«Il nuovo soggetto della sinistra deve nascere in tempi non biblici, entro le elezioni europee e in vista delle politiche». Intanto, da subito, è opportuno far nascere in senato «un patto di consultazione permanente» tra Prc, Sinistra Democratica, Verdi e Pdci. Per Giovanni Russo Spena, capogruppo di Rifondazione a palazzo Madama, «uno scatto unitario della sinistra italiana è urgente e indispensabile»: va costruita una «rete» in cui comunisti e non vadano avanti insieme ma con la propria autonomia. «Rossana Rossanda ha ragione – argomenta Russo Spena – se non realizzeremo un’azione comune a partire da alcuni temi di fondo allora ci meriteremo in anticipo l’egemonia del Pd nascituro».
Eri al congresso Ds a Firenze. Che nuovo partito hai intravisto?
Il Pd mi sembra un partito di centro, rispettabile, ma con il quale la sinistra si confronterà sapendo che si tratta di due forze autonome e distinte. L’uscita di tanti – Mussi, Salvi, Angius, settori sindacali e associazioni importanti – dimostra che il progetto di Fassino di costruire una sinistra al suo interno è impossibile. E’ un processo paradossale che risponde alla crisi della politica con la logica separata della politica e vuole governare il presente senza nominare i conflitti o le dislocazioni dei poteri. Usa l’antipolitica per una normalizzazione conservatrice. Rutelli e Marini pensano di mettere uno sbarramento a sinistra e prefigurare – con i due cavalli della riforma elettorale, quello autoritario in parlamento e il referendum – le larghe intese. Non ci riusciranno, ma intanto preparano il terreno per la prossima legislatura.
Basta questo allarme per dare più abbrivio al perenne «cantiere della sinistra»?
La relazione non è automatica ma illudersi sul futuro sarebbe una rovina. Non esistono più rendite di posizione, il confronto va costruito subito altrimenti i processi ci passeranno sulla testa. In questi giorni di campagna elettorale vedo molta speranza e anche un’ansia che non si può disilludere. Ovunque vado c’è qualcuno dei Ds, Prc o Verdi che chiede: che aspettate, voglio tornare a esserci ma questo «cantiere» quando parte?
Sul confronto a sinistra tutti d’accordo. Ma con quali tempi?
I tempi non devono essere biblici ma politicamente definibili entro due scadenze fondamentali: da un lato le elezioni europee dall’altro le politiche. Ovviamente dipendono dalla capacità del nostro confronto e se il governo riuscirà a recuperare consenso e a reggere. E’ evidente che se non lo facesse ci sarà una precipitazione.
E «dove» iniziarlo il confronto?
Il metodo delle «case della sinistra» è giusto. Bisogna partire dal territorio sapendo che si lavorerà sodo e si litigherà. Ma per evitare un dibattito accademico proponiamo alla Sinistra Ds, ai Verdi e al Pdci in senato un patto di cooperazione e consultazione permanente che leghi in modo visibile il nostro confronto all’attualità politica quotidiana.
E’ un «patto» che prefigura un gruppo unico in parlamento?
Adesso è un’ipotesi azzardata ma in prospettiva certamente sì. Per ora facciamo una sorta di laboratorio e di battistrada.
Abbiamo tanto criticato il Pd per l’assenza di contenuti. Vi «consultate» per fare «che cosa»?
Io propongo un impegno comune su tre grandi temi: la politica internazionale, l’uso del maggior gettito fiscale per il risarcimento sociale e infine i costi della politica e la legge elettorale. Dobbiamo agire tutti insieme per la liberazione di Hanefi e denunciare il trattato di cooperazione giuridica con l’Afghanistan. Poi impegnarci per la conferenza internazionale di pace, il no alla base di Vicenza e allo scudo spaziale, su cui presenteