Sulla legge 30 serve una svolta

Il contrasto evidente che si sta sviluppando fra il Ministro Damiano e l’ispettorato del Lavoro sulla vicenda dell’esito delle ispezioni all’Atesia, può avere due sbocchi. Uno negativo, cioè la paralisi di qualunque capacità innovativa da parte del governo sul mercato del lavoro, malgrado gli espliciti impegni programmatici (e non sarebbe il solo arretramento visto il confronto, pessimo su entrambi i versanti, fra il ministro Padoa Schioppa e l’economista Francesco Giavazzi sulla finanziaria). Uno positivo, cioè quello di sradicare il dibattito dalla sterile contrapposizione fra abrogazione e modifica della legge 30. L’ottimismo della volontà e la mia collocazione in questo governo mi fanno sperare che la vicenda possa prendere la seconda direzione.
Ma come? Intanto si può dire cosa non bisogna fare. Non ci si può attendere la soluzione generale del problema della precarietà dall’ispettorato del lavoro, pur restando sacrosanta l’ispezione all’Atesia ed inappuntabili gli esiti cui è giunta (e perciò da applicare con l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori a progetto, come conviene ad un lavoro che ricalca nel campo dei servizi le peggiori modalità del fordismo). E’ invece tanto più urgente un’iniziativa legislativa da parte del governo e delle forze di maggioranza. Né si può pretendere dalla famosa circolare del Ministero del Lavoro ciò che essa non può dare, avendo molto piombo sulle ali. Come rivelò Ichino sul Corriere della Sera essa si basa infatti su un testo elaborato e poi stoppato ai tempi di Maroni. La sua filosofia è tutta interna alla legge 30, il cui lato «migliore» può essere trovato nella divisione fra subordinati e parasubordinati, per cui il massimo della pulizia sarebbe quello di concedere il contratto a progetto solo a chi è effettivamente autonomo. Ma questa scelta moltiplica gli imbrogli e i contenziosi, senza nessuna stabilità.
Torniamo allora a quanto scritto nel programma dell’Unione. «Superare» la legge 30 non deve essere inteso come cancellare solo le forme più precarizzanti e peraltro meno applicate (come il job on call, o lo staff leasing), lasciando inalterata la filosofia di fondo, ma la definizione di un quadro legislativo basato su una nuova definizione del lavoro dipendente. Si tratta precisamente di evitare le celebrazioni ipocrite della irresistibile attrattiva del lavoro autonomo, come del ritorno al mito della fabbrica fordista, la cui presunta bellezza mi è sempre sfuggita.
Il modo concreto per farlo c’è e ce ne ha parlato Nanni Alleva due giorni fa su questo giornale. Superare la legge 30, quindi tornare alla centralità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, vuol dire riscrivere buona parte delle norme che regolano il diritto e il mercato del lavoro, puntando sull’individuazione di un unico contratto di lavoro dipendente – entro il quale poi distinguere le varie figure a seconda del grado di controllo cui sono sottoposte – fondato sul concetto di dipendenza socio-economica dall’impresa. Per questa via si può giungere ad una effettiva riunificazione del mondo del lavoro, stabilendo per la totalità dei lavoratori alcuni diritti e tutele fondamentali. Tra questi almeno cinque mi sembrano imprescindibili: il diritto costituzionale ad una giusta ed equa retribuzione (il che può anche comportare la fissazione di un minimo salariale orario non decurtabile); la continuità del reddito nei periodi di non lavoro; la pienezza dei contributi pensionistici; la difesa contro l’arbitrarietà nei licenziamenti e nella rescissione dei contratti; la libertà di organizzazione e di rappresentanza sindacale.
L’assemblea sulla precarietà dell’8 luglio è stata occasione di denuncia ed ha indetto un’importante scadenza di lotta. Bisogna arrivarci con una proposta convincente e articolata. I tempi del Ministro del lavoro appaiono troppo lenti, mentre gran parte della sorte e della credibilità del governo e della maggioranza si fondano sui risultati nella lotta alla precarietà. Ma nulla vieta ai movimenti e alla sinistra radicale di «sollecitarlo», avanzando in tempi brevi una propria proposta. Le forze e le intelligenze ci sono. Mettiamole al lavoro.

*sottosegretario allo Sviluppo Economico