Aconfronto con gli attacchi terroristici, i politici anglosassoni declamano sempre la stessa retorica. Una frase in particolare – coperta da strati di menzogne – è costantemente ripetuta: «non dobbiamo permettere a questi attacchi di cambiare il nostro stile di vita». Uno scopo di questo mantra è convincere il pubblico che i terroristi sono musulmani impazziti che stanno bombardando modernità, democrazia, libertà, «i nostri valori» eccetera. Questa è la prima bugia. Gli attacchi terroristici, per quanto sbagliati e criminali, sono il risultato della presenza militare occidentale nel mondo arabo. Se tutte le truppe e le basi straniere fossero tolte, gli attacchi finirebbero. Questa è essenzialmente una sindrome post-prima guerra del Golfo. Israele e Palestina sono un altro problema, ma un problema che sta ribollendo da cinquant’anni e che non era la ragione principale dei bombardamenti a New York, Madrid e Londra. Adesso è stato aggiunto al repertorio, ma lo sforzo per costringere Israele fuori dalle frontiere del `67 è stipendiato proprio dai palestinesi. Hanno ricevuto poco supporto da altre parti. La frase stessa è una falsità, perché gli attacchi hanno cambiato «il nostro stile di vita». Il Patriot act negli Stati Uniti e le misure proposte da Tony Blair lo dimostrano chiaramente. Quello che si sta proponendo in Gran Bretagna è la sospensione indefinita dell’habeas corpus.
Preoccupato dal recente attivismo giudiziario con i giudici inglesi che esprimono una vera ansia verso il crescente attacco alle libertà civili, Tony Blair li ha ammoniti in pubblico che non tollererà alcun dissenso. «Dovessero sollevarsi ostacoli legali, cambieremo la legislazione, incluso, se necessario, emendare lo Human rights act, nel rispetto dell’interpretazione della Corte europea per i diritti umani. In qualsiasi caso ci consulteremo per legislare specificamente per un processo d’appello non sospensivo, nel rispetto delle deportazioni. Un’altra cosa sulle deportazioni. Una volta che le nuove norme entreranno in vigore, sarà stilata una lista di siti web particolarmente estremisti, di librerie, centri e organizzazioni che preoccupano. La partecipazione attiva con una qualsiasi di queste farà considerare al ministero dell’interno la deportazione di qualsiasi straniero con cittadinanza britannica.Come è già stato detto, in autunno entrerà in vigore una nuova legislazione anti- terrorismo. Il tipo di commenti fatti recentemente saranno compresi sotto queste leggi. Ma saranno applicate anche su chi glorifica o giustifica il terrorismo ovunque, non solo nel Regno Unito». Il parlamento inglese accetterà questa visione e legifererà a favore del nuovo autoritarismo? Probabilmente. Si tratta di un parlamento dominato da conservatori e neo-conservatori. Se Blair è un politico di seconda classe con un cervello di terza classe, il suo oppositore conservatore Michael Howard è un politico di terza classe con un cervello di seconda classe. Da una parte ha accusato Blair di inconsistenza e dall’altra ha chiesto misure anche più rigide. In realtà è l’eco di Blair. In un recente articolo sul Daily Telegraph, Howard denuncia la decisione dei law lord (l’equivalente britannico della corte suprema) dell’anno scorso. I giudici avevano stabilito che l’arresto indefinito senza processo dei sospetti terroristi stranieri in base all’Anti-terrorism act del 2001 andasse contro l’Human rights act, e facevano riferimento alle difficoltà che il più recente atto crea nella deportazione degli estremisti verso paesi dove potrebbero essere torturati. Così ha scritto Howard: «Il parlamento deve essere sovrano. L’attivismo giudiziario aggressivo non metterà a rischio soltanto la fiducia del pubblico nell’imparzialità del nostro sistema giudiziario. Potrebbe anche mettere a rischio la nostra sicurezza, e con essa le libertà che i giudici cercano di difendere. Sarebbe un prezzo che non ci si può aspettare che saremmo disposti a pagare». Qui di nuovo si nota il rifiuto di accettare quello che per davvero mette «la sicurezza a rischio». Queste prospettive dei neo conservatori blairiani e dei vecchi conservatori sono un’indicazione che la Gran Bretagna sta subendo una crisi nei suoi rappresentanti. Il corrotto sistema elettorale super uninominale è adesso diventato una seria minaccia alla democrazia britannica. Blair è stato rieletto con solo il 35% del voto popolare e neanche un quinto dell’elettorato generale – la percentuale più bassa ottenuta da qualsiasi partito di governo nella recente storia europea. La maggioranza della popolazione era contraria alla guerra in Iraq; la maggioranza della popolazione è a favore del ritiro delle truppe britanniche; il 66% crede che gli attacchi di Londra siano stati il risultato della decisione di Blair di spedire le truppe in Iraq. Questa è anche l’opinione di sezioni importanti dell’establishment, inclusi gli MI5, l’agenzia di intelligence che nel proprio sito internet collega l’Iraq agli attacchi. Molte delle misure proposte erano state provate durante gli anni degli «Irish troubles». Corti speciali sanzionavano il carcere senza processo, eccetera. Ma i giudici erano più affidabili a quel tempo. Questo è il motivo per cui Blair sta proponendo che i giudici che processano i sospetti musulmani debbano essere anche loro esaminati accuratamente.
In altre parole si apriranno dei file per capire l’affidabilità dei giudici. Mentre Blair stava denunciando i giudici permissivi, sua moglie Cherie Booth, un’avvocato praticante che dovrà continuare a lavorare anche dopo che suo marito non sarà più primo ministro, ha contraddetto il suo amato leader in pubblico. In un seminario a Kuala Lumpur ha detto: «Qualche volta la democrazia deve combattere con una mano legata dietro la schiena. Non di meno, ha la mano più alta. Preservare la legge e le libertà individuali costituisce una componente importante della sua comprensione della sicurezza. Alla fine di ogni giornata, ciò rafforza il suo spirito e questa forza le permette di superare le difficoltà. Le nostre istituzioni sono minacciate; il nostro impegno per i nostri valori più profondi è sotto pressione; la nostra accettazione del diverso è ad un punto basso. In questo momento la nostra comprensione dell’importanza dei giudici in un epoca di diritti civili dovrebbe essere quanto mai chiara. Ed è adesso che il nostro supporto per la difficile missione che i giudici devono compiere deve essere massimo».
Nel recente resoconto della New Left, che recensiva una biografia di Blair, lo storico Richard Gott suggeriva che sia la religione a giustificare l’isolamento di Blair dalla sua gente: «Come primo ministro apertamente religioso, Blair si è trovato in conflitto con la maggioranza del suo paese che, come gran parte dell’Europa, sta diventando sempre più laico negli ultimi anni. Il suo fervore religioso – è stato insolitamente cresimato dalla chiesa anglicana da adulto quando era studente ad Oxford – è un fenomeno relativamente poco famigliare nella Gran Bretagna contemporanea.
Addirittura Blair, che a quanto pare ha letto il Corano tre volte, qualche volta sembra più a suo agio con il revival musulmano di una parte dell’elettorato che con lo stile laico della Chiesa d’Inghilterra. A Blair non piace essere classificato con i fondamentalisti religiosi di destra degli Stati Uniti, ma come molti di loro è un genuino «amico di Israele», paese che ha visitato due volte prima di diventare primo ministro. La sua conoscenza ed il suo supporto verso Israele sono state guidate a lungo da lord Levy, un milionario dell’industria musicale diventato il partner di Blair a tennis, il responsabile dei fondi del partito labourista e, per un po’, gli occhi e le orecchie del premier in Medioriente. In ogni caso, è ovvio che non ci sarà pace in Gran Bretagna o in Iraq finchè Blair rimane primo ministro. Lui fa parte del problema, non della soluzione. La sua dipartita è diventata un prerequisito importante per un Regno Unito sicuro che possa staccarsi dal Pentagono ed acquisire almeno un pò di indipendenza.