Intesa-SanPaolo e Mediobanca sì, Unicredit, Capitalia e Generali no. La richiesta della Consob di chiarimenti in merito ad eventuali cordate interessate all’acquisto di Olimpia, la cassaforte di Telecom che il suo presidente Marco Tronchetti Provera sta cercando di piazzare al miglior offerente sul mercato, ha ricevuto nel pomeriggio le prime risposte. Risposte che però devono essere analizzate nel dettaglio. Partiamo da Intesa, il cui amministratore delegato Corrado Passera è stato il primo a uscire dichiaratamente allo scoperto alla ricerca di partner per un eventuale contrattacco alle offerte delle americane At&t e America Movil. Con un comunicato stampa il gruppo rende noto di avere «in corso contatti con più parti a vario titolo interessate all’eventuale operazione e che sulla base dell’attuale stato interlocutorio di tali contatti non è possibile formulare indicazioni in merito al loro possibile esito». Una precisazione che confema l’interesse della banca, ma che nulla aggiunge sull’identità dei partner. Se collegato alle frasi di Passera della settimana scorsa, quanto comunicato ieri lascia presumere che qualcuno (o più di un possibile partner) abbia risposto al suo appello e che magari sia anche un grado di rispondere ai requisiti richiesti per l’operazione «di sistema» che Passera ha in mente: un’operazione a medio e lungo termine, che possa tutelare gli interessi di tutti i protagonisti e che possa garantire a Telecom un rinnovato ruolo forte nel settore delle tlc. Il campo, insomma, non si stringe e continua a comprendere potenzialmente assicurazioni, istituti finanziari e, quasi sicuramente, un partner industriale. In tutto questo resta saldamente in campo l’ipotesi di un accordo fra Intesa e At&t e America Movil che vedrebbe gli americani metterci i soldi per il 66% (o meno) di Olimpia e l’istituto di Bazoli e Passera a fare da “coordinatore globale” che tradotto significherebbe garante dell’italianità del monopolista delle telecomunicazioni e bastione del governo nella delicata fase della ormai praticamente certo scorporo della rete. L’indiziato numero 2, Mediobanca, resta comunque in campo: «Con riferimento alla possibile cessione di una quota di maggioranza del capitale di Olimpia,
Mediobanca comunica che ha in corso contatti preliminari e generici con taluni potenziali investitori ma che, allo stato, nessuna indicazione puo’essere espressa in ordine al loro possibile esito» scrive Piazzetta Cuccia in un comunicato. Azionista di Telecom con l’1,54% e di Pirelli con il 4,45%, Mediobanca, insieme a Generali, ha in tasca il diritto di prelazione su Olimpia, offerta agli americani da Tronchetti. L’ipotesi più insistente fino a ieri era quella di una maxi cordata bancaria con Intesa, Mediobanca e Generali alleate. Questo scenario ha perso quotazioni, sia per lo strappo di Intesa sia per la ritirata di Generali che ieri hanno risposto così alla Consob: «Non siamo interessati all’acquisizione di partecipazioni di quote di maggioranza del capitale di Olimpia nè siamo coinvolti ad oggi nella formazione di eventuali cordate dirette a tale scopo». Stessa formula usata dall’Unicredit di Alessandro Profumo e da Capitalia di Cesare Geronzi. Smentite che sembrano categoriche oggi, domani chissà. I giochi diventano più chiari, ma le posizioni delle azioni dei principali player, nonostante il 19% delle azioni scambiate in borsa negli ultimi giorni non sono cambiate. La Consob ha reso note le partecipazioni in vista dell’assemblea del cda di lunedì prossimo: Olimpia resta al 17,9, Hopa al 3,721%, Generali al 4,060% e Mediobanca all’1,54%. Non compaiono nel prospetto i fondi Brandes Investment che avevano il 3,6% del gruppo.
Intanto, sul versante della politica, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro delle telecomunicazioni Paolo Gentiloni ha puntualizzato qual è l’idea del governo sul futuro della rete di tlc: il modello è il britannico Openreach, gestito dalla pubblica Bt, che garantisce l’accesso a pari condizioni a tutti i concorrenti del mercato. La novità è nel modo con cui si vuole arrivare al risultato: dando più potere all’authority per via legislativa. Gentiloni annuncia che la modifica potrebbe entrare nel disegno di legge Bersani o nella riforma dell’Authority. Un’idea condivisa dal presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò che a breve presenterà il suo progetto dettagliato. Questa eventualità ha fatto discutere il mondo politico con praticamente tutta la Cdl, tranne l’Udc e qualche membro di An, che accusa il governo di «interventismo». Il vice-premier Rutelli raffredda gli animi e dice che «il governo interverrà esclusivamente sulle regole e non farà una nuova Iri. Anche se non si è parlato di un decreto legislativo». Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, non interviene nel merito, ma ribadisce il concetto a lui caro: «Sapere che il Paese ha un indirizzo strategico in questo settore è un bene per tutti».