Tanti auguri dai “fronti di pace”…

1) Tanti auguri dai “fronti di pace”. Parole ed opere dei nostri “Signori della guerra”.

Comunicato della Rete nazionale Disarmiamoli! – 24.12.2007

2) L’Italia non legittimi azioni unilaterali in Kosovo. Dichiarazione di trentasei Senatori dell’Unione

3) Napolitano con la baionetta: «Finanziare le missioni italiane»

4) «Kosovo, il presidente Napolitano sbaglia»

Intervista al generale Fabio Mini, ex comandante della Nato in Kosovo

5) Tana De Zulueta: L’Italia gestisce il peso di un fallimento… Auguri!

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Tanti auguri dai “fronti di pace”.

Parole ed opere dei nostri “Signori della guerra”.

Comunicato della Rete nazionale Disarmiamoli! – 24.12.2007

Le Forze Armate italiane – enunciava Napolitano lo scorso 4 novembre – rischiano di dover fronteggiare «nuove e possibili emergenze». Vanno – ricorda – «dall’aggravarsi della situazione in Afghanistan, dall’incombere di gravi incognite nella regione che abbraccia l’Irak e l’Iran, dal riaccendersi di acute contrapposizioni nei vicini Balcani, dal persistere di tensioni nel quadro politico e istituzionale in Libano, dal trascinarsi di una crisi lacerante nel Medio Oriente. L’Italia ha il dovere di sostenere questo impegno e di percepire come proprio l’obiettivo di migliorare le capacità delle nostre forze armate».

Le indicazioni del Presidente della Repubblica sono seguite alla lettera, come si evince dalle scelte economiche, politiche, diplomatiche e propagandistiche del governo Prodi.

La Legge Finanziaria 2008, approvata grazie ai voti di maggioranza e senatori a vita (un solo NO è risuonato nell’aula del Senato), ha formalizzato l’ulteriore aumento del 12% delle spese militari.

In questi giorni di vigilia, i vari esponenti del governo sono impegnati nei vari “fronti di pace”, a salutare i superpagati “bravi ragazzi” dell’esercito professionale e a programmare le future attività di “peacekeeping”.

Afghanistan

«Ho avuto un momento di commozione nel vedere i soldati italiani impegnati nell’opera di ricostruzione». Il premier Romano Prodi, nel corso della sua visita al contingente italiano a Kabul, si emoziona di fronte all’impegno e alla passione che militari italiani mettono quotidianamente a disposizione dei civili afgani. E si è congedato facendo gli auguri di Natale e di buon anno nuovo. Non sapremo mai quale accoglienza avrebbero offerto al nostro primo ministro i civili afgani abitanti nell’area di Farah, dove nelle scorse settimane gli elicotteri da combattimento Mangusta e i carri armati Dardo hanno contribuito attivamente alla “ricostruzione” della zona.

Libano

Lorenzo Forcieri, il solo sottosegretario alla Difesa rimasto disponibile (l’altro, Marco Verzaschi, deve rispondere di corruzione e concussione nell’integerrimo espletamento delle sue funzioni di ex Assessore alla Sanità in Lazio, giunta Storace) è andato in Libano, dove ha salutato le truppe italiane di stanza al comando Unifil. “Il governo italiano e tutto il nostro Paese è orgoglioso dell’eccellente lavoro svolto dalle nostre truppe nell’ambito delle missioni internazionali come quella libanese”, ha detto Forcieri. Alla fine dell’incontro è stata espressa preoccupazione per l’instabilità interna, che potrebbe provocare un’involuzione della situazione.

L’appoggio incondizionato del governo italiano all’illegittimo governo Sinora e la collaborazione stretta con Israele, nell’eventualità di una probabile ripresa del conflitto, crediamo non aiuteranno i soldati italiani presenti in Sud Libano.

Kosovo

Il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, dopo aver presieduto la riunione del Consiglio di sicurezza dell’ONU sul futuro della provincia serba ha detto che: “Quella che si profila per il Kosovo sarà non un’indipendenza piena ma sotto tutela internazionale”.

