Stati uniti, la difesa che inquina

Negli Stati Uniti un americano su dieci vive a meno di dieci miglia da uno dei siti militari compresi nella lista dei luoghi da bonificare con priorità; e cioè vive nel rischio. Ne parla un lungo articolo pubblicato sul sito www.commondreams.org da Lucinda Marshall, artista femminista, scrittrice e attivista, nipote di una nonna già attiva contro i testi nucleari. Marshall conclude: «Dicendo che ci vogliono proteggere ci uccidono». Il Dipartimento statunitense della difesa è il maggior produttore di inquinamento al mondo: più delle cinque principali aziende chimiche americane messe insieme. «Sversa» pesticidi e defolianti, solventi, perclorato e mercurio; oltre ovviamente al temibilissimo uranio impoverito. Laddove armi chimiche e nucleari sono usate, sperimentate, fabbricate, stoccate, l’impatto sulla salute e sull’ambiente è ricaduto in modo sproporzionatamente grande sulle comunità più povere, persone di colore e comunità indigene. I bambini soffrono in modo particolare perché il loro sistema immunitario non è ancora del tutto sviluppato. Ne sanno qualcosa gli abitanti delle aree che circondano certe basi militari Usa nel mondo. Ma l’articolo parla dei danni «in casa».

Nell’area di San Diego, in California, in 80 anni la marina militare ha creato 100 siti tossici. I pesci della baia hanno livelli elevati di mercurio e sostanze radioattive. Vicino alla stazione aeronavale di Fallon, in Nord Virginia, un’elevata incidenza di casi di cancro e malattie rare è probabilmente imputabile al combustibile dei jet, alle emissioni radiofoniche ed elettroniche e alla contaminazione dell’acqua di falda con materiali radioattivi. Fallon ha la maggior incidenza pro capite di leucemia infantile di tutti gli Stati Uniti.

L’inquinamento nella fase di produzione bellica è egualmente impressionante. Il suolo vicino a una fabbrica che sfornava proiettili all’uranio impoverito a Colonie, New York , conteneva uranio in quantità 500 volte superiori ai valori nomali. Un altro problema sono i siti di eliminazione. Di recente è stato accertato che la baia di Newark nel New Jersey è stata contaminata dalla fabbrica Diamon Alkali che produceva l’agente orange: i pesci presentano i valori di diossina più elevati mai registrati negli animali acquatici – livelli simili garantiscono l’insorgenza del cancro negli umani. Molti abitanti poveri e senzatetto della baia vi praticano purtroppo una pesca di sussistenza. Di recente a Rocky Flats nel Colorado, dove si fabbricavano armi nucleari, secondo la denuncia di un ex agente dell’Fbi le autorità nascondono la contaminazione del suolo e intendono trasformare l’area in rifugio faunistico senza adeguata bonifica: una discarica nociva diventerebbe attrazione per le scolaresche. C’è poi il perclorato, componente tossico del combustibile dei razzi: recenti ricerche ne hanno trovato nel latte delle puerpere in ben diciotto stati. Finisce anche nelle acque di falda, nell’insalate e nel latte. Può provocare ritardi mentali, perdita dell’udito e problemi motori e verbali.

Test nucleari: negli anni `90 Greenpeace ha mostrato la presenza di sostanze radioattive, compreso il plutonio, nelle acque vicino ad Amchitka. Inoltre un rapporto medico ha di recente concluso che le radiazioni ionizzanti sono «la più certa fra le cause ambientali del cancro al seno»; e lo confermerebbe l’elevata incidenza di cancri al seno registrati anche in altre aree dove furono compiuti test.

Ovviamente è l’uranio impoverito a provocare il maggior allarme, e forse la situazione più irreparabile. E’ ormai chiaro che il governo statunitense è da qualche tempo al corrente dei suoi letali effetti: lo gridano gli 11mila veterani della guerra del Golfo del 1991 morti e le decine di migliaia con invalidità permanenti. I veterani hanno contaminato anche le mogli; molti bambini sono nati con malformazioni, cancro e altre patologie. Per non parlare delle vittime civili nei Balcani, in Afghanistan e in Iraq. A Bassora i tassi di cancro infantile sono triplicati dal 1990 e sono migliaia i casi di malformazioni fetali, per gli effetti teratogeni della sostanza.