Statali precari, giornata decisiva

Nella vertenza che riguarda «gli statali» – dizione imprecisa usata per comprendere chiunque lavori nella pubblica amministrazione, dai ministeri centrali alle Regioni, province e comuni – ci sono tre problemi principali: ben distinti, ma in vario modo collegati. Il primo e più generale concerne il rinnovo del contratto, scaduto ormai nel dicembre 2005 e velenosamente lasciato in eredità da Berlusconi ai suoi successori. Non è affatto chiaro, al momento, se siano state assegnate le risorse finanziarie necessarie al rinnovo. Il ministro della funzione pubblica, Luigi Nicolais, assicura di sì; il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, si fida quasi senza riserve; Luigi Angeletti (pari grado in Uil) non si fida molto e Carlo Podda, segretario di categoria in Cgil, ancora meno. Tutti e tre – insieme agli altri sindacalisti di varie sigle presenti all’interno del comparto – attendono lumi dall’incontro convocato per stamattina a palazzo Fidoni, sede del ministero. Nel pomeriggio ne parleranno però in dettaglio col ministro dell’economia, Tommaso Padoa Schioppa.
Il «tavolo» mattutino, come si dice in gergo, serve a dibattere soltanto le strategie di superamento della gigantesca precarietà accumulatasi negli uffici pubblici da quando qualcuno ebbe la malaugurata idea di «bloccare il turn over» (vietato assumere in sostituzione di chi andava nel frattempo in pensione) per risparmiare sui costi. Scuola esclusa, si calcola che assommino ormai ad almeno 400.000 persone, presenti al lavoro da più o meno tempo, anche da una decina d’anni. E questo è il secondo, urgente problema. Nicolais illustrerà a tutti i sindacati la bozza delle «direttive» preparate per affrontare il problema. Ha anticipato però che su un punto non ci può esser trattativa: «per me il precario che va stabilizzato immediatamente è quello che ha fatto un concorso pubblico e ha lavorato tre anni in seguito a questo concorso. Non possiamo fare una legge per cui tutti quelli che si trovano a passare dentro un ufficio (sic!) diventano a tempo indeterminato». Su questo è già stato dichiarato uno sciopero generale di categoria – dalla Cub-RdB – per il 30 di questo mese. La ragione è semplice: i precari «vincitori di concorso» ma non assunti sono molto pochi, e in ogni caso per lo stato assumerli è un «atto dovuto». Per tutti gli altri (le centinaia di migliaia) il problema non è saltare a piè pari la procedura concorsuale – altro «atto dovuto», leggi alla mano, per accedere al mitico «posto fisso» – ma prevedere nei nuovi concorsi una congrua valutazione del periodo di lavoro (precario) già prestato. Altrimenti i nuovi concorsi andrebbero a premiare – facile previsione – le orde di «nuovi raccomandati» che ogni partito si porta dietro.
Dulcis in fundo, il «memorandum» sottoscritto tra governo, Cgil, Cisl e Uil; le quali ne chiedono la rapida attuazione, mentre tutte le altre sigle rilevanti – dalla Dirstat alla RdB – sono pronte a scioperare se ciò avvenisse. La divisione sindacale corrisponde a collegamenti politici differenti, a posizioni di privilegio consolidate nel tempo (tutte le sigle «professionali») oppure ancora alla prassi alternativa del sindacalismo «di base». Una pluralità che non sempre diventa ricchezza e che fa prevedere una vertenza non brevissima.