«Tav? No, grazie» La Val di Susa conquista Torino

Più di trentamila persone hanno manifestato ieri per le vie di Torino per dire no all’alta velocità. La risposta più bella a chi, ministro Pisanu in testa, passando per il sindaco Chiamparino, alla vigilia aveva paventato scontri e calate di black bloc da non si sa bene quale pianeta. Più di trentamila persone, qualcuno azzarda cinquantamila, le tante anime del popolo no Tav che hanno risposto in massa al corteo promosso dai comitati popolari, dopo che alcuni sindaci avevano optato per la sola kermesse culturale al parco della Pellerina. Le decine di migliaia del popolo no Tav alla Pellerina ci sono andate tutte, pur avendo deciso di accettare l’invito dei comitati e di partire da Porta Susa. In corteo, come era la decisione iniziale, presa dopo l’assalto al cantiere di Venaus da parte di polizia e carabinieri con blitz notturno e soprattutto ribadita dopo la «liberazione di Venaus», l’8 dicembre scontro. Il tavolo di trattativa aperto dal governo (costretto al dialogo e anche a ordinare la progressiva smilitarizzazione del territorio valsusino proprio dalle manifestazioni della gente della valle) aveva convinto qualcuno – qualche sindaco e il presidente della Comunità montana bassa Val Susa, Antonio Ferrentino – ad accantonare l’idea di un corteo. Ma i comitati l’avevano detto subito: loro a Torino sarebbero andati in corteo, per portare alla città con determinazione e pacificamente le ragioni del loro no alla Torino-Lyon.

A dire di no e a spiegare perchè no Tav, ci hanno tenuto in tanti, dunque: al parco della Pellerina ad attenderli alcune migliaia di persone che avevano invece preferito non partecipare al serpentone che per oltre due ore si è snodato per le vie della città. All’arrivo al parco, verso le quattro, i più di trentamila sono stati accolti da un lungo applauso.

Che sarebbe stato un grande corteo, di quelli che Torino vede nelle grandi occasioni (in cinquantamila avevano sfilato il 25 novembre per lo sciopero generale contro la finanziaria), si è capito fin da mezzogiorno. Quanto tante persone della valle erano già a Porta Susa e alla stazione stavano arrivando i treni carichi di manifestanti da Milano, Roma, Bologna, Firenze, dal nord est, da Genova. Migliaia di persone. Con striscioni e bandiere le più diverse. E da Palazzo nuovo, sede dell’università torinese, stava partendo un piccolo e rumoroso corteo di studenti. Così all’una, ora concordata per il concentramento il piazzale antistante la stazione già scoppiava. Troppa gente, troppa gente, dicevano gli organizzatori decisamente felici. Il corteo è partito all’una e mezza, perché altrimenti tutti quelli che stavano arrivando non avrebbero trovato posto a Porta Susa.

Il serpentone colorato ha cominciato a dirigersi verso piazza Statuto, in testa i sindaci della Val Susa che avevano deciso di partecipare al corteo. C’era la sindaca di Borgone, Simona Pognant e i suoi colleghi di Bruzolo, Chianocco, Villardora, San Giorio, Robassomero, Novalesa, Mompantero, Giaglione, San Didero, Chiusa San Michele, Vaie. Sintetizza la gioia per una giornata incredibile il sindaco di Bussoleno, Giuseppe Johannas, «è andata bene, anzi benissimo. Una protesta pacifica – aggiunge – come era stato annunciato». Assieme ai valsusini hanno marciato anche diversi sindaci francesi. «Siamo solidali con la popolazione della val Susa – dice Jean Coquet, presidente della comunità montana dell’Isere – non vogliamo la Tav ma il potenziamento della linea ferroviaria già esistente». Sfatato dunque anche questo mito tanto caro alla presidente della regione Mercedes Bresso e al governo, secondo cui i francesi sarebbero tutti favorevoli alla Tav. «I soldi stanziati per la Tav – dice ancora Coquet – devono essere usati per altri progetti. E penso per esempio ai problemi della popolazione della Maurienne che si lamenta dei rumori provocati dalla linea ferroviaria. Quei soldi si potrebbero usare per le barriere anti-rumore».

Dietro ai sindaci i comitati popolari, che giustamente rivendicano la maternità di questa grande manifestazione popolare. Li segue una talpa violacea lunga oltre dieci metri. Sventolano le bandiere bianche no Tav, quelle rosse della Fiom e di Rifondazione comunista, quelle nere degli anarchici. Qualcuno distribuisce un volantino per non dimenticare Sole e Baleno, i due giovani «uccisi dalla Tav»: erano stati arrestati, accusati di aver compiuto sabotaggi e attentati in Val Susa. Giustiziati dai media scelsero di togliersi la vita, in carcere Baleno e in comunità Sole. La magistratura che aveva costruito il castello di teorie e cospirazioni – racconta chi li ricorda – sbugiardata in terzo grado di giudizio: il castello crollato, ma quando ormai due giovani vite non c’erano più. Sfilano gli strscioni del centro sociale Askatasuna, della rete Lilliput, dei Cobas, della Cub, della pace. «E’ una grande giornata di lotta – dice Giorgio Airaudo, segretario della Fiom torinese – con questa manifestazione il movimento no Tav è diventato torinese e nazionale». Ci sono gli striscioni del centro sociale Gramigna di Padova, ci sono duecento militanti del nord est, gli stessi che venerdì avevano occupato la sede centrale della Cmc (la cooperativa che ha l’appalto per il tunnel di Venaus) a Ravenna. Da Firenze arriva la solidarietà dell’associazione Idra che da anni si batte contro le devastazioni dell’alta velocità nel Mugello. Da Roma ci sono i Cobas, la Cub, i centri sociali. Tantissime le famigliole torinesi che raccolgono il messaggio della valle, «quest’opera fa male anche a voi: la pagherete anche voi e colpirà anche la salute dei vostri figli».