Ma lei, Rinaldini, perché è qua?». Così un operaio diMirafiori si è rivolto ieri pomeriggio a Gianni Rinaldini, segretario della Fiom, alle prese con l’assemblea per illustrare i termini dell’accordo di luglio su welfare e pensioni, in -vista del referendum della prossima settimana. Usando il “lei” in luogo dell’abituale “tu”, proprio per sottolineare il distacco e il dissenso. «Ma al suo posto – ha proseguito il lavoratore – non avrebbe dovuto esserci il leader della Cgil, Guglielmo Epifani?».
Rinaldini, comunque, tra molti brusii e qualche fischio è riuscito a illustrare la posizione della Cgil, a favore dell’accordo. Posizione non condivisa dalla Fiom è tanto meno dalla base che ha preso parte alle assemblee di Mirafiori (che resta pur sempre la fabbrica simbolo). Ma il problema,- e l’ha sottolineato Giorgio Airaudo, leader della Fiom subalpina – non è tanto quello della contestazione, peraltro contenuta in limiti assolutamente normali per lo stabilimento torinese. «Il nodo è quello della partecipazione» ha aggiunto Airaudo di fronte a una preseriza che, tra mattino e pomeriggio, non ha superato le 2mila unità sui 4500 lavoratori delle Carrozzerie.
D’altronde anche Luigi Angeletti, il segretario della Uil che aveva preso la parola al mattino, è stato chiaro su questo punto: «Il “sì” all’accordo può vincere anche a Mirafiorì, purché la partecipazione al voto sia numerosa». Perché, dalle assemblee, sièrìcavato un clima assolutamente contrario all’intesa di luglio. Tanto che Morena Piccinini, della Cgìli non è riuscita a concludere il suo intervento nell’assemblea del mattino.
È riuscito invece a terminare il suo discorso Angeletti. Molto fischiato («solo mugugni» a suo avviso), ma che ha incassato anche il pubblico apprezzamento dei più oltranzisti per aver avuto il coraggio di mantenere la promessa di ripresentarsi a Mirafiori dopo la contestazione che aveva coinvolto tutti i leader nazionali. Non basta, tuttavia, il riconoscimento del coraggio e dell’abilità nel gestire l’assemblea per modificare un clima che non lascia spazio a dubbi interpretativi. Ogni intervento a favore dell’accordo (in netta minoranza) veniva fischiato mentre applausi scroscianti accompagnavano gli interventi critici. Al pomeriggio è andata forse meglio, perché Rinaldini rimane comunque contrario all’intesa a livello personale, anche se per disciplina di schieramento illustra le ragioni del si.
Ed è altrettanto evidente che non sono state sufficienti le precisazioni del segretario della Fiom («i lavoratori sono chiamati a valutare un accordo sindacale, non a votare sul governo») per modificare la sensazione generale che si tratti di una questione politica. Anche perché lo stesso Epifani aveva dichiarato che un voto favorevole all’intesa contribuirebbe a salvare il governo.
Così la protesta degli operai di Mirafiorì ha potuto spaziare dall’insofferenza per gli scalini pensionistici alla mancata tutela dei lavori usuranti, al precariato. Ma si è poi estesa alla critica politica generale, alla delusione per tutte le promesse non mantenute dal governo. Qualcuno ha sottolineato che, con un governo diverso, il sindacato si sarebbe comportato in modo molto diverso e più duro. E questo significa che il sindacato non ha voluto far tutto ciò che si doveva e poteva per tutelare i lavoratori. Tra l’altro proprio in un convegno promosso dalla Cgil la scorsa settimana, erano stati presentati i risultati di una ricerca secondo cui ilprimo partito tra gli operai sarebbe Forzaltalia, conunnetto distacco sugli altri;
Ma ieri, a Mirafiori, non sono mancate neppure le posizioni “alla Grillo”, con operai che hanno protestato perché si continua ad andare nelle fabbriche a chiedere sacrifici mentre la Casta continua a incassare impunemente. Airaudo ha ammesso che il distacco dalla politica sta crescendo. E la crisi potrebbe coinvolgere anche il sindacato, come dimostra la non entusiasmante partecipazione alle assemblee. «Che sono state però assemblee vere» assicura il leader delaFiom torinese. Se però il punto non riuscisse a coinvolgere “un maggior numero di lavoratori, si creerebbero problemi di rappresentatività E siporrebbe il problema di cosà fare e in che direzione. La tentazione rappresentata da Grillo èforte e sta crescendo. Anche se non è chiaro in quali forme potrebbe evolvere, per lo meno nelle fabbriche.