Io e gli altri compagni dell’Ernesto, una delle componenti di minoranza di Rifondazione Comunista, non saremo presenti agli Stati generali della sinistra. Non lo saremo perché dissentiamo dalla proposta di costituzione del nuovo “soggetto unitario e plurale della sinistra”. E, tuttavia, credo che questa affermazione vada motivata, perché essa non discende da inguaribili propensioni settarie o dalla sottovalutazione dell’importanza dell’unità a sinistra. Le ragioni sono diverse.
In primo luogo, va ribadito, che la costituzione di un nuovo soggetto politico richiede alcune condizioni minime. Per esempio, implica che vi sia un disegno comune intorno ad un obiettivo di fase. Ora, a stare a quanto viene ripetuto dai leaders del futuro soggetto unitario, questo obiettivo appare molto poco chiaro. Alcuni, infatti, sostengono esplicitamente che la “cosa rossa” debba caratterizzarsi per una vocazione di governo, altri, come il gruppo dirigente di Rifondazione Comunista, che tale vocazione non sia necessitata. A tale proposito c’è da chiedersi come sia possibile, di fronte a quanto sta avvenendo, che le forze impegnate nell’operazione non abbiano ancora avviato un confronto esplicito sul nodo del governo.
Una seconda condizione – che a me pare essenziale – è che vi sia un’idea sull’identità del soggetto che si vuole costruire. Sappiamo che soggetti privi di identità o con identità deboli non hanno futuro. La vicenda del PDS ce l’ha dimostrato. E allora, quale è l’identità del nuovo soggetto? Crediamo davvero che una sinistra senza aggettivi – come traspare peraltro dallo stesso simbolo – sia attrattiva? Ne dubito.
Si potrebbero aggiungere altre osservazioni, per esempio relativamente all’impianto politico-programmatico. Come mai molto spesso le forze in via di unificazione si sono divise? Si è trattato di semplici incidenti di percorso o di indizi dell’esistenza di differenze rilevanti? In ogni caso, come si fa ad avviare un percorso di unificazione senza un confronto di merito sui contenuti di una proposta programmatica?
Per tutte queste ragioni a me pare che il progetto non abbia solidi fondamenti ed è per questo che in Rifondazione Comunista, contro ogni logica, si assecondano modelli elettorali pericolosi, nel tentativo di imporre l’unificazione per stato di necessità.
Alla luce di tutto questo, non è allora legittimo ritenere che l’operazione si risolva alla fin fine nella semplice creazione di un bacino elettorale un po’ più grande da spendere nella contrattazione politica? Ma se di questo si tratta, perché impegnarvisi? Se di una sinistra c’è bisogno in questo paese è una sinistra protagonista del cambiamento, con un progetto forte, capace di avviare un processo di ripoliticizzazione a livello di massa, di dare un riferimento alle forze che si muovono nella società. Insomma, c’è bisogno di un soggetto pesante, non di una “sinistra light”.
Per questo e’ mia opinione che l’impostazione vada ribaltata. Lasciando stare costruzioni forzose di nuove forze politiche, occorrerebbe realizzare un tessuto di relazioni e una convergenza sulle cose da fare. Sarebbe più credibile e anche più utile.
*Deputato di PRC-SE
Coordinamento nazionale dell’Ernesto