Il profondo disaccordo tra le parti, albanese (USA – UE) e serba (Russia) verrà risolto attraverso un maggiore impegno militare, in primis dell’esercito italiano, che ha mobilitato un battaglione pronto ad intervenire alla bisogna.

Che dire? Una vigilia di speranza, per un futuro di pace e prosperità nell’area. ENI, Finmeccanica e O.N.G. di riferimento ringraziano.

Il movimento contro la guerra dice NO, e si prepara alle prossime scadenze – a partire dalla giornata internazionale NoWar del 26 gennaio 2008 – verso una grande manifestazione nazionale contro il rifinanziamento delle missioni all’estero.

www.disarmiamoli.org [email protected] 3381028120 3384014989

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http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=16436

L’Italia non legittimi azioni unilaterali in Kosovo

su L’ERNESTO del 21/12/2007

E’ ormai evidente come la secessione del Kosovo dalla Serbia rischi di innescare un nuovo conflitto nei Balcani, estendibile a breve ai già delicati equilibri in Bosnia e Macedonia. Questo pericolo è segnalato da un rapporto dell’intelligence NATO del 13 dicembre scorso e deve essere assolutamente evitato. Sarebbe oltremodo contraddittorio concedere al Kosovo ciò che si nega alla Repubblica Serba di Bosnia, alimentando così quel legittimo sospetto che vede le diplomazie dei maggiori stati adottare la politica dei “due pesi e delle due misure”. Vogliamo augurarci che il governo italiano abbia tratto lezione dagli avvenimenti passati e non si appresti a sostenere scelte unilaterali che alimenterebbero nuovi conflitti.

E’ altrettanto evidente come la partecipazione italiana ad una nuova missione militare europea in Kosovo, senza il mandato delle Nazioni Unite, si configurerebbe come una legittimazione delle forze secessioniste in Kosovo e un atto ostile nei confronti della Serbia. Di questo non ha alcun bisogno la politica estera italiana né quella europea.

Il fallimento del negoziato in sede di Nazioni Unite conferma che la strada della secessione unilaterale del Kosovo, sostenuta apertamente dagli Stati Uniti e da alcuni stati dell’Unione Europea, getterebbe nuovamente il peso del conflitto sulla spalle dell’Europa, rendendo drammatiche le responsabilità negative dell’Italia nel nuovo scenario balcanico.

L’Italia ha grandi responsabilità sulla stabilità dei Balcani e sulla questione del Kosovo in particolare. Parte di queste responsabilità sono effetto della decisione presa otto anni fa di partecipare ai bombardamenti della NATO contro un paese europeo – la Serbia – e di condividere la creazione di un protettorato militare internazionale in Kosovo. Ma le responsabilità di oggi rischiano di essere più gravi di quelle nella guerra scatenata nel 1999.

Esortiamo pertanto il governo italiano a sottrarsi da qualsiasi sostegno, legittimazione e riconoscimento di iniziative unilaterali di secessione nella regione. Di conseguenza a non inviare nuovi contingenti in Kosovo. Nessuna soluzione di pace e duratura è possibile se non è rispettosa dei diritti e della storia di tutti i soggetti esistenti nei Balcani.

Le senatrici e i senatori della Repubblica che firmano quest’appello si batteranno nelle sedi dovute e necessarie – Commissione Affari Esteri e Difesa al Senato, Aula Parlamentare e a livello pubblico e sociale – al fine di evitare un’altra svolta tragica nei Balcani.

