Stazzema, la strage raccontata da Montalbano

La «Lettura per S. Anna» di Luca Zingaretti: testimonianze e documenti in uno spettacolo «civile

EIN, ZWEI, DREI: FEUER!». È il latrato delle SS, in un tedesco sporco e feroce, seguito dal crepitio delle armi automatiche, che il 12 agosto 1944 spararono su 560 donne, bambini e vecchi inermi. Nella piccola chiesa di Sant’Anna di Stazzema riecheggia, e fa
paura. Poi, ad offrire un sollievo momentaneo, come per farsi perdonare la crudezza dell’avvio, arrivano le note di un quartetto d’archi, che si gonfiano di nostalgia dolente. Ma Luca Zingaretti non sarà indulgente. La sua Lettura per Sant’Anna, un’ora densa di testimonianze e documenti, ha portato nel paesino sulle montagne della Versilia più di 500 persone. La pioggia fitta non è riuscita a sabotare la memoria: tra gli spettatori i più fortunati sono stipati in chiesa, ma molti sono rimasti fermi sotto l’acqua, in silenzio, davanti allo schermo montato sul sagrato. Nella chiesina, davanti all’altare, con Zingaretti ci sono Maria Cristina Fioretti, Biancamaria Lelli e Gianluigi Fogacci: racconteranno la strage, ma anche Sant’Anna, la sua gente, la quiete e il dolore che non si è più spento. Immerso in una luce lunare, vestito di scuro, i gesti misurati, Zingaretti dà voce alla storia di un bambino salvato dalla madre: «Colpì con uno zoccolo il tedesco che stava per trovarmi. Fu falciata da una raffica di mitra. Oggi spero che ci sia la pace».
La narrazione fa un salto indietro, dalla penombra affiora un passato che non c’è più. Il ricordo di Sant’Anna, com’era prima dell’eccidio: «La guerra qui è un concetto astratto. La vita è regolata dai ritmi delle stagioni. La vita è il pane che lievita sotto la coperta, la gelata che strina le buttate. Si tira avanti». E la gente «è mite, pacifica e per questo sacra». Poi la voce di Zingaretti ci proietta nell’estate 1944. La luce si fa calda, le note rassegnate dei Crisantemi di Puccini si levano dai violini. Sullo schermo vicino all’altare una cartina e la Linea Gotica in rosso: «La gente si rifugiava sui monti. A Sant’Anna le famiglie accolgono chi bussa alla porta». Spunta l’alba del 12 agosto. Le SS si mettono in marcia prima di giorno, guidate dai fascisti versiliesi con le facce coperte da reticelle mimetiche per non farsi riconoscere. Ma le poche parole che si lasciano sfuggire li tradiscono: «Italiani, che vollero macchiarsi della strage. Vollero, perché non potevano essere comandati». L’eccidio, a colpi di bombe a mano e raffiche di mitragliatrice: «Senza pietà ne ammazzarono di 9 mesi e 97 anni. E dopo l’ecatombe il fuoco, sui corpi straziati, senza riguardo». Le voci dei sopravvissuti si intrecciano ad una poesia di Umberto Saba: la storia di Florinda, che ha perso il marito, 3 figli e 3 nipoti. Cesira, che il giorno dopo aveva ancora il cervello di sua madre sui vestiti. Una donna incinta sventrata, uccisa con un colpo alla tempia. «In piedi, grazie» chiede Zingaretti. Suonano le campane. Ancora la voce di chi non è morto: Enrico, convinto che «perdonare è un credo». Adele, che non può vedere i film di guerra. Gli uomini impazziti di dolore. Uno dei sopravvissuti, Enio Mancini, scivola accanto a Zingaretti: «Prima sognavo. Ora non più. L’odore della carne bruciata mi perseguita ancora». Sullo schermo scorre il testo della sentenza di La Spezia: i nomi dei colpevoli, i dieci ergastoli. Un lungo applauso. In platea il pm De Paolis, che ha ricevuto la cittadinanza onoraria dal comune di Stazzema.