Tav, prova di forza alla vigilia dei lavori

Itelefoni cominciano a squillare alle tre di notte. Poi è la volta degli sms. Nel giro di mezzora la val Susa e Torino sono informate della novità che riguarda la valle. «Hanno occupato Venaus. Sono un centinaio di camionette», recitano i testi dei messaggi. Nonostante la presenza dei parlamentari europei in valle dunque il governo, il potere, ha deciso di andare avanti per la sua strada. Che è una strada di forza. Che implica la sospensione della democrazia. Il sito occupato è quello di proprietà della società Autostrade, perché formalmente (anche se la legalità appare un concetto quanto mai vago tra le autorità) i siti dove sorgerà il cantiere non possono essere occupati prima delle otto di questa mattina. Nella notte tra lunedì e martedì, dunque, le autorità cercano di giocare d’anticipo presidiando la parte di valle che ancora non era stata del tutto militarizzata, chiudendo strade, installando posti di blocco ovunque. La notizia dell’occupazione fa il giro della valle e immediatamente si riversano verso Venaus centinaia di cittadini. Ci sono i sindaci e gli amministratori, ci sono i comitati no Tav (a Venaus c’è un presidio permanente), ci sono semplici cittadini stufi di vivere sotto assedio. Ma ci sono soprattutto tantissimi agenti, di polizia, della guardia di finanza, carabinieri. E bloccano tutti. Comprese le insegnanti che dovrebbero andare a scuola, dipendenti comunali che dovrebbero andare al lavoro, studenti. Anche i parlamentari europei vengono svegliati all’alba. Il presidente della commissione petizioni, Michael Cashman, affida ad una dichiarazione scritta le sue impressioni. «Gli eventi della notte a Venaus – scrive – sono un gigantesco insulto alla delegazione del parlamento europeo, che ha tenuto un atteggiamento di particolare diplomazia e prudenza dovuto alla situazione chiaramente tesa. Questi eventi – aggiunge Cashman – confermano l’assoluta necessità di una valutazione indipendente dell’intero progetto a livello europeo». Cashman dice anche che «non ci deve essere alcuno spazio per la violenza». Verrà tragicamente contraddetto perché la polizia poche ore dopo userà la forza contro la sua delegazione e i deputati europei italiani, Vittorio Agnoletto e Monica Frassoni. Gli europarlamentari si erano recati con il pulmino al check point della polizia che bloccava l’accesso a Venaus. «Qui – racconta Vittorio Agnoletto – non lasciavano passare i lavoratori, così abbiamo cominciato una mediazione con i poliziotti». Ma presto sono cominciati gli spintonamenti da parte delle forze dell’ordine. «Ad un certo punto – aggiunge Agnoletto – per scansare un manganello mi sono piegato, un poliziotto mi ha strappato gli occhiali, quindi mi sono preso due calci alle gambe. Sono caduto, mi sono rialzato ma mi è arrivato un altro colpo al ginocchio». I medici gli daranno sette giorni di prognosi. Gli altri eurodeputati, il presidente del Pp basco Carlos Iturgaiz e il suo compatriota verde David Hammerstein, non finiscono di ripetere che «questa sospensione dei diritti è inaccettabile». E Iturgaiz aggiunge che «non possiamo dimenticare ciò che è accaduto, riporteremo tutto a Bruxelles. Ci hanno bloccato in un pulmino per venti minuti».

Dopo quella che il Tg3 ha il coraggio di chiamare “qualche ruvidezza contro gli europarlamentari”, i deputati tengono una conferenza stampa di fuoco al comune di Susa per denunciare “l’affronto alle popolazioni che protestano pacificamente e il gigantesco insulto all’integrità di questa delegazione”. Nessuno dalla regione (né la presidente Mercedes Bresso, né altri componenti la sua giunta) ha telefonato per scusarsi, dicono gli eurodeputati. Bresso dichiarerà nel pomeriggio che «la mediazione si può fare sul come e non sul se». Quanto alle spinte e alle botte del mattino, la presidente dice che «la situazione appare difficile perché sembra che la protesta si sia trasformata non in una posizione per l’ambiente e la salute, ma in una opposizione frontale all’opera. Al momento – ha aggiunto – è una questione di ordine pubblico, che non compete a noi. E’ un momento caldo, ma certe cose si devono valutare a mente fredda. Domani (oggi, ndr) sarò a Bruxelles e parlerò anche con il presidente della commissione petizioni. La situazione è tesa, ma ci aspettavamo che fosse così. C’è stata soltanto un’anticipazione di un giorno, che in questo modo ha interferito con la visita della commissione europea». Un’interferenza dunque per Bresso, che evidentemente con gli eurodeputati non ha parlato. Monica Frassoni dei Verdi ha nuovamente chiesto di «smetterla con questa storia dei finanziamenti europei che andrebbero persi se non iniziano i lavori. Non c’è alcun finanziamento allo stato attuale».

I sindaci, dopo la conferenza stampa dei parlamentari europei, sono tornati al check point di Venaus. Qui Antonio Ferrentino, presidente della comunità montana bassa val Susa e punto di riferimento per l’intera valle, si è sentito male dopo aver raccontato alla sua gente quanto detto dai deputati. E’ stato ricoverato in ospedale ma per fortuna i medici gli hanno riscontrato solo un malore dovuto allo stress e alla stanchezza. Ferrentino è tornato subito dai suoi cittadini e ha confermato per oggi la manifestazione a Venaus. In serata la polizia ha tolto il check point che impediva l’accesso al sito che oggi dovrebbe essere occupato per l’avvio dei sondaggi. «Raggiungeremo il sito – ha detto Ferrentino – anche a piedi attraverso i campi». Tra le tante testimonianze di cittadini e lavoratori (molte le fabbriche che ieri hanno scioperato spontaneamente contro la militarizzazione) quella di don Gianluca Popolla, del centro culturale diocesano. «Questa mattina (ieri, ndr) le forze dell’ordine hanno militarizzato la Val Cenischia allo scopo di occupare i terreni dove dovrà essere realizzato il futuro cantiere della Tav a Venaus ed io, insieme con infermieri, maestri, postini ed altri lavoratori siamo stati costretti a rimanere al freddo, senza poter raggiungere i nostri rispettivi luoghi di lavoro. I carabinieri e la polizia ce lo hanno impedito: le libertà costituzionali, ci hanno detto, sono state verbalmente sospese. Per raggiungere Susa sono stato dunque costretto a raggiungere la strada statale a piedi, attraverso i boschi».