Sen. Francesco Martone
capogruppo Prc-Se Comm.ne Affari Esteri Senato
Sen. Giorgio Mele
capogruppo SD Comm.ne Affari Esteri Senato
Sen. Armando Cossutta
capogruppo PdCI-Verdi Comm.ne Affari Esteri Senato
Sen. Fosco Giannini
capogruppo Prc-Se Comm.ne Difesa Senato
Senatrice Silvana Pisa
capogrupp SD Comm.ne Difesa Senato
Senatrice Manuela Palermi
capogruppo PdCI-Verdi Commissione Difesa Senato
Sen. Josè Luiz Del Roio
Prc – Se
Senatrice Lidia Menapace
Prc-Se
Sen.Giovanni Russo Spena
Prc- Se
Sen.Cesare Salvi
SD
Senatrice Franca Rame
Gruppo Misto
Sen.Franco Turigliatto
Gruppo Misto-Sinistra Critica
Sen.Piero Di Siena
SD
Sen.Claudio Grassi
Prc-Se
Sen.Paolo Brutti
SD
Senatrice A.Maria Palermo
Prc-Se
Senatrice Olimpia Vano
Prc-Se
Senatrice M.Celeste Nardini
Prc-Se
Senatrice Haidi Gaggio Giuliani
Prc-Se
Senatrice Tiziana Valpiana
Prc-Se
Sen. Nuccio Jovene
SD
Sen. Giovanni Gonfalonieri
Prc-Se
Senatrice Anna Donati
PdCI-Verdi
Sen. Salvatore Allocco
Prc-Se
Sen.Fernando Rossi
Gruppo Misto
Sen.Giuseppe Di Lello
Prc-Se
Senatrice Silvana Amati
Partito Democratico -L’Ulivo
Sen.Raffaele Tecce
Prc- Se
Sen.Stefano Zuccherini
Prc-Se
Sen.Gianpaolo Silvestri
PdCI-Verdi
Senatrice Maria Pellegatta
PdCI – Verdi
Sen. Dino Tibaldi
PdCI-Verdi
Sen.Mauro Bulgarelli
PdCI-Verdi
Sen.Natale Ripamonti
PdCI-Verdi
Sen.Tommaso Sodano
Prc-Se
Senatrice Loredana De Petris
PdCI-Verdi

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http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/22-Dicembre-2007/art14.html

Kosovo e Afghanistan

Napolitano: «Finanziare le missioni italiane»

Sa. M.
Roma

Confermare, finanziare e sostenere tutte le missioni all’estero, in particolare quella in Afghanistan e quella in Kosovo. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo saluto di fine anno alle truppe – in videoconferenza – ha impugnato la baionetta: «Dobbiamo trovare le risorse per le forze armate e per le missioni in cui siamo impegnati all’estero. Si tratta di responsabilità costose, alle quali però l’Italia non può sottrarsi».
Negli ultimi giorni la questione del finanziamento delle missioni militari italiane è tornata al centro dell’attenzione del quirinale. Non più tardi di martedì scorso, il comunicato del consiglio supremo di difesa aveva richiamato l’attenzione alla «necessità di fornire adeguata copertura economica alle missioni». E, seppure informalmente, il ministro della Difesa Arturo Parisi aveva confermato che le Forze armate non accetteranno tanto facilmente eventuali tagli o ridimensionamenti. Il discorso di Napolitano chiude il cerchio. E infatti il capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Gianpaolo Di Paola, ha mostrato di apprezzare: «La vicinanza del paese è assolutamente fondamentale per le forze armate».
Dopo aver parlato della «necessita di una soluzione pacifica» per l’Afghanistan, il presidente ha scelto di mettere i piedi nel piatto della delicata questione kosovara, con un discorso che è prima di tutto una promessa di fiducia incondizionata in quel che fa il governo Prodi e il suo ministro degli esteri, Massimo D’Alema: «Siamo pienamente consapevoli della eccezionale delicatezza di questo momento per il Kosovo e per la nostra missione: è forse il tema su cui è maggiormente impegnata la nostra diplomazia». E poi, ed è il passaggio più scivoloso: «Siamo sicuri che farete la vostra parte e darete il vostro contributo affinché il problema dello status del Kosovo si realizzi nelle condizioni migliori dal punto di vista della pace e della collaborazione tra le diverse etnie». In realtà, al momento non è chiaro neppure quale sarà il ruolo dei militari italiani nell’area. Ritirata, al Consiglio di sicurezza Onu, la mozione che premeva per il riconoscimento dell’indipendenza, il ministro D’Alema punta molto sulla missione Ue che dovrebbe essere inviata nell’area per «pacificare», ma che nei fatti servirebbe a sostenere l’evenutale dichiarazione di indipendenza di Pristina. Giusto ieri, però, trentasei senatori dell’Unione hanno diffuso un appello in cui chiedono al governo di tenersi lontano dalla missione europea. Tra i firmatari, oltre al promotore Fosco Giannini, ci sono i capigruppo di Sd Cesare Salvi e di Rifondazione Giovanni Russo Spena.

