Statali: rottura e sciopero a maggio

E che sciopero sia. Il gioco delle tre carte praticato sul testo della direttiva ministeriale all’Aran – contenente le linee guida per il rinnovo dei contratti in tutti i comparti del pubblico impiego – ha provocato un terremoto nelle relazioni sindacali con il governo, «datore di lavoro» del settore. Quella direttiva – dicono Cgil, Cisl e Uil – «tradisce i contenuti delle intese raggiunte il 4 e 6 aprile». In particolare, è fuori da ogni accordo «l’indicazione di un tetto massimo di incremento salariale, comprensivo anche della contrattazione integrativa». Di fatto, si tratta della «sospensione, nella totalità del settore pubblico» del secondo livello contrattuale. Una violazione anche rispetto al modello in vigore dal luglio ’93. Leggendo attentamente il testo, Salvatore Bosco, della Uil, ha scoperto che anche le risorse economiche sono inferiori a quanto stabilito al tavolo: si tratterebbe sulla base di soli 92 euro, non dei 101 annunciati. L’incontro immediatamente avuto ieri con il ministro della funzione pubblica, Luigi Nicolais, è andato «malissimo». Per Carlo Podda, segretario generale della Fp Cgil, «la situazione è grave, i contratti che sembravano a portata di mano si sono allontanati». Rino Tarelli, della Cisl, rincara la dose: «il rapporto con il governo è in crisi, c’è una questione di affidabilità tra le parti che investe le stesse confederazioni». Che lunedì, in una conferenza stampa nella sede della Cisl, peseranno la gravità dell’«incidente di percorso» nel cammino di una concertazione che, per ora, è dichiarata ma per nulla praticata.
La conseguenza immediata è perciò la conferma dello sciopero. Ma qui si vede anche quanto grande era la speranza che questo governo si sarebbe comportato in modo diverso dal precedente: la mobilitazione prevista per il 16 aprile era infatti dichiarata, ma non effettivamente preparata. Pertanto, i sindacati confederali sono stati costretti contestualmente a rinviarlo a metà maggio, in modo da avviare concretamente le procedure (assemblee, prenotazione di pullman e treni, ecc). Uno shock inatteso che azzera la credibilità dei ministri intervenuti, a partire proprio da Nicolais, il quale – fino alla sera prima – giurava che nella direttiva non era previsto alcun blocco della contrattazione integrativa.
Per i sindacati di base presenti nel settore l’occasione per rivendicare di aver visto giusto e prima – rispetto ai confederali – era ghiotta; e non se la sono lasciata scappare. Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas della scuola, ironizza sul fatto che «Cgil, Cisl e Uil hanno dovuto riconoscere che l’accordo stipulato con il governo la settimana scorsa è una maxitruffa» e conferma lo sciopero già indetto per l’11 maggio («per un contratto vero, un salario europeo, la stabilizzazione dei precari»). Per l’SdL i confederali «si trovano di fronte ad un ulteriore sgambetto da parte del governo amico che, incassato l’effetto annuncio della firma del contratto, si inserisce nelle ambigue pieghe del testo sottoscritto cercando di portare a casa un’interpretazione ulteriormente restrittiva». La Cub-RdB, che aveva siglato soltanto la parte economica dell’accordo, invita i confederali a «farlo, questo fantomatico sciopero contro il ‘governo amico’», anche se «il problema è la filosofia del ‘memorandum’, ora introdotta nella direttiva per il rinnovo dei contratti».