«È stata la giornata più significativa nella storia della pena di morte in America» esulta Jamie Fellner, dell’organizzazione Human Right Watch riferendosi al notevole uno-due subito venerdì da questa pratica cui gli Stati uniti sono tanto affezionati. Ma forse il suo entusiasmo è eccessivo. Ciò che è accaduto è che nel giro di poche ore c’è stato il governatore della Florida Jeb Bush – fratello del presidente che quando era governatore del Texas batté tutti i record di esecuzioni – ha sospeso tutte le esecuzioni in programma dopo che l’ammazzamento di Angel Diaz di mercoledì aveva preso un andamento da film dell’orrore (32 minuti di agonia prima che il condannato venisse dichiarato morto) e c’è stato un giudice federale che ha sentenziato che il sistema dell’iniezione letale in vigore in California viola il dettato costituzionale che proibisce le punizioni «insolite e crudeli».
Dei due stati il record peggiore dal punto di vista numerico è la Florida, che da quando la pena di morte fu ripristinata nel 1976 ha ammazzato 64 persone, contro le 13 della California, ma dal punto di vista della inumanità delle esecuzioni sono alla pari, visto che il sistema dell’iniezione letale è sostanzialmente lo stesso: primo, un anestetico; secondo, una sostanza paralizzante che impedisce al condannato di muoversi e di parlare; terzo, una dose di cloruro di potassio che causa l’arresto del cuore.
Negli ultimi anni questa era sembrata la soluzione per aggirare quel fastidioso articolo 8 della Costtiuzione (appunto la proibizione delle punizioni insolite e crudeli), tanto che la Florida a un certo punto ha deciso di adottarlo rinunciando alla sedie elettrica (dopo che durante l’esercizio delle sue funzioni si era incendiata, per cui il condannato era stato giustiziato «tramite arrostimento»), la stessa cosa ha fatto il Texas che ha chiuso la camera a gas e a a ruota altri. In pratica, nel corso degli anni ’90 tutti i 36 Stati che nella loro legislazione contemplano la pena di morte sono passati all’iniezione letale, che era quanto di più «umano» i loro legislatori potessero immaginare per togliersi dai piedi quegli avvocati che con l’articolo 8 riuscivano spesso a ottenere rinvii delle esecuzioni, i quali oltre tutto comportavano anche spreco di denaro.
Ebbene, non ha retto molto neanche l’iniezione letale, almeno così come viene praticata. Prima è arrivato il problema dei medici, che devono essere presenti per assicurare che tutto proceda bene e per dichiarare ufficialmente morto il condannato. Tempo fa alcuni di loro «obiettarono» perché «il nostro compito è di salvare vite, non di porre loro termine». In un primo momento il loro Ordine li sostenne, il dibattito andò avanti e anche se poi una norma che impedisse ai medici quella prestazione non è arrivata, certamente il nuovo sistema «umano» non ne uscì bene. Poi è arrivata la discussione su quanto rispondesse a verità l’affermazione che con quel sistema il condannato «non sentiva nulla» e infine ecco l’uno-due ricevuto venerdì. Le due cose – la decisione di Jeb Bush e la sentenza del giudice Jeremy Fogel, del distretto federale di San José – seguono praticamente lo stesso ragionamento. Bush ha deciso di creare una commissione composta di medici, avvocati, scienziati e ufficiali di polizia, che entro marzo dovrà dire se l’attuale stato delle cose in Florida è all’altezza di quello che il governatore definisce «l’imperativo umanitario costituzionale» e anche quello che ancora lui definisce «il buon senso». Il giudice Fogel – che è arrivato a emettere la sua sentenza dopo 4 giorni di «sedute» in cui ha ascoltato tutti coloro che avevano testimonianze da portare sull’argomento seguiti da una visita al penitenziario di San Quintino per esaminare fisicamente gli «strumenti» – denuncia l’esistenza di un «non dovuto e non necessario rischio di violare l’articolo 8», e questo è «intollerabile in termini costituzionali».
Tuttavia, se è vero che quella di venerdì è stata «la giornata più significativa» sul problema della pena di morte negli Stati uniti, è anche vero che presto potrebbe arrivare una specie di controspinta, grazie proprio alle iniziative di Jeb Bush e del giudice Fogel. Dice infatti il governatore della Florida che a marzo, dopo avere compiuto gli «aggiustamenti» eventualmente suggeriti dalla commissione, la pratica della pena di morte potrà riprendere. E quanto al giudice Fogel, provvede lui stesso a «suggerire» l’aggiustamento. Che sarebbe quello di garantire che il condannato non soffre. Dice infatti Fogel che «per eliminare le preoccupazioni costituzionali basterebbe applicare procedure adeguate e verificabili per assicurarsi che la dose di anestetico che il condannato riceve sia sufficiente». Quattro giorni di discussioni, una visita a San Quintino, lunghe citazioni della Costituzione per concludere con un «dategli un anestetico più forte».