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il manifesto
22 Dicembre 2007

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/22-Dicembre-2007/art12.html

«Kosovo, il presidente Napolitano sbaglia»

Intervista Parla il generale Fabio Mini, ex comandante della Nato in Kosovo: «Situazione di stallo per l’Italia all’Onu»

Tommaso Di Francesco

«È davvero uno stallo, anche per l’Italia e purtroppo il presidente Napolitano sbaglia». Parla il generale Fabio Mini, ex comandante della Nato in Kosovo sulle «ombre» del ruolo italiano per l’inestricabile nodo balcanico nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, dopo le «luci» della moratoria sulla pena di morte.

Il ministro degli esteri D’Alema, presidente di turno del Consiglio di sicurezza, ha relazionato sul cosiddetto fallimento del negoziato per lo status, e allo stesso tempo ha tentato di inserire nel quadro della legalità delle Nazioni unite, la missione che si chiama «civile e di polizia» decisa dall’Unione europea. Ma è tornato a mani vuote: non c’è stato compromesso, ha detto. Perchè?

Innanzitutto perché la missione europea non è vista bene soprattutto dai kosovari albanesi i quali hanno una lobby fortissima negli Stati uniti, anche sul riconoscimento di un eventuale dichiarazione unilaterale d’indipendenza. La promessa dell’indipendenza fatta da Bush a marzo era chiara. E quindi si sentono forti. I kosovari albanesi vogliono gli americani, non vogliono gli europei. D’altra parte, una nuova missione europea che riguardi una parte della ricostruzione e una parte delle questioni giuridiche e di polizia, è una missione minimalista che non affronta i grandi problemi ed è senza appoggi internazionali molto forti.
E poi c’è il no della Russia che minaccia il veto. Ma ora si mostra anche disposta ad aprire alla «missione Ue» solo se rispetta la 1244, cioè il riconoscimento della sovranità della Serbia sul Kosovo…
Giuridicamente la missione Ue potrebbe essere proponibile, nel senso che se una organizzazione internazionale, ancorché regionale, si offre volontaria può farlo ma con l’accordo delle parti, serba e albanese in questo caso – ovviamente l’accordo per ora non c’è. Ma potrebbe farla soprattutto con l’accordo internazionale, per un mandato di almeno una parte non indifferente dell’Onu. E anche questo non è il caso, per ora. D’altra parte bisogna riconoscere che la 1244 – con cui l’Onu assumeva la pace di Kumanovo dopo i raid della Nato sull’ex Jugoslavia – metteva veramente un vincolo secco che era quello del riconoscimento della sovranità della Serbia sul Kosovo. Questo non è stato mai messo in discussione, anzi la 1244 rimandava ad un accordo tra le parti, non ad una imposizione dall’alto sullo status finale.

C’è stata polemica tra il presidente della Commissione esteri della Camera Umberto Ranieri e il ministro degli esteri britannico Miliband che sosteneva che la 1244 garantisce l’indipendenza…

Ha fatto bene Ranieri, perché non è vero, è falso, anzi in un certo senso è vero il contrario. Dirò di più: i serbi si sono veramente molto arrabbiati, anche per un fatto fondamentale che un articolo nell’appendice della Risoluzione Onu 1244 stabilisce che ci possa essere l’intervento di forze di polizia o comunque forze di sicurezza serbe in Kosovo soprattutto per dare sicurezza ai siti patrimoniali e religiosi. Non è mai successo.

