La questione meridionale è più che mai attuale: lo conferma il Rapporto annuale dello Svimez che sarà presentato questa mattina e del quale ieri sono state fornite alcune anticipazioni. Per il secondo anno consecutivo il Mezzogiorno è cresciuto nettamente meno del Centro Nord e quel che è peggio nel 2005 l’economia ha addirittura fatto un passo indietro in presenza di una occupazione anch’essa in discesa, salvo nel lavoro nero che seguita a aumentare e interessa ormai il 25% dei lavoratori.
La fotografia che scatta il Rapporto mostra un Mezzogiorno in recessione all’interno di un paese che ristagna. Nel 2005, infatti, il pil nelle aree meridionali è diminuito dello 0,3% a causa, soprattutto, delle performance negative dell’industria (-1,3%) e dell’agricoltura (-3,3%). Male l’occupazione che ha visto diminuire di 20 mila unità i posti di lavoro. Il mancato aumento del pil ha impedito la crescita del reddito pro-capite che nel Sud è rimasto a 16.272 euro, il 60,3% di quello delle regioni del Centro-Nord che ammonta a 26.985 euro per abitante.
Quello che emerge dal rapporto è un mezzogiorno poco competitivo e scarsamente integrato con l’estero: Il rapporto mette in luce un Sud poco competitivo e scarsamente integrato con l’estero. Il Sud rappresenta appena lo 0,4% delle esportazioni di merci mondiali a fronte del 3,3% del Centro-Nord. Particolarmente negativo il dato sull’agricoltura, nel 2005 il settore ha registrato una variazione negativa del 3,3% nella produzione e del -1,6% nel valore aggiunto. Sono scesi soprattutto i prezzi dei cereali (-17,5%), quelli del vino (-20,6%) e degli agrumi (-8,1%). Anche il comparto industriale ha subito un caduta: lo scorso anno il Pil dell’industria in senso stretto è sceso del 3,1%, a fronte di un più contenuto calo del Centro-Nord(-1,9%). In controtendenza rispetto alla media nazionale soltanto le produzioni di minerali non metalliferi (+12,1%), cioè la raffinazione di petrolio e la fabbricazione dei prodotti in metallo (+7,3%).
Non va, ovviamente, meglio sul fronte dell’occupazione caratterizzato anche da un basso tasso di attività: nel 2005 il Sud ha perso 20mila posti di lavoro (a fronte di un aumento di 179mila unità nel Centro-Nord) che salgono a -69mila se si considera anche il periodo 2002-2005. Spina nel fianco, il sommerso, che colpisce quasi 1 lavoratore su 4 (23%), percentuale che scende al 10% nel Centro-Nord. I lavoratori irregolari al Sud sono 1 milione 540 mila. Altro dato allarmante è quello sull’emigrazione: nel 2005 sono partite dall’area 57mila persone, provenienti dalla Campania per il 53% e dalla Sicilia per il 18%. Il Nord-Est si conferma la meta principale. Ad emigrare sono soprattutto i giovani laureati. E a proposito di risorse umane e di formazione, il Sud si colloca al penultimo posto nella Ue, sorpassando solo la Grecia. In particolare pesa la scarsità di laureati nelle discipline scientifiche: solo 6 su 100 contro una media europea del 15%. Più in generale, secondo il Rapporto Svimez, il Mezzogiorno è carente nella dotazione di reti e infrastrutture, nella propensione all’innovazione, ricerca e sviluppo, nella vitalità economica del tessuto produttivo. Fatta 100 la media Ue, il Sud è appena a quota 57,6.