Stipendi fermi nel 2007 per gli italiani

rapporto OD&M consulting 2008: in difficolta’ le donne e chi vive al sud

Stipendi fermi nel 2007 per gli italiani
L’anno scorso è rallentata al di sotto dell’inflazione la crescita delle retribuzioni per quasi tutti i lavoratori

MILANO – Gli italiani hanno le tasche sempre più vuote. A certificarlo arriva il IX Rapporto sulle Retribuzioni degli italiani 2008 realizzato da OD&M Consulting, società di consulenza che ogni anno prepara una ricerca insieme al Sole24Ore. Rallenta infatti nel 2007 la crescita delle retribuzioni di tutte le categorie, in particolare dei dirigenti. Ancora in difficoltà chi vive al Sud e le donne che vedono aumentare il gap retributivo con gli uomini.

STIPENDI – Le retribuzioni medie lorde annue di categoria rilevate a livello nazionale nel 2007 sono risultate pari a: 101.334 euro per i dirigenti; 50.346 euro per i quadri; 25.340 euro per gli impiegati; 21.484 euro per gli operai. A confronto con il 2006 le quattro categorie presentano variazioni molto differenziate, comprese tra lo 0% dei dirigenti e il +3,1% dei quadri. Nello stesso periodo l’inflazione, misurata dall’Istat, è stata del +1,8%. Hanno quindi avuto incrementi inferiori a quelli dei prezzi le retribuzioni dei dirigenti e degli operai (+1,1%). Hanno guadagnato potere d’acquisto invece le retribuzioni dei quadri e degli impiegati (+2,5%). Considerando tuttavia l’inflazione dei beni ad alta frequenza di consumo (+2,9% nell’ultimo anno), anche gli impiegati perdono potere d’acquisto.
Nel 2007 inoltre si è delineata una situazione di forte rallentamento della crescita retributiva già riscontrata durante gli ultimi mesi dell’anno precedente. Si è interrotta infatti una serie positiva che dal 2003 al 2006 ha portato le retribuzioni a crescere in maniera sensibile, tanto da stazionare al di sopra della soglia dell’inflazione.

LE RETRIBUZIONI SUL TERRITORIO – Anche l’anno scorso gli stipendi hanno fatto registrare differenti livelli sul territorio. Fra dirigenti, quadri e impiegati i valori retributivi più alti si registrano al Nord Ovest, i più bassi al Sud. Il Centro è l’area che ha maturato nel corso del 2007 gli incrementi più bassi per tutte le categorie d’inquadramento. Il Nord Est prosegue invece il percorso di avvicinamento al Nord Ovest. Nel 2007 infine i differenziali retributivi tra Nord e Centro-Sud si sono amplificati ulteriormente.

DONNE – Aumenta nel 2007 il divario retributivo fra gli uomini e le donne che però pur presentando una retribuzione costantemente inferiore ai colleghi uomini, hanno riportato nel quinquennio 2003-2007 i trend maggiormente positivi. Nell’ultimo anno, tuttavia, le lavoratrici hanno presentato incrementi retributivi inferiori a quelli dei colleghi uomini, in particolare per operai e impiegati: la forbice strutturale tra uomini e donne si così è ampliata.

«Prezzi europei
ma stipendi dell’Est
una bomba sociale»

Fabio Sebastiani
Georgiana Baciu è una giornalista romena che vive in Italia. Dal nostro paese invia servizi televisivi sulla situazione politica e sociale e sulla comunità rumena.

La lotta dei lavoratori romeni della Logan-Renault lascia capire che il livello salariale è infimo rispetto ad un costo della vita del tutto vicino ai livelli europei. E’ Così?
Ormai i prezzi in Romania toccano il livello di quelli europei. Abbiamo fatto un confronto con i prezzi della Ipercoop di Milano con quelli di un grande supermercato di Bucarest.

E cosa ne è uscito fuori?
Una situazione piuttosto paradossale. Se prendiamo in considerazione i prodotti di base, ovvero gli alimenti di tutti i giorni, i prezzi sono più alti in Romania che in Italia.

Puoi fare qualche esempio?
Un litro di olio costa lì 2,04 euro mentre in Italia quello più commerciale costa poco meno di un euro. Un chilo di zucchero bianco raffinato qui in Italia costa 0,74 euro mentre in Romania è a 1,50. Su una lista di ventitre prodotti la maggior parte registrano un prezzo più alto lì che qui. A questo punto è normale che i lavoratori vogliano un aumento della busta paga. Il potere d’acquisto non c’è.

Come stanno vivendo i rumeni l’entrata in Europa?
La gente spera proprio di non pagare a così caro prezzo il fatto di far parte dell’Unione Europea. Spera, ma non vede risultati concreti. Vive sulla propria pelle una vera e propria contraddizione. L’integrazione europea dovrebbe portare miglioramenti, ma i conti evidentemente non tornano.

