Quando nel ‘69 il Pci espulse i «compagni» del “Manifesto” lui era lì, giovane componente del Comitato centrale del partito. «Votai per la radiazione, oggi non lo rifarei» racconta Guido Cappelloni, oggi un distinto signore di 82 anni (li compirà ad agosto), tra i fondatori del Prc, da sei anni presidente del collegio di garanzia. Ieri, 38 anni dopo, si è ritrovato a firmare un nuovo provvedimento di «allontanamento», questa volta per Franco Turigliatto.
Presidente Cappelloni, allora siete intervenuti in difesa dell´ortodossia comunista. Questa volta?
«Qui siamo dovuti intervenire per un atto di tradimento della linea del partito che ha esposto il Prc a gravi difficoltà. Comunque, sia chiaro: nel ‘69 non facevo parte degli organi di garanzia. Nel Pci ero solo uno dei 120 membri del Comitato centrale».
Il cuore decisionale del partito, comunque. Avete deciso voi l´espulsione di Rossanda, Parlato, Castellina, Magri, Pintor. O no?
«Il caso era talmente delicato per la vita del Pci che ce ne occupammo. Io ero l´ultima ruota del carro nel Comitato».
E come si pronunciò?
«Per la radiazione. Ma oggi non lo rifarei. Perché a differenza di quel che di solito accade, invecchiando sono diventato ancor più di sinistra. E non avrei cacciato i dissenzienti».
Turigliatto non è un dissenziente?
«Decisione sofferta anche questa. Ma il caso è diverso, quello fu un fatto epocale. Ora non potevamo comportarci diversamente. Turigliatto non ha riconosciuto il grave errore e non ha escluso di reiterarlo».
L´altro dissidente della Sinistra critica, Cannavò, si asterrà dalla fiducia alla Camera. Allontanerete anche lui?
«A Montecitorio altri compagni hanno già espresso dissenso, senza conseguenze per il partito però. Il caso Turigliatto è stato più grave. Non so se tutto è perfetto sotto il profilo della democrazia e del diritto al dissenso, dentro il Prc, quel che è certo è che non siamo messi peggio di altri partiti».