Sunniti in gabbia, a Baghdad arriva «la grande muraglia»

Sunniti e sciiti di Baghdad divisi da un muro, così come i palestinesi dei Territori occupati sono stati separati dai loro connazionali d’Israele e della Striscia di Gaza. È quanto prevede il piano per la sicurezza della capitale irachena elaborato dagli statunitensi, che farà partire l’esperimento dal distretto di Adamiya, dove i lavori sono iniziati dieci giorni fa.
I blocchi di cemento fanno ormai parte dell’arredo urbano di Baghdad, ma sono stati finora utilizzati per proteggere mercati, edifici pubblici o intere aree, come nel caso della Zona verde. Mai però un quartiere era stato separato dagli altri in base all’etnia dei suoi abitanti. In un comunicato dell’esercito americano il sergente Mike Pryor ha spiegato che la recinzione sarà lunga cinque chilometri e alta tre metri e mezzo. Secondo la propaganda degli occupanti «il muro rappresenta uno dei punti centrali di una nuova strategia messa in atto dalle forze della coalizione e irachene per interrompere il ciclo della violenza settaria».
Il quartiere, nella parte settentrionale della città – sul lato orientale del fiume Tigri -, è circondato per tre lati da aree sciite. Come gran parte della città – da quando nel febbraio 2006 un attentato distrusse la cupola d’oro della moschea sciita di Samarra – è stato testimone di violenze crescenti tra fedeli delle due principali brache dell’islam.
Dopo che all’inizio del mese il Wall street journal aveva anticipato un progetto simile a quello di Adamiya nel quartiere di Doura, nella parte meridionale di Baghdad, gli americani provano ora a difendersi dall’accusa di voler creare aree sunnite chiuse al mondo esterno. «Lo scopo dichiarato del piano per la sicurezza non è dividere tutto in piccole comunità recintate», ha dichiarato il portavoce militare colonnello Christopher Garver. Ma, è lo stesso comunicato del pentagono a rivelarlo, i soldati statunitensi già scherzano tra loro parlando della «grande muraglia di Adamiya» e il colonnello Thomas Rogers, comandante dell’unità che sta costruendo la barriera, ha dichiarato che «quella comunità sarà interamente recintata e protetta». Quando il progetto sarà terminato infatti l’unica via per entrare e uscire da Adamiya sarà rappresentata dai checkpoint dell’esercito iracheno.
certo una parte dei 30mila militari (la metà dei quali sono già arrivati a destinazione) spediti dall’Amministrazione Bush per cercare di fermare il deteriorarsi della situazione potrà essere impiegato altrove, ma alla guerra civile – ormai gli esponenti più pragmatici del governo Usa lo ammettono senza problemi – non esiste alcun argine militare. Il segretario alla difesa Robert Gates non ha mancato di sottolinearlo ieri, durante la sua visita al secondo fronte della cosiddetta «guerra al terrorismo». Il ministro ha fatto pressione sull’esecutivo del premier Nouri al-Maliki (dominato dai partiti sciiti) affinché trovi soluzioni per i problemi politici che continuano ad alimentare la guerra civile. Gates ha chiesto una rapida approvazione di due provvedimenti giudicati in questo senso fondamentali: la legge che riduce gli effetti della «de-baathificazione», cioè di quel provvedimento, varato dall’ex proconsole Usa Paul Bremer, che rese disoccupati migliaia di funzionari dell’ex regime di Saddam, alimentando la guerriglia e il conflitto interetnico; e la norma che stabilisce la spartizione – su base etnica – dei proventi derivati dallo sfruttamento del greggio ad opera delle compagnie straniere.
Gates – è la prima volta che un alto funzionario americano lo fa – ha fissato una data: la fine dell’estate. A quel punto, se il governo filo-Usa non sarà stato capace di far approvare i due progetti che attualmente giacciono in parlamento, la pazienza americana si esaurirà.
Gates ha spiegato in conferenza stampa che «il nostro impegno in Iraq è a lungo termine, ma non prevede di lasciare all’infinito i nostri ragazzi e le nostre ragazze a pattugliare le strade». Con il soldato ucciso l’altro ieri a Mahmudiya, a sud della capitale, il numero di soldati statunitensi uccisi dall’inizio del conflitto ha raggiunto quota 3.316. La minaccia, nemmeno troppo velata, è quella di ridurre i soldati in strada se il governo non approverà le due leggi entro l’estate. C’è tempo ancora due mesi, perché un portavoce ieri ha annunciato che la camera sarà in ferie estive a luglio e agosto.