«Con i provvedimenti annunciati dal Regno unito a rischio le garanzie in vigore in Europa». Parla Mauro Palma, membro italiano del Comitato contro la tortura del Consiglio d’Europa, organo di controllo con poteri vincolanti per i governi
«Con i provvedimenti anti-terrorismo annunciati dal governo inglese di fatto rischia di subire un duro colpo il sistema di garanzie in vigore in Europa, soprattutto perché tra la garanzia formale e quella fattuale c’è un abisso». Mauro Palma è il rappresentante italiano al Comitato contro la tortura del Consiglio d’Europa (Cpt). Il Cpt ha poteri di ispezione in tutti i luoghi di privazione della libertà in 46 paesi e le sue raccomandazioni sono vincolanti per i governi. «Quando si garantiscono i diritti fondamentali delle persone si deve sempre corrispondere un criterio di verifica fattuale e non formale – prosegue Palma – violare questo criterio alimenta pericolosamente nell’opinione pubblica una cultura e un consenso che tendono a derogarvi sostanzialmente. Spinge i cittadini a chiudere gli occhi. E’ questa la questione più allarmante del dibattito in corso sulla tortura e la sicurezza nazionale negli Stati uniti e in Gran Bretagna».
Il ministro dell’Interno inglese ha appena reso noto un elenco di azioni che per uno straniero comporteranno l’espulsione dal paese. In Italia li chiameremmo reati ideologici. Tony Blair ha avvisato: «Le regole del gioco sono cambiate»…
Molto dipenderà dalla formulazione finale al di là degli annunci sulla stampa. Il governo inglese comunque sembra parlare di comportamenti e non di reati. E in questo caso non si capisce perché dovrebbero essere puniti solo gli stranieri. Se sono reati allora devono valere per tutti: non è accettabile distinguere comportamenti illegittimi a seconda dello status amministrativo o della cittadinanza. L’altro aspetto preoccupante è capire chi stabilisce che quelle modalità di espressione rientrano o meno nei comportamenti proibiti. Qual è l’autorità preposta, la polizia o un giudice? Nel primo caso mi sembrerebbe una norma molto pericolosa.
Dopo l’attentato di luglio il governo ha annunciato anche altri provvedimenti. In particolare ritorna la possibilità di detenzione senza accuse di persone sospette. Qual è il suo giudizio?
La Convenzione europea dei diritti umani pone dei paletti invalicabili: stabilisce, per esempio, che ogni persona arrestata deve essere informata «il più presto possibile» dei motivi dell’arresto e dell’accusa elevata a suo carico. Il governo inglese inoltre sta prevedendo che le persone espulse possano fare ricorso solo fuori dal Regno Unito. Ma chi li assisterà in giudizio? Chi garantirà i loro diritti legali, soprattutto se nel frattempo saranno finiti in galera nei paesi di origine? Nessuna delle norme di cui si parla prevede in sostanza delle forme di bilanciamento o di correzione reale delle decisioni.
Eppure il governo Blair sta già pensando di inviare «sospetti terroristi stranieri» in paesi come il Libano e la Siria, stati già condannati per il ricorso a tortura…
Il governo sta utilizzando una serie di accordi bilaterali chiamati «garanzie diplomatiche». Purtroppo però già in passato, ricordo un caso svedese del 2001, queste rassicurazioni diplomatiche hanno completamente fallito il loro scopo perché non prevedono nessuna autorità di controllo. Per ovviare a questi rischi nei giorni scorsi Antonio Cassese ha proposto di istituire dei meccanismi che estendano la funzione di controllo e la sorveglianza del Cpt anche per queste persone.
Amnesty International, tra gli altri, ha affermato che «quegli accordi non valgono nemmeno la carta su cui sono scritti».
In passato non hanno funzionato e così come sono non prevedono alcuna reale garanzia per il rispetto dei diritti umani.
L’Europa è diversa dagli Stati uniti anche perché esistono autorità di controllo sopranazionali. Qual è stato il ruolo del Cpt nel caso inglese?
All’inizio di giugno il governo ha acconsentito alla pubblicazione dei rilievi fatti nel corso delle nostre visite del 2002 e del 2004 alla prigione di Belmarsh, a Woodhill e all’ospedale speciale psichiatrico di Broadmoor. Nei confronti della maggioranza delle 17 persone detenute in base alla legge antiterrorismo del 2001, visitate a distanza di due anni dagli stessi membri del Cpt, si è rilevato un chiaro deterioramento delle loro condizioni psico-fisiche, aggravato dal carattere indefinito della detenzione, dalla difficoltà di difesa e dall’impossibilità di conoscere le prove usate contro di loro. Questo insieme di condizioni, al di là di quelle meramente materiali, ha indotto il Comitato a scrivere nel proprio Rapporto che «il trattamento ricevuto può essere considerato inumano e degradante». Una nuova visita, prevista prima degli ultimi attentati, si è svolta l’11 luglio ma i risultati sono ancora riservati. Per le prove alla base di queste affermazioni si può leggere il testo ufficiale del Cpt, che il governo inglese ha acconsentito a pubblicare (su www.cpt.coe.int, sezione Regno Unito, ndr ).
Qual è stata la risposta del governo?
Le autorità hanno «categoricamente respinto» le asserzioni del comitato (un evento non certo frequente, ndr): «Il fatto che alcuni detenuti presentassero disordini mentali prima dell’arresto non li ha esentati dall’intraprendere le attività alla base della loro detenzione. Avere problemi mentali non impedisce a un individuo di mettere a rischio la sicurezza nazionale».
L’anno scorso però l’Anti Terrorism and Crime Security Act è stato dichiarato illegittimo.
L’Atcsa prevedeva la possibilità di arrestare persone senza capo di imputazione ed era in palese violazione dell’articolo 5 della Convenzione europea sui diritti umani. Per questo il Regno Unito è ricorso alla deroga che può essere richiesta solo «in caso di guerra o di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione». Ma non può esserci alcuna deroga possibile per il bando contro la tortura o i trattamenti inumani. Infatti sono inderogabili alcune garanzie minime tra cui il controllo di un giudice e l’assistenza medica e legale. Tra i diritti fondamentali infine spicca la notifica a una parte terza dell’avvenuta detenzione, altrimenti si è in presenza di una cosiddetta «incommunicado detention», che evoca fosche memorie.
Per questo la Camera dei lord ha negato la legittimità del provvedimento?
E’ stata negata alla base direttamente la legittimità della deroga. Il 10 marzo di quest’anno dunque il parlamento ha provveduto ad approvare una nuova legge, il Prevention of Terrorism Bill, che prevede una serie di controlli davvero molto stretti per persone non imputate di un reato specifico ma sospettate di «mettere a rischio la sicurezza nazionale». In sostanza ci sono due tipi di controllo, a seconda se derogano o meno dalla Convenzione: i «derogating control orders» e i «non derogating control orders». I primi devono essere approvati caso per caso dal parlamento, e anche i secondi sono molto duri rispetto a quanto previsto in Italia.
Sulla stampa inglese si discute della possibilità di recedere dalla Convenzione e di riaderirvi in modo parziale. Le sembra possibile?
Non si possono difendere i diritti umani a giorni alterni o caso per caso. La Convenzione costituisce un unicum, un sistema complessivo che non può essere preso a pezzi. Il governo potrebbe uscire dalla Convenzione per i diritti umani ma sarebbe un evento davvero impensabile per il paese dov’è nato l’habeas corpus.