Storace: «Cambiamo la legge 180»

Dopo la 194, la 180. Dopo l’attacco alle donne e alla possibilità offerta loro dalla legge di fare ricorso all’interruzione di gravidanza, adesso nel mirino sono finiti i diritti delle persone affette da una malattia mentale, quei «matti» che la destra più reazionaria vorrebbe tornare a chiudere dentro un manicomio. E’ questa l’ultima uscita del ministro alla Salute Francesco Storace, che a meno di quattro mesi dalle elezioni ha annunciato ieri di voler «mettere mano» alla legge simbolo dell’antipsichiatria, quella 180 conosciuta anche come legge Basaglia, dal nome dello psichiatria che 27 anni fa si battè per la sua approvazione e che portò alla chiusura dei manicomi nel nostro paese. Il governo «metterà mano alla legge 180, perché si tratta di dare una prospettiva di sicurezza alle famiglie» ha detto ieri Storace, precisando che non è però sua intenzione «toccare l’impalcatura della legge». «Tuttavia – ha aggiunto – ci sono cose che dopo trent’anni vanno ridiscusse». Parole che non mancano di suscitare polemiche anche dure nei confronti del ministro, accusato da più parti di aver sollevato un problema solo a fini elettorali e perdipiù senza aver prima ascoltato le persone – famiglie, ma anche esperti – direttamente interessate. Una valanga tale di critiche da costringere, nel pomeriggio, il ministero a una rettifica che suona come una secca frenata rispetto al progetto annunciato. «Le affermazioni rilasciate oggi sulla legge 180 – è scritto nella precisazione – si riferiscono evidentemente a ipotesi di programma per il futuro, che saranno precedute da un’ampia, seria e approfondita consultazione con tutti i soggetti interessati».

Che l’uscita del titolare della Salute sia soprattutto una manovra elettorale, ci sono pochi dubbi. Lo scioglimento delle camere è già fissato infatti per il prossimo 29 gennaio e il governo non avrebbe materialmente il tempo di modificare la 180 neanche se tutta la maggioranza fosse d’accordo con Storace (e non è così, visto che oppositori al progetti del ministro ci sarebbero anche all’interno della stessa An). Dunque il riferimento a un problema pure reale, come le situazioni di disagio e sofferenza vissute dai familiari di molti malati psichici, è suonato ieri ai più come puramente strumentale. Del resto, e forse non a caso, Storace si guarda bene dall’entrare nei particolari dell’eventuale riforma di una legge che in Italia riguarda 600 mila malati gravi, 50 mila dei quali resistenti alle cure. L’unico disegno di legge di modifica della 180 discusso in questa legislatura è quello presentato dalla deputata di Forza Italia Maria Burani Procaccini. «Una legge che rilancia le strutture private come luoghi in cui effettuare il trattamento sanitario obbligatorio, ma soprattutto che consente ricoveri coatti senza limite di tempo», attacca il presidente nazionale di Psichiatria democratica Rocco Canosa. «Di fatto sarebbe un ritorno in breve tempo agli ospedali psichiatrici e un attacco alle libertà personali».

Non la pensa diversamente neanche Rosi Bindi, che in passato ha difeso senza riserve la 180. L’ex ministro della Sanità, oggi esponente della Margherita, prima ironizza: «Ieri la 194, oggi la 180: Storace gioca a tombola». Poi, più seria: «E’ solo propaganda elettorale, perché Storace non parla della 180 come ha parlato della legge sull’aborto, perché non dice che la legge va applicata? Gli desse i finanziamenti di cui c’è bisogno e vedrà che la legge funziona. Sono i detrattori della 180 che non la fanno funzionare». D’accordo con Storace si è detto invece il sottosegretario alla Salute Elisabetta Casellati: «Quello che è mancato – spiega – è stato un aiuto alle famiglie che accoglievano i loro cari all’uscita dall’ospedale; famiglie impreparate a fornire un adeguato sostegno e sulle quali esclusivamente pesava il carico assistenziale dei loro malati». Divise, infine, le associazioni dei familiari dei pazienti psichiatrici: mentre l’Arap, l’Associazione per la riforma dell’assistenza psichiatrica, plaude all’annuncio del ministro, per l’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale si tratta solo di «una sciocchezza» motivata «da ragioni elettorali».