Strage a Najaf, bombe su Falluja

Appelli alla calma e all’unità del popolo iracheno dopo le stragi di domenica tra i fedeli sciiti a Najaf e Kerbala. L’ayatollah al Khalisi: gli occupanti perseguono la guerra civile. Bombardamenti su Falluja, attacchi della resistenza

Apoche ore dalle due tremende esplosioni di domenica che hanno fatto strage, con oltre sessanta morti, nelle due città sante degli sciiti, Najaf e Kerbala, le massime autorità sciite e sunnite – mentre in decine di migliaia partecipavano ai funerali delle vittime – hanno fatto appello alla popolazione perché respinga il tentativo degli ignoti attentatori di suscitare in Iraq una guerra civile che blocchi la sempre più diffusa resistenza all’occupazione. La prima autobomba è esplosa domenica poco dopo l’una alla stazione degli autobus di Kerbala uccidendo una decina tra autisti e passanti. Un’ora dopo, un’altra potente esplosione ha ucciso una cinquantina di persone nella centralissima piazza al Maidan di Najaf dove una gran folla si era riunita per celebrare il funerale di un capo tribù locale. Il governo iracheno collaborazionista ha accusato dell’attentato i gruppi sunniti più radicali facenti capo ad al Qaida soffiando sul fuoco dello scontro etnico mentre i leader sciiti di Najaf e Kerbala, sia quelli dei partiti al governo favorevoli alle elezioni farsa del prossimo trenta gennaio come il partito Al Dawa e lo Sciri (il Consiglio supremo della rivoluzione islamica in Iraq), sia quelli che hanno assunto una posizione astensionista come il movimento radicale di Moqtada al Sadr o l’Iraqi National Foundation Congress (composto da 75 movimenti, partiti, associazioni sciite, sunnite, turcomanne, kurde, laiche, nazionaliste arabe e di sinistra) hanno accusato della strategia della tensione in Iraq gli stessi servizi segreti americani e israeliani. Rifiutando ogni etichetta confessionale applicata agli eventi iracheni (sciiti per le elezioni, sunniti contrari) lo stesso ayatollah Jawad al Khalisi dell’Iraqi National Foundation Congress, in questi giorni a Roma, ha ricordato ieri come i problemi di fronte ai quali si trova la popolazione irachena siano di natura politica con profonde radici nell’occupazione americana e non religiosa. Prova ne sia che gli sciiti sono presenti in tutto l’arco politico iracheno, spesso in contrasto tra di loro: da quelli al governo (il premier Iyad Allawi da una parte lo Sciri e Al Dawa dall’altra, il Pc su una terza posizione), a quelli favorevoli al boicottaggio (nel già ricordato INCF, ma anche nei partiti nazionalisti arabi e in quelli riformisti, o nel movimento di Moqtada), ai militanti delle organizzazioni che invece portano avanti direttamente la guerriglia contro le forze di occupazione.

Un appello a non dividersi attorno al tema delle elezioni è giunto anche, inaspettato, dallo stesso ex presidente iracheno Saddam Hussein che, incontrando per la prima volta dal suo arresto ad opera delle truppe di occupazione, un anno fa, il suo avvocato Khalil Al Dulaimi, per circa quatttro ore, ha invitato alla responsabilità i leader religiosi del paese e invitato la popolazione a «stare in guardia rispetto alle elezioni». Intanto la guerra di guerriglia infuria praticamente in tutto il paese. I difensori della città di Falluja continuano ad impegnare le truppe di occupazione nonostante i pesanti bombardamenti dell’aviazione americana che anche domenica e ancora ieri ha colpito il sud della città dalle dieci del mattino alle due del pomeriggio. Nel corso dei bombardamenti sui quartieri di al Jolan e Al Shuhada le forze americane hanno lanciato decine e decine di bombe a frammentazione e a biglia. Sette in una sola strada che hanno rilasciato centinaia di micidiali ordigni. Nell’attacco sarebbero stati uccisi una decina di difensori. A sua volta, per alleggerire la pressione sui difensori, la guerriglia irachena dai villaggi attorno alla città ha bombrdato con razzi Grad e mortai da 120mm le postazioni americane nella zona nord di Falluja nei pressi della vecchia stazione ferroviaria e del ponte Ash Shurk. Duri combattimenti si sono registrati anche a Baghdad dove un centinaio di resistenti iracheni autodefinitisi «gli squadroni di Hayzun», appoggiati dal fuoco dei mortai del gruppo «Khalid ibn al-Walid» hanno attaccato alcune postazioni Usa a difesa della prigione di Abu Ghraib nella notte tra sabato e domenica. Nel corso dell’attacco sarebbero stati uccisi una ventina di guerriglieri e un numero imprecisato di soldati Usa e di militari governativi. In un loro comunicato gli attaccanti hanno detto anche di aver preso alcuni ostaggi americani per liberare i quali hanno chiesto la liberazione di una trentina di donne rinchiuse nel carcere. Sempre più difficile per le truppe di occupazione la situazione a Mossul, capitale del nord, dove ormai gran parte della città è in mano agli insorti. Da più parti si teme che dopo Falluja ad essere rasa al suolo potrebbe essere proprio la famosa città dal campanile pendente sulle rive del Tigri.