Sono da poco passate le tre del mattino. In realtà pochi dormono nelle tende del presidio permanente di Venaus. C’era una strana sensazione nell’aria, fin dalla sera di lunedì. Così si sta nei sacchi a pelo, al calduccio, ma con le orecchie tese. Non basta però. Il blitz dei mille, uno più uno meno, tra carabinieri e poliziotti è fulmineo. E non lascia scampo ai manifestanti no Tav, poco più di un centinaio di notte. Gli agenti hanno un solo ordine, pestare tutti. Senza sconti, senza differenze: giovani, vecchi, donne, con una violenza che fa riandare la mente al G8 di Genova. Mentre gli agenti picchiano, arrivano le ruspe. Che hanno l’ordine di radere al suolo tutto, cioè le tende e i bivacchi. Lo fanno. Sotto gli occhi ancora scioccati dei manifestanti che si aspettavano il blitz, ma non una simile violenza. Il bilancio dell’«assalto contro gente inerme che dormiva», come lo definisce Antonio Ferrentino, presidente della comunità montana bassa val Susa, è grave: ci sono una cinquantina di feriti tra i manifestanti, tra cui una ventina medicati all’ospedale di Susa e due ricoverati per le ferite riportati. Tra questi un signore di 64 anni, un ex alpino che aveva deciso di passare la notte in tenda al presidio, che si è sentito male dopo essere stato colpito da una manganellata allo stomaco ed è stato ricoverato all’ospedale. Quattro i fermati tra i manifestanti, rilasciati nel pomeriggio con una denuncia a piede libero. «Questa notte è morta la democrazia», ripetono i sindaci increduli e sgomenti di fronte ai terreni di Venaus che sembrano un campo di battaglia, i resti delle tende, qualche sacco a pelo, termos e bicchieri di carta. Il presidente della comunità montana alta val Susa, il leghista Marco Carena, dice che «quello che è accaduto è stato un errore: spettava alla politica prendere in mano questa vicenda. Una grande opera pubblica non si può imporre con la forza». E di certo i cittadini della valle non hanno accettato il blitz rassegnati, e dopo lo shock iniziale hanno ripreso la resistenza e la difesa del loro territorio ma soprattutto di un’idea, quella che prevede un dibattito democratico, anche franco, anche aspro, ma pur sempre un dialogo e non una imposizione, magari manu militari come sta avvenendo in val Susa, ormai da oltre un mese zona militarizzata.
La notizia del blitz viaggia via sms in tempo reale e fin dalle prime ore del mattino da tutta la valle si riversano a Bussoleno centinaia di cittadini. Le fabbriche si sono fermate e gli operai hanno proclamato scioperi spontanei negli stabilimenti della valle come in alcune fabbriche torinesi. Gli studenti di tutte le cittadine della valle si sono rifiutati di entrare e quelli che sono entrati, come per esempio alla scuola media Defendente Ferrari di Avigliana, hanno sospeso le lezioni previste, sostituendole con tre ore di educazione civica. Tutte le dodici classi dell’istituto sono poi state accompagnate in piazza del Popolo dagli insegnanti con cartelli che dicevano «Dov’è la democrazia?» Sospese in diverse scuole le lezioni pomeridiane, proprio per partecipare ai presidi. Qualcuno racconta che ad Avigliana (dove l’intero paese si è riversato in piazza) almeno una macchina della polizia municipale girava con i megafoni per indirizzare i cittadini a questo o quel presidio.
I manifestanti hanno bloccato fin dalle prime ore del mattino le statali, l’autostrada, le stazioni ferroviarie. Alle 10 la val Susa risultava isolata dal resto della regione. Da Torino si riusciva a stento ad arrivare ad Avigliana, ma da qui era impossibile muoversi. E quando le forze dell’ordine caricavano per sgomberare un pezzo di statale, subito il presidio mobile si spostava in un altro luogo. Sono state alzate barricate improvvisate e ci sono state almeno altre due cariche in mattinata. Presidi anche a Torino, davanti alla prefettura. Da qui un corteo di un migliaio di persone ha raggiunto la stazione di porta Nuova. I binari sono stati occupati per un paio d’ore e la circolazione dei treni paralizzata. Quindi il corteo si è nuovamente diretto verso piazza Castello e poi sotto il Comune. La politica, reclamata a gran voce in valle, ha latitato per buona parte della giornata. A parte le dichiarazioni indignate di Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi, infatti, a livello locale la maggioranza in regione ha taciuto fino al pomeriggio. La presidente Mercedes Bresso si è detta «desolata che si sia arrivati ad una soluzione di questo tipo, una forzatura che tutti ci aspettavamo da un momento all’altro, ma che rende più difficile un’azione di mediazione che è assolutamente necessaria». Per Bresso, che in serata ha incontrato a Torino «bisogna trovare una soluzione». Ma i sindaci della valle, che hanno incontrato la presidente della Regione, hanno respinto la mediazione.
Il consiglio regionale che si sarebbe dovuto svolgere, come ogni martedì (e sono in diversi a notare che il blitz è avvenuto proprio nella notte tra lunedì e martedì, come quello di una settimana fa), è stato rinviato per una riunione fiume dei capigruppo della maggioranza che hanno concordato un documento di condanna della violenza usata dalle forze dell’ordine. Il documento non è stato però inserito all’ordine del giorno del consiglio nel pomeriggio, perché l’opposizione della minoranza non ha consentito che si raggiungessero i due terzi necessari. Il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino da Atene dove si appresta a raccogliere la fiaccola olimpica ha rilanciato la sua idea di «tregua», ma sempre partendo dal presupposto che la Torino-Lyon non è comunque in discussione. Prese di posizione anche da parte dei sindacati. La Cub e i Cobas hanno proclamato lo sciopero generale mentre la Fiom ha giudicato «grave l’intervento della polizia perché avviene in un momento in cui si stava avviando un dialogo. Sembra che una parte del governo – hanno detto alla Fiom – cerchi l’incidente e la drammatizzazione in val Susa. Il centrosinistra che governa il Piemonte si distingua da questa politica, imponga la tregua e censuri le inutili violenze di questa notte». Più blanda la dichiarazione di Cgil, Cisl e Uil piemontesi che condannano «la violenza da qualunque parte provenga». In serata sono stati rimossi parzialmente i blocchi sull’autostrada e sulle statali e a Bussoleno c’è stata un’affollata assemblea che ha deciso di non smobilitare. Appuntamento questa mattina alle 7,30 per bloccare di nuovo strade, autostrada e ferrovie. E per domani è previsto un corteo che da Susa si dirigerà alla volta della «proibita» Venaus. La protesta si sposterà anche a Torino, dove è previsto un presidio dal 9 all’11 dicembre e una manifestazione il 17.