Ciò riguarda anche le tante imprese che si sono delocalizzate nel paese? Vale anche per la Renault?
I lavoratori, come qualsiasi cittadino normale, si chiede ovviamente che senso ha che una grande azienda internazionale come la Renault denunci che questo conflitto con i lavoratori le costerà dodici milioni di euro al giorno. Se confrontiamo questa cifra con l’aumento di 150 euro chiesto dai lavoratori, non converrebbe investire su di loro? A che serve buttare via tutti quei soldi se si può dare subito un aumento?

Il ragionamento, però, mette in discussione il senso stesso della delocalizzazione interamente basato sul minor costo del lavoro…
Probabilmente si, ma la domanda per i cittadini romeni rimane, come rimane per tutti i paesi dell’Unione: ha senso che un investitore italiano invece di avere dipendenti romeni in Italia preferisca spostarsi in Romania? Sì può darsi che ce l’abbia ma dal suo punto di vista. In questo modo ai lavoratori italiani viene tolta una azienda e i lavoratori rumeni in Romania non hanno abbastanza di che vivere a causa dei bassi salari. La situazione è questa.

Le imprese occidentali hanno molti incentivi ad investire in Romania…
Parlo di quello che conosco. Una impresa che arriva da noi paga il terreno pochissimi soldi, oltre agli incentivi fiscali di cui gode per “«investire” in aree meno sviluppate dell’Europa. Nelle campagne c’è l’abbandono perché i giovani sono andati via. Gli anziani rimasti percepiscono una pensione intorno ai 70 euro al mese e quindi vendono i loro pezzi di terra nella speranza di poter avere subito un miglioramento delle proprie condizioni di vita. E’ un circolo vizioso.

Con il risultato di rendere sterili le campagne…
Ciò ha un effetto perverso sull’economia in quanto ci costringe ad importare i generi di prima necessità dall’estero. Il governo rumeno è disperato perché si vede costretto ad importare, ad esempio, dal Bangladesh e dal Pakistan la mandopera di cui hanno bisogno le imprese, sopratutto per quanto riguarda l’edilizia. Nello stesso tempo cerca di far tornare in Romania chi è stato costretto ad emigrare. Ultimamente il governo ha avviato un piano di incentivi che non hanno avuto successo. Il dislivello tra i livelli salariali occidenti e quelli rumeni è ancora troppo alto. E quindi la politica del rientro non scatta. Non esagero se dico che siamo in presenza di una vera e propria catastrofe sociale.

Quale è la reazione dei sindacati?
A dire la verità in Romania i sindacati difendono solo i dipendenti delle grandi aziende. A Timisoara dove c’è un grande numero di aziende italiane non è quasi immaginabile trovare lavoratori iscritti al sindacato. Molti imprenditori italiani non vogliono i sindacati in azienda. In questa condizione il singolo lavoratore è isolato e spaventato. Ho vissuto personalmente il caso di una impresa italiana a 200 chilometri da Bucarest. Un giorno ho ricevuto una segnalazione da un lavoratore rumeno, ma quando sono andata sul posto erano tutti intimoriti, e nessuno ha voluto parlare.

Quale è la realtà delle imprese italiane in Romania?
Le imprese italiane sono ormai quasi ventitremila. Si tratta soprattutto di imprese piccole o medie. Adesso gli italiani sono visti un po’ meglio. Ci sono stati momenti di tensione l’anno scorso in occasione dell’uccisione a Roma della signora Reggiani. Gli italiani in Romania hanno avuto un po’ di paura, ma adesso le acque sono calme. Quello che è importante sottolineare è che le imprese italiane hanno investito nel paese 772 milioni di euro. L’Italia è il principale partner economico della Romania. Ma la differenza tra i due sistemi sociali rimane di trenta o quaranta anni.

Torniamo alla situazione sociale della Romania. Quale è il quadro generale?
Quelli che hanno un parente che lavora all’estero hanno una speranza. Più di metà della busta paga dei migranti arriva come rimessa. Il limite del reddito medio da noi è giunto ormai alla seconda settimana. Se proprio non ce la fai allora ricorri ai vicini. Lo Stato aiuta ma non tutti. Si interviene solo nei casi più disperati. Per esempio, nei paesi di campagna viene dato un bonus di 20-30 euro per riscaldarsi in inverno.

Cosa vuol dire essere giovani oggi in Romania?
E’ molto, molto difficile. Le garanzie richieste dalle banche sono molto dure. I giovani hanno molte strade chiuse. Lo Stato dà un aiuto ma solo per i giovani che si sposano, con incentivi sull’acquisto della prima casa. Per il resto bisogna arrangiarsi e la via più semplice è ovviamente migrare.

27/03/2008