Sotto Assolombarda

Sui vetri dell’Assolombarda le uova fanno splash e qualcuno da dietro grida «Tirate le galline». Arrivano, invece, un paio (non di più) di bulloni, di fronte all’ingresso – sbarrato da una saracinesca d’acciaio che neppure un caterpillar riuscirebbe a scardinare – si crea un po’ di parapiglia, i caschi blu fanno cordone, il segretario della Fiom Maurizio Zipponi invita alla calma. Tutto qui quel che alcune agenzie hanno enfaticamente definito un «tentativo di irruzione», per altro impossibile. Diecimila metalmeccanici hanno rumorosamente manifestato ieri mattina nel centro di Milano e presidiato la sede degli industriali in via Pantano. Era l’ultimo avviso per la giunta di Federmeccanica che, riunitasi nel pomeriggio in un albergo milanese, ha deciso di ripresentarsi oggi al tavolo delle trattative per il rinnovo del contratto. Un corteo più robusto e grintoso del solito, «dovevamo fare così fin dall’inizio, scrollarli subito». Un’unica parola «contratto, contratto, contratto» ripetuta dall’inizio alla fine. «Vogliamo rispetto perché siamo la gente che fatica», dice Zipponi chiudendo la manifestazione.

Lungo il corteo le tute blu ci avevano detto la stessa cosa con parole diverse. «Siamo noi che ci alziamo alle cinque e mezza del mattino e andiamo a casa alle dieci di sera per dar da mangiare a loro, anche in Germania c’è l’euro però gli operai tedeschi stanno meglio di noi», si infervora Maurizio dell’Aifo-Iveco. Giuseppe, della Sirti, la prende alla lontana: «Dalle piramidi in poi abbiamo costruito tutto noi. Tirino fuori `sti cento euro. Sono nostri». Sul marciapiede passa una bella ragazza e dal corteo parte il coretto nuda, nuda. «Occhio ragazzi», mette in guardia Giuseppe, «dopo quel che è successo sabato ci penserei due volte. Le donne ci hanno bagnato il naso». Mario, operaio sulla cinquantina alla Kone Ascensori di Pero, di contratti ne ha visti parecchi, «tutti in calando, non danno più valore al lavoro. Eppure siamo noi che facciamo girare il motore».

Marco, invece, è un neo-metalmeccanico, lavora alla Value Team, un’azienda di «consulenza software», ceduta da Telecom. «Al primo anno mi sono beccato 60 ore di sciopero, alè». Gli chiediamo se sa chi è Massimo Calearo. «Cos’è? Un trivial? Un quiz?». «Calearo chi?», reagiscono le impiegate di Banksiel. Proviamo con un aiutino: Calearo, quello che si mette la gommina nei capelli, come facevano i tamarri dieci anni fa. Niente da fare, non ne troviamo uno o una che identifichi il nome misterioso con il presidente di Federmeccanica, controparte in una vertenza che va avanti da 13 mesi. Uno si è «fermato» a Pininfarina figlio. Un altro sostiene che «i nomi non contano, tanto i padroni sono tutti uguali». Ignorare nome e volto del proprio avversario conferma che tra i lavoratori la disinformazione è vasta. Ma segnala anche che il «declino industriale» ha prodotto un reciproco anonimato: non ci sono più né leader operai, né leader dei padroni. Il contratto che, salvo imprevisti, si va a chiudere suggellerà l’incontro a mezza strada tra due parti entrambi deboli.

Oggi Federmeccanica «riparte» da 94,5 euro. Ieri mattina, prima dell’ok della giunta a tornare al tavolo, Maurizio Zipponi sottolineava i due fattori che hanno fatto diventare «difficile» un contratto «semplice» per le richieste. Confindustria è in «profondissima crisi», non rappresenta più le imprese ma i singoli gruppi. Le aziende hanno perso mercato, tecnologia, marchi, brevetti per responsabilità degli imprenditori che, ora, vogliono «far pagare il conto» ai lavoratori.

Una ragnatela di cortei, volantinaggi e blocchi stradali ha coperto ieri l’intera Lombardia. Il metalmeccanici di Brescia hanno bloccato per mezz’ora il casello autostradale della Serenissima. Quelli di Bergamo hanno bloccato la statale Dalmine-Villa d’Almé e il Rondò delle Valli. A Monza le tute blu hanno invaso i binari della stazione. Lo stesso è successo a Lecco. I metalmeccanici della provincia di Varese hanno bloccato l’Autostrada dei laghi all’altezza di Gallarate. Altri blocchi stradali nel mantovano dove l’adesione allo sciopero di ieri è stata ovunque massiccia. Alla Marcegaglia di Gazoldo un’assemblea dei lavoratori si è prolungata in un blocco dei cancelli che per un paio d’ore ha impedito l’ingresso e l’uscita dei camion.