Il secondo turno delle amministrative ha regalato all’Italia una speranza. Si è trattato di una prima importante battuta d’arresto del centro-destra, apparso sinora dotato di una inarrestabile tendenza al rafforzamento.
La straordinaria mobilitazione in difesa dell’art. 18 è stata come un lievito che ha ridato fiducia a milioni di persone. Questo popolo di sinistra, dopo anni di rospi ingoiati e di concertazioni subite, ha individuato nella battaglia della Fiom e della Cgil una sponda credibile per battere il padronato e le destre e non ha esitato – generosamente – a scioperare (non dimentichiamoci che lo sciopero costa) e anche a ridare fiducia alle coalizioni progressiste. Ciò dimostra che il conflitto di classe, se praticato con determinazione e intelligenza, serve per spostare i rapporti di forza a favore delle sinistre.
Oltre a ciò, si sono aggiunte altre questioni che lo scontro sul lavoro ha contribuito a rendere cruciali. L’occupazione della Rai, la vergogna della legge sulle impronte digitali, il costante attacco alla magistratura. Questo governo pratica una linea «eversiva», che inquieta fasce ampie di popolazione. Forse è presto per dire che la sinistra è già maggioranza nel paese, ma di sicuro queste elezioni dimostrano che rovesciare il risultato del 13 maggio 2001 è concretamente possibile.
Ciò accresce le responsabilità nostre e di tutta la sinistra politica italiana ed è, quindi, tanto più urgente che si cerchino le risposte alle questioni di fondo poste dal paese. Ci sono già segnali in questo senso? Non si direbbe, a giudicare dalla lettura dei risultati delle amministrative.
Secondo il segretario dei Ds l’esito dei ballottaggi dimostra che «uniti si vince», che l’Ulivo unito a Rifondazione e all’Italia dei Valori supera le destre, che questa coalizione si sarebbe potuta affermare anche alle politiche. Giusto. Ma perché l’on. Fassino non aggiunge che un’intesa elettorale con Rifondazione sarebbe stata possibile se i Ds avessero prestato attenzione alle questioni sociali? Facciamo un solo esempio. Non avremmo potuto proporre noi – la sinistra italiana nel suo insieme – l’innalzamento a un milione di lire al mese delle pensioni minime? E la vergogna delle liste civetta? Il centro-sinistra le ripresenterà ancora?
Non basta. Abbiamo assistito allo psicodramma dell’attacco di Rutelli a Cofferati, della critica di Angius a Rutelli, della presa di distanza di Fassino nei confronti di Angius. Ebbene, oggi vorremmo sapere dai Ds se si riconoscono nella leadership di Rutelli anche dopo che il leader della Margherita, nell’incontro con Blair e Clinton, ha manifestato la volontà di candidarsi a rappresentare l’anima blairiana – cioè neoliberista e guerrafondaia – dell’Ulivo.
Queste domande attendono risposta. Soprattutto è urgente dimostrare la volontà di farsi carico delle istanze della nostra gente. Ne indichiamo qui tre fondamentali. L’economia. La crisi della Fiat è solo la punta di un iceberg; le politiche economiche e fiscali del governo premiano i redditi medio-alti e le rendite e penalizzano salari e stipendi. Quale politica industriale propone la sinistra per invertire questa rotta disastrosa? Il Mezzogiorno. Il governo usa il divario tra il nord e il sud del paese per continuare nella politica di privatizzazione, di rapina del territorio, di rafforzamento delle proprie clientele. Quale ipotesi di rilancio dell’intervento pubblico nel Mezzogiorno siamo in grado di elaborare che sia alternativo a quello delle grandi opere di Berlusconi? Infine la pace. Le guerre di quest’ultimo decennio hanno distrutto innumerevoli vite umane e interi paesi rendendo il mondo ancora più instabile. Perché non mobilitarsi subito per una politica di riduzione degli armamenti e di intransigente rispetto dell’articolo 11 della Costituzione?