei o perlomeno i loro servizi di intelligence non fossero al corrente» del trasporto segreto da parte della Cia di oltre un centinaio ,di persone attraverso l’Europa verso Paesi terzi che praticano la tortura: questo si legge nelle 21 pagine fitte del rapporto che Marty ha presentato ieri alla stampa.
Ciò detto, «in questa fase dell’inchiesta non esiste alcuna prova formale e irrefutabile dell’ esistenza di prigioni segrete della Cia in Polonia, Romania o in nessun altro Paese europeo. Ci sono però molti indizi da varie fonti che si possono considerare affidabili, tanto da giustificare il lavoro di investigazione». Che certamente riceverà impulso dalle informazioni che proprio ieri Marty ha annunciato di aver ricevuto da Eurocontrol (organizzazione per la sicurezza aerea) e dal Centro Satelliti europeo.
Per ora comunque è l’”Italian story” la più interessante venuta alla luce, perché paradigmatica, spiega Marty, di un certo modus operandi. Abu Omar, un rifugiato politico egiziano, fu rapito a Milano dalla Cia nel 2003, portato in Egitto e torturato, a riprova dell’ «esistenza di un sistema di delocalizzazione e subappalto della tortura», afferma il rapporto. E il nostro aggiunge: «Il modo magistrale con cui giudici e Digos hanno condotto l’inchiesta permette di capire filosofia e logistica che stanno dietro queste operazioni. Che tra l’altro hanno l’effetto di rendere meno efficace la lotta al terrorismo. La Digos già indagava da tempo sul personaggio. L’intervento Cia ha distrutto tutto il suo lavoro».
Quel lavoro è però almeno servito a procurare a Marty «non una ma un castello di prove, di identificare gli aerei usati e di rintracciarli quando hanno compiuto altre missioni simili in Europa». Anche i 25 agenti della Cia coinvolti nel rapimento sono stati tutti identificati, ha continuato il senatore svizzero, si è potuto stabilire il ruolo giocato da ciascuno di loro.
Grazie a questa precisa ricostruzione Marty ieri ha lanciato il suo j’accuse al Governo: «E davvero credibile che un’ operazione che ha coinvolto 25 agenti Usa sotto la guida del console americano a Milano sia avvenuta senza preavvertire nessuno, nemmeno i colleghi sul posto? Se l’Italia non sapeva, non sarebbe stato il caso di arrabbiarsi con gli Stati Uniti? Perché allora nessuno ha protestato né protesta?»
Marty lancia il suo sasso nello stagno. Determinato cmunque a tirar dritto sulla strada della sua inchiesta. Che tra l’altro da domani sarà affiancata anche da un’altra, parallela, dell’Europarlamento.