«Subito nuove carceri». Ma c’è aria di bluff

«Costruire nuovi istituti di pena per far fronte al sovraffollamento degli istituti penitenziari». E’ la ricetta del Ministro della Giustizia, Roberto Castelli che, in pieno dibattito sull’amnistia, ha annunciato alla vigilia di Natale l’avvenuta aggiudicazione delle gare d’appalto per la costruzione di quattro istituti di pena in Sardegna, per un totale di 1.400 posti dietro le sbarre e una spesa di circa 160 milioni di euro. Forse è soprattutto propaganda perché Castelli, da quando è ministro, le nuove carceri le ha più annunciate che costruite davvero, figuriamoci oggi che il governo e la legislatura sono agli sgoccioli. L’immagine del leghista legge e ordine, che strepita invariabilmente più galere, costa meno di zero, mentre per tirar su nuove opere bisogna passare per le maglie strette delle leggi finanziarie e per i controlli della Corte dei conti. Il guardasigilli lo sa bene perché la magistratura contabile ha espresso più di una perplessità sulla Dike spa che dovrebbe avere un ruolo cruciale nei suoi ambiziosi piani di edilizia carceraria. Così, al ministero della giustizia, nulla sanno dire sulle gare aggiudicate per i nuovi istituti in Sardegna e dei tempi di costruzione. Ai posti che si creeranno, peraltro, dovranno sottratti quelli vecchi, circa settecento (Tempio Pausania, Cagliari, Oristano e Sassari, ospitano 700 detenuti sui 1.900 della Sardegna), per cui la capienza delle carceri sarde aumenterà al massimo della metà di quanto dichiarato.

La costruzione di nuovi istituti in Sardegna è prevista sin dal 2001 quando l’allora ministro della giustizia Piero Fassino li inserì nel piano ordinario di edilizia penitenziaria. Da allora, con il nuovo governo di centrodestra, molti annunci a scadenza più o meno regolare. Nell’estate del 2002 il ministro Castelli prometteva: «La Sardegna è in cima alla priorità del piano per la nuova edilizia». Nel 2003 il sottosegretario alla difesa Difesa Salvatore Cicu assicurava l’avvio della «realizzazione di un nuovo e moderno carcere» a Cagliari. E infine nel settembre 2004 il deputato di Forza Italia Giovanni Marras annunciava per i primi mesi del 2005 l’iniziodei lavori per i nuovo carcere di Oristano. Ma nel frattempo le risorse per la costruzione dei nuovi istituti in Sardegna, rispetto ai 180 milioni inizialmente stanziati, si sono ridotte di circa 36 milioni di euro.

Ora qualcosa si muove, ad agosto il vecchio carcere di Tempio Pausania (appena 10 detenuti presenti) è stato chiuso e si aperta una discussione sulla cessione a privati del vecchio istituto del Buoncammino di Cagliari. Come previsto dal piano dell’edilizia penitenziaria, infatti, alla costruzione di nuovi istituti segue la cessione di quelli vecchi, spesso edifici storici, a privati. Una mozione contro la cessione dell’istituto a privati è stata presentata dalla Margherita in Consiglio Comunale a Cagliari e sostenuta anche da esponenti del centrodestra.

E ci si è messa anche la corte di conti evidenziando, nel rapporto del giugno 2005, le ambiguità dell’affidamento alla Dike Spa, società a sua volta controllata dalla Patrimonio Spa, della dismissione del patrimonio penitenziario. La Corte ha criticato l’attività programmatoria nel settore dell’edilizia penitenziaria, ritenendo che abbia «indebitamente disatteso le disposizioni sulla programmazione dei lavori pubblici». Il ministero della giustizia, osservano i magistrati contabili, tra l’altro non presenta studi fattibilità e preventivi e la mancata applicazione della normativa sui lavori pubblici al settore dell’edilizia penitenziaria è definita «oggettivamente priva di giustificazione».

Ma non solo, l’affidamento dei compiti di attuazione del programma di dismissione e acquisizione, con convenzione decennale, alla Dike Edifica Spa «non risulta formalmente approvata né sottoposta al controllo della Corte dei conti». L’affidamento alla stessa Dike di compiti di progettazione e realizzazione interviene in competenze che la legge riserva al ministero delle infrastrutture, creando un rapporto giuridico non definito. Infine la corte indica un problema di trasparenza nella sottrazione degli atti programmati alle forme di pubblicità previste dalla legge. Non sono nemmeno inviati all’Osservatorio sui lavori pubblici, rendendo così impossibile un controllo in tempo reale sulle opere che si realizzano.