Sul campeggio dei giovani

Si è concluso da pochi giorni il primo campeggio comunista, anticapitalista e femminista, unitario tra i Giovani Comunisti/e e la FGCI, e il desiderio di ricominciare subito è forte.
Una settimana ricca di confronto e discussione sui principali temi della politica italiana e internazionale, dall’economia alla mafia, dalla crisi economica alle nuove forme con cui si manifesta oggi il fascismo, ma soprattutto una settimana di confronto sul percorso che intendiamo intraprendere per dare risposte concrete, nel conflitto sociale, a tutte queste problematiche.
Un percorso che, a nostro avviso, non può che essere unitario.
In tutti gli incontri, a partire dagli attivi (quello dei Giovani Comunisti e quello congiunto con la Fgci), è emersa chiaramente la richiesta di porre rimedio ad una divisione che oggi appare incomprensibile e ingiustificata soprattutto per chi, e sono molti, nel ’98, aveva pochi anni e nemmeno si ricorda i fatti che portarono a quella scissione; unanime invece è la consapevolezza che così come siamo oggi siamo inadeguati.
Ripartire da noi, i comunisti, e ripartire dalle lotte e dal conflitto, dalla nostra utilità sociale, è quindi la proposta maturata in questa lunga e intensa settimana di fine agosto per poi costruire un più largo fronte tra tutte quelle forze che sono all’opposizione, nei contenuti e nei fatti, all’attuale rappresentanza istituzionale.
Il campeggio rappresenta dunque non solo un punto da cui partire, ma anche un esempio pratico di come sia possibile costruire un luogo dove spariscono i noi e i voi e dove rimangono solo i noi, noi comunisti.
Sette giorni vissuti insieme, fianco a fianco, in cui abbiamo dimostrato di saperci confrontare e discutere, a viso aperto, ma naturalmente anche di saperci divertire.
L’affiatamento e il desiderio di stare insieme non possono essere relegati a elementi di secondo piano. Pensiamo infatti che questi aspetti siano la cartina di tornasole delle discussioni fatte. In un contesto del genere la gioia data dalla condivisione del tempo e degli spazi risulta evidente poiché alla base del rapporto esiste la condivisione degli ideali e degli obbiettivi da perseguire…
È ora quindi di ascoltare davvero la richiesta di unità, e di metterla in pratica. Lavorando fianco a fianco nelle lotte, nelle occupazioni, nei presidi, nelle vertenze territoriali. Un’unità, quella dei comunisti e degli anticapitalisti, che è stata sperimentata nei territori grazie al lavoro, da mesi, “gomito a gomito”, e che va ancora di più sperimentata in queste prime settimane di conflitto.
A chi ancora oggi sventola lo spauracchio del ’98 diciamo che i giovani come noi nel 1998 erano poco più che bambini e che nelle nostre organizzazioni ci sono compagni e compagne che all’epoca avevano solo 6 anni!
Undici anni (dal ’98 ad oggi appunto) sono tanti, le contraddizioni di quel periodo si sono sfumate e, soprattutto, siamo cambiati anche noi, sono cambiati i nostri partiti. Basti pensare al dato elettorale e alla percezione che esiste di noi nella società, anche nel popolo di sinistra. Dall’8% per cento del 1998 ad oltre il 10 del 2006 di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Ci ritroviamo oggi a rappresentare, insieme, poco oltre il 3%. È quell’ “insieme” che va valorizzato.
Guardiamo con fiducia al futuro, perché ripartire insieme (non certo nella sommatoria sterile dei due gruppi, ma da un percorso unitario partecipato e attrattivo, aperto realmente ai movimenti e a ciò che ci sta vicino) ci fa meno paura.
Nelle lotte di autunno lo dimostreremo.

*Coordinatore provinciale Giovani comunisti/e Livorno
**Direzione nazionale PRC

Fonte: EssereComunisti-Toscana