Sorpasso dei precari

Secondo Unioncamere il 56% dei neoassunti sarà a tempo determinato
Ealla fine, ecco il sorpasso. Tra i 99 mila nuovi posti di lavoro che una ricerca di Excelsior Unioncamere prevede per il prossimo anno, solo 46,5% saranno a tempo indeterminato. Per tutti gli altri sarà impossibile sfuggire dalla maledizione del lavoro precario. Nel 2005 la stessa ricerca registrava una perfetta parita tra i due regimi contrattuali. La precarietà, dunque, è in crescita, almeno nelle speranze degli imprenditori che hanno dichiarato di prevedere nuove assunzioni per il 2007.
La ricerca specifica che i nuovi assunti saranno principalmente diplomati e laureati, localizzati in gran parte nel mezzogiorno (+1,9% è il saldo tra ingressi e uscite, pari a 41470 posti in più rispetto al 2005). Un dato in evidente contrasto con quanto registrato nel rapporto Svimez sul mezzogiorno, che registra una diminuizione di 20 mila posti di lavoro nelle regioni meridionali, e un Pil in discesa (-0,3%).

Le aziende sono particolarmente attratte dai contratti di apprendistato (saliti dal 9,1% al 9,6%), quasi stabile il part-time (sceso dal 15,2% al 14,1%), mentre sembra sempre meno utilizzato il contratto di collaborazione a progetto, sia in valori assoluti (dai 256 mila del 2005 ai 189 mila previsti per il 2006) che percentuali (dal 9,3% al 7,1%).

Secondo il rapporto di Unioncamere, inoltre, la manifattura delle piccole e medie imprese rimane il settore trainante dell’economia nazionale (+3%) mentre si conferma la riduzione di posti di lavoro nelle grandi aziende (-0,2%).

Sui dati interviene anche il ministro del lavoro Cesare Damiano: «Vorrei che nel 2007 il flusso di lavoro a tempo indeterminato tornasse al 50%», annuncia l’esponente del governo, che ricorda come la selettività del cuneo fiscale previsto con la prossima finanziaria servirà per sostenere le imprese disposte ad assumere con contratti a tempo indeterminato. Damiano ha inoltre ribadito che il lavoro precario dovrà costare di più, e che sarà importante procedere ad una restrutturazione del welfare state «perchè c’è bisogno di una rete di protezione sociale che tenga dentro il lavoro fisso e quello flessibile».