Telecom: nessuno scorporo se non da Tronchetti Provera

La posizione espressa all’unanimità dalle RSU della Telecom e dai sindacati della Comunicazione di Milano è condivisibile e importante: indica la strada da seguire per poter dare alla più importante industria nazionale, almeno da un punto di vista occupazionale, un futuro meno incerto.
Dopo lo schiaffo mediatico assestato da Tronchetti al Governo con la pubblicazione del progetto Rovati, non ci possono essere più dubbi sui reali propositi del proprietario/manager di Telecom.
Il progetto Rovati alla fine era solo il classico aiuto di stato a un imprenditore privato in crisi: “ti compro una rete che nel frattempo è diventata abbastanza fatiscente, a fronte della mancanza di investimenti, e ti aiuto a stare in sella alleggerendoti i debiti “. Queste le intenzioni.
Però non ci si può dimenticare che Tronchetti ha conquistato la Telecom con l’aiuto della Chase Manhattan, ora JB Morgan Chase, che fece arrivare alla Pirelli i provvidenziali 3,7 miliardi di € con una vendita sovrapprezzo (168 volte il fatturato!) della Optical Technologies all’americana Corning.
Con quel “regalo” della finanza speculativa USA, Tronchetti liquidò i “rapaci” della razza dei Colaninno, Gnutti e Consorte e conquistò il controllo di un gruppo, allora da 80 miliardi di €, investendo solo 200 milioni nella Camfin, capofila di una vertiginosa piramide di controllo, alta sette livelli.
Con la vendita di un pezzo pregiato e strategico dell’industria nazionale (la Tim) Olimpia (espressione della Pirelli che controlla con il 18% la Telecom ) può così recuperare parte del suo indebitamento e promuovere la rimanente Telecom come nuova media company, con un futuro sicuramente indefinito e insicuro, ma preparata da tempo.
Non pensiamo solo agli incontri con Murdoch ma anche alla defenestrazione di Colao da RCS, voluta proprio da Tronchetti e al precario destino della Tv La7.
Tuttavia la Telecom ha ancora una posizione dominante in Italia e una grande forza e intelligenza operativa che, se non fosse sconvolta ogni anno dalla sovrastante necessità di assestamenti finanziari di una proprietà fragilissima, potrebbe determinare un nuovo e vitale scatto produttivo. Come quando era pubblica.
La RSU di Milano ha giustamente individuato lo snodo nevralgico.
Ma per ottenere un rilancio industriale di Telecom si deve rompere questo simbiotico e perverso rapporto tra proprietà e manager. Questa è la condizione primaria.
Si trovi almeno un Marchionne per la Telecom,e si mandi a casa Tronchetti Provera.
Su questo obiettivo, per nulla tattico, dovrebbero convergere tutti: le lotte dei lavoratori, il Governo, la Consob, ma anche le due più grandi banche nazionali, Banca Intesa e Unicredit, tutte e due socie di Olimpia.
Infatti queste due banche, troppo magnificate in questi ultimi tempi, dovranno pur dimostrare di essere all’altezza dei compiti che i bisogni strategici del Paese pongono.
Lo hanno fatto alla Fiat, lo facciano anche alla Telecom.
Il Governo, insomma, invece di offrire soldi (sdegnosamente rifiutati), dovrebbe fare la vera e sana “ingerenza” giusta e nel posto giusto.
Uno dei motivi della crisi di Tronchetti è il fatto che Olimpia ha in pancia 3 miliardi di debiti e a mala pena riesce a pagare gli interessi passivi con i proventi dei dividenti Telecom.
Ma soprattutto pesa il fatto che Olimpia ha iscritto in bilancio 10 miliardi di azioni Telecom, quando queste, oggi, con le azioni a circa 2 euro, valgono 4,7 miliardi.
Se Olimpia fosse costretta da Consob, come tutte le normali società, a deprezzare in bilancio le proprie azioni, dovrebbe dichiarare una perdita tale da far scomparire il suo capitale.
La morale di questa legale correttezza amministrativa è che le due banche, rimanendo in Olimpia invece di uscirne, potrebbero rinegoziare, nell’interesse del Paese, una nuova gestione manageriale della nuova Telecom. Cosa assolutamente indispensabile con un forte piano industriale.
Se l’azienda viene gestita malamente solo per motivi finanziari e prosciugata per salvare il debole socio di controllo, i mercati la deprezzano e tra l’altro diventa anche scalabile dall’estero.
L’unico modo per darle un corso azionario positivo è proprio quello di darle un futuro industriale sicuro e serio.
Le banche sappiano che in caso contrario ci rimetteranno i 70.000 lavoratori della Telecom e l’Italia.
Il Governo non può che decidere di intervenire, anche alla luce degli errori del passato centrosinistra.

Bruno Casati
Assessore alle crisi industriali e occupazionali
Provincia di Milano

Maurizio Zipponi
Responsabile settore economia e lavoro
segreteria nazionale PRC