Ma non crede che l’ambiguità vera sia rappresentata dalla motivazione con cui si vuole avviare la missione Ue, quella di preparare e gestire l’indipendenza?

E’ una pregiudiziale che non fa onore al tentativo, nel senso che qualsiasi traccheggiamento verso l’indipendenza è visto male dai serbi i quali non l’approveranno mai perché è una perdita di sovranità. Per il Kosovo una soluzione immediata non c’è, non bisogna dunque avere fretta.

Le commissioni esteri e difesa della Camera sono andate in Kosovo, anche a Decani. Lì padre Sava ha detto di sentirsi in un «limbo»…

Anch’io penso al Kosovo come ad un limbo. Ma non credo che a padre Sava o al vescovo Artemje di Gracanica, dove vive la seconda grande enclave serba, siano contenti del limbo. Non ne possono più, però si rendono conto da realisti quali sono che la soluzione che gran parte della comunità internazionale vuole è soltanto quella dell’indipendenza. Per adesso.

C’è dunque una situazione di stallo per la diplomazia italiana. Con un Parlamento che dice cose diverse dal governo e, in aula, impegna all’unanimità il governo a non riconoscere proclamazioni d’indipendenza unilaterali…

Se uno stato vuole rimanere stato e quindi vuole rimanere ente che fa parte del consesso internazionale vigente, con tutto quello che è sancito dalla Carta delle Nazioni unite, questo stato deve essere sovrano e quindi la sovranità gli deve essere riconosciuta. La Comunità internazionale, della quale l’Italia fa parte, non può pertanto riconoscere quello che sta per accadere in Kosovo, vale a dire una dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Altrimenti si smantellerebbe il sistema degli stati.

C’è stato in questi giorni un allarme dei Servizi europei e dell’intelligence italiana su una precipitazione nei Balcani.

Non vedo la lotta armata immediata e deflagrante. Quello che vedo è invece una lotta armata strisciante, nel senso che ci saranno di sicuro delle forze estremiste che vorranno premere sui pochi serbi rimasti in Kosovo e quindi ci saranno ancora espulsioni, possibilità di larvate od occulte pulizie etniche, così come da parte serba soprattutto nazionalista ci saranno anche dei tentativi di instaurare organizzazioni clandestine in Kosovo. La situazione è difficilissima da gestire e non vorrei essere nei panni dell’Ue che va lì con un mandato di supervisione senza poteri effettivi.

Napolitano ieri si è rivolto ai militari di Pristina dicendosi sicuro del loro buon lavoro «affinché il problema dello status del Kosovo si realizzi nelle condizioni previste, dal punto di vista della pace e della collaborazione tra le diverse etnie, come d’altronde indica il piano dell’Onu»…

Sono un po’ perplesso. Sono sette anni che andiamo avanti con queste parole ma i fatti non dicono così. I kosovari albanesi non vogliono assolutamente uno stato multietnico, a parole lo dicono sempre, di fatto non lo vogliono. Così come dall’altra parte anche i serbi non riconoscono molti diritti agli albanesi rimasti nella parte a nord dell’Ibar di Mitrovica. Quindi il Kosovo multietnico è una speranza, è veramente qualche cosa nella quale potremmo sperare perchè tutti dobbiamo essere multietnici, tutti gli stati dovrebbero esserlo. Il fatto fondamentale è che però i soldati in questo hanno poche possibilità. Perché il piano dell’Onu non c’è. Il fatto che le Nazioni unite non abbiamo mai tentato seriamente di costituire un Kosovo multientico è nella realtà. I rientri dei profughi serbi sono falliti. Anzi sono stati boicottati. Quando io parlavo di fare rientrare due comunità piccolissime vicino a Pec, ho trovato veramente ostacoli solo nell’amministrazione Unmik-Onu. Non volevano rischiare. O non c’erano soldi, andavano solo a chi volevano loro. Il Kosovo multietnico nel piano dell’Onu non c’è mai stato.

