«Strana» indipendenza che divide l’Onu

Nel fragore del silenzio dei media, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha constatato in questi due giorni di «audizione» le sue profonde divisioni sullo statuto finale del Kosovo, cioè sull’«indipendenza controllata» proposta dal «mediatore Martti Ahtisaari. Ora l’Onu dovrebbe «inviare una missione in Kosovo e Serbia in questo mese» ha detto alla fine l’ambasciatore britannico Emyr John Parry, alla luce dello scarso consenso trovato. La Russia di fatto conduce l’opposizione al piano del «mediatore» dell’Onu, mentre americani ed europei occidentali, molto divisi fra loro, sono favorevoli.
Il Consiglio ha prima sentito Ahtisaari, poi l’ex premier serbo Vojislav Kostunica che, con il presidente serbo Boris Tadic, è risolutamente contrario all’indipendenza del Kosovo, e il presidente kosovaro-albanese Fatmir Sejdiu, naturalmente favorevole. Kostunica ha insistito su un punto: «Così si toglie alla Serbia, un paese riconosciuto all’Onu, il 15% del suo territorio» considerato «irrinunciabile» da tutti i serbi ora anche per la nuova costituzione. E Mosca ha trovato l’occasione per entrare in scena, perfino sollecitata dall’omelia di Pasqua del patriarca ortodosso di Belgrado Pavle. L’ambasciatore russo Vitaly Churkin ha reiterato che il piano di Ahtisaari ha per principale difetto quello di non essere accettato dalle due parti e ha accusato il «mediatore» di «non aver voluto trovare un compromesso». Kostunica ha ribadito la richiesta di nuovi negoziati tra serbi e kosovaro-albanesi, chiedendo però la sostituzione di Ahtisaari: «Se c’è una nuova missione deve cambiare l’incaricato», ha detto.
Il fatto è che la divisione era annunciata dal momento in cui era stata affidata a Martti Ahtisaari la «mediazione» – strana, per uno che è da sempre a favore dell’indipendenza e che nel suo «piano» non cita nemmeno l’attuale sovranità della Serbia sul Kosovo secondo la risoluzione 1244 dell’Onu che assunse la pace di Kumanovo che nel giugno del 1999 pose fine alla guerra di raid aerei della Nato. Così, nonostante il fallimento a Vienna dei colloqui diretti tra Belgrado e Pristina e l’aperta contrarietà della Serbia, gli Stati uniti e l’Unione europea, non hanno deflettuto, riproponendosi nel ruolo nefasto di chi ha partecipato alla guerra balcanica con le concessioni delle indipendenze proclamate su base etnica – Slovenia e Croazia – già nel 1991. E ora si avvia a confermare una nuova indipendenza su base etnica, quella albanese del Kosovo. E nonostante che l’Unione europea debba constatare un’altrettanto profonda divisione al suo interno: infatti non sono convinti del «precedente» dell’indipendenza che il piano Ahtisaari propone, quando non dicono apertamente no, la Spagna alle prese con i nodi interni dell’indipendentismo basco e catalano, la Grecia sulla quale insiste la questione albanese e quella irrisolta macedone, Cipro che ancora si scontra con Cipro Nord, e la Slovacchia che affronta la questione della minoranza ungherese e che è anche membro permanente del Consiglio di sicurezza, anche se non con diritto di veto. Che cosa dice ora il governo italiano che, pur a favore di un compromesso, insiste senza spiegare perché sull’accettazione dell’indipendenza «controllata»? A cosa è servita la guerra della Nato motivata in chiave «umanitaria» se non a riproporre alla fine un’altra indipendenza etnica. Ora, con il rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero, ha un nuovo ruolo il contingente italiano Kfor-Nato: prima siamo entrati in armi secondo gli accordi di pace, poi abbiamo assistito alla contropulizia etnica arrivando anche a proteggere i monumenti ortodossi – ma ne sono stato distrutti 150 – e le poche enclave serbe rimaste, infine in armi faremo le sentinelle dell’indipendenza etnica albanese. In Kosovo intanto la parola sembra tornare alla violenza, visto che in due settimane ci sono stati sei attentati, dei quali il più grave ancora una volta con l’esplosione di una bomba contro il monastero ortodosso di Decani e un’altro nella Valle di Presevo in piena Serbia. Un segnale pericoloso. Dal Kosovo i Balcani potrebbero trovare un reinnesco di conflitti.