Soldi e soldati

Dopo la comprensibile ventata al ribasso, le borse si muovono con cautela. La Federal Reserve ha ridotto il tasso di sconto, ed è stata seguita con inattesa prontezza dalla Banca centrale europea. Quest’ultima peraltro aveva già provveduto con forniture di credito di emergenza, per tamponare le esigenze più immediate. Non si deve dimenticare che i crolli seguiti agli attacchi terroristici si innestano su un andamento già depresso. I titoli tecnologici avevano già invertito la rotta e mostravano cadute cospicue. Le imprese del settore elettronico, a corto di liquidità, avevano avviato licenziamenti in massa. Fin qui, tutto sembrava ripetere la tradizionale altalena delle economie di mercato: un ciclo espansivo prosegue fino a quando la saturazione del mercato del lavoro, l’aumento dei salari, la compressione dei profitti non consigliano di innescare una battuta di arresto. Le autorità monetarie diranno che si tratta di evitare un pericolo di inflazione; gli osservatori aggiungeranno che si tratta di evitare aumenti eccessivi dei salari; come che sia, l’espansione viene arrestata. Questa volta, il ciclo espansivo era stato particolarmente lungo, aiutato non soltanto dalla piena flessibilità vigente negli Stati uniti che consente di assumere e allontanare lavoratori nel giro di ore, ma anche dalla ormai piena globalizzazione del mercato del lavoro che consente di far affluire mano d’opera, anche qualificata, da paesi lontani.
Più difficile prevedere se gli eventi terroristici, al di là dei crolli di borsa, giocheranno a favore o contro la ripresa. E’ evidente che nell’immediato vi saranno settori produttivi danneggiati: il caso delle compagnie aeree, degli operatori turistici, degli albergatori sono già indicati come i più acuti. A questi potranno aggiungersi le mille imprese che, nei paesi avanzati, hanno già cominciato a produrre per il grande mercato natalizio. Più incerta la posizione delle compagnie di assicurazione. Se queste dovessero indennizzare tutti coloro che avevano stipulato una polizza sulla vita o contro gli incendi, ciò, grazie ai meccanismi della riassicurazione catena, significherebbe una bancarotta estesa ben al di là degli Stati uniti (è rimasto famoso nella storia il caso del terremoto e susseguente incendio disastroso di San Francisco del 1906, che provocò il fallimento di compagnie di assicurazione anche in Europa).
Oggi Bush, più o meno consapevolmente, sta dando una mano agli assicuratori, e afferma che l’attacco terroristico non ha la natura di brigantaggio ma rappresenta un autentico atto di guerra (anche se non ha precisato da quale Stato provenga). Se questa interpretazione venisse avallata dai tribunali, gli assicuratori potrebbero probabilmente tirare un respiro di sollievo (mentre i danneggiati dovrebbero sperare soltanto nei soccorsi pubblici).
Di rilievo assai maggiore, il pericolo che gli Stati uniti possano reagire anch’essi con atti di guerra. Qui le prospettive sono ancora più nebulose, dal momento che manca ogni rivendicazione e tutti i possibili sospettati si sono dichiarati estranei all’attacco. Non si può escludere peraltro che Bush miri a proseguire lungo la linea inaugurata dieci anni or sono con la guerra del Golfo. Allora, con la motivazione di intervenire a protezione del Kuwait attaccato dall’Iraq, gli Stati uniti finirono con il trasferire un esercito in Medio Oriente. Porzioni non indifferenti di queste forze armate sono ancora stazionate in quella zona. Oggi potrebbe profilarsi l’occasione per estendere l’operazione e collocare una presenza armata fino al Pakistan e all’Afghanistan. Il collegamento con la presenza militare nei Balcani seguita alla guerra del Kosovo, creerebbe una cintura completa, una nuova frontiera fra oriente e occidente, e al tempo stesso una salda protezione per gli oleodotti che in avvenire dovranno convogliare sulle sponde del Mediterraneo il greggio estratto dal Caspio e dai paesi circonvicini.
Tutto questo vorrebbe dire anche ripresa generale dell’economia. Ne sarebbe sollecitato non soltanto il settore degli armamenti, ma tutto l’insieme illimitato di industrie che riforniscono la truppa americana nei suoi spostamenti. Ma significherebbe anche che la ripresa economica avrebbe scelto la strada peggiore; non più quella del benessere materiale e del riequilibrio sociale, ma quella della guerra e della distruzione.