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http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=16427

L’Italia gestisce il peso di un fallimento

di Tana De Zulueta*

su Il Manifesto del 20/12/2007

Kosovo

Sull’uscio della commissione esteri della Camera, il ministro Massimo D’Alema ha preannunciato una missione «a luci ed ombre» per se stesso presso l’Onu. E così è stato. Mentre il voto sulla moratoria sulla pena di morte è stato un netto successo per lui, per l’Italia e per l’Europa, la discussione sullo status finale del Kosovo si sta rivelando un vero e proprio letto di spine. La politica, quando dichiara di avere davanti a se solo la scelta tra un male e un altro, non può che prendere atto di avere, se non fallito, almeno mancato un’occasione. Oggi l’Unione Europea si trova nella necessità di subire scelte altrui per quanto riguarda il futuro della provincia serba del Kosovo. E mestamente se ne prende atto. Lo testimonia la (scarsa) discussione in Parlamento. Il 29 novembre l’aula della Camera ha votato due mozioni sullo status del Kosovo, della maggioranza e della Lega Nord, e le ha approvate tutt’e due. Gli impegni erano: ricerca d’una soluzione condivisa, «scoraggiando iniziative unilaterali», unità europea e la sollecitazione «in tempi brevi dell’accordo di stabilizzazione e associazione Ue-Serbia». Un premio di consolazione che lascia i responsabili politici di Belgrado piuttosto freddi. Anche perché non ritengono, probabilmente a ragione, quest’esito né sufficiente né imminente. Mentre l’amputazione di un pezzo di quello che continuano a considerare il proprio territorio lo è.
Siamo all’«ineluttabiltà». Emersa anche dalla lettera alla presidenza portoghese Ue, cofirmata dai governi italiano, inglese, francese e tedesco che dava conto del fallimento dei negoziati, avvertendo che è meglio lasciar perdere, per evitare «un ulteriore irrigidimento». Siamo ben lontani da quell’impegno a cercare in tutti modi un accordo condiviso, anche dopo il limite annunciato. Si profila, invece, una indipendenza sotto «supervisione» della Nato e di una massiccia missione civile europea. In quale quadro di diritto non è dato sapere, e su questo c’è scontro al Consiglio di Sicurezza. Il sottosegretario Craxi, non sembrava troppo convinto quando ha detto che la futura missione Ue «potrebbe operare nella cornice giuridica» della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1244 – che autorizzò l’ingresso della Nato, ma confermando anche che il Kosovo fa parte del territorio sovrano della Serbia e l’Ue aspira à mandare un suo rappresentante in Kosovo in sostituzione di quello dell’Onu. E se la Russia non è d’accordo?
L’unica certezza è la prospettiva dell’instabilità, ben oltre il Kosovo. Otto anni sono passati invano. In un incontro in Parlamento l’ex-ministro francese Hubert de Védrine ha ribadito che l’indipendenza sarà pure «ìneluetable» ma è pur sempre «regrettable» e per un ambasciatore europeo che ha partecipato al negoziato la la separazione del Kosovo potrebbe fare venire meno la ragione d’essere della Bosnia. Paese costituito, dentro la camicia di forza degli accordi di Dayton, per imporre una nazione multietnica E la Macedonia?
Commentando il passaggio delicato, D’Alema ha fatto notare che mentre gli Stati Uniti hanno fortemente sostenuto l’indipendenza del Kosovo e la Russia l’ha osteggiata, l’Europa è destinata a reggere tutto il peso del problema. Auguri.

*Vicepresidente della Commissione esteri della Camera

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Filmovi o Titu, Jugoslaviji, partizanima,…

http://komunisti.50webs.com/filmovi-o-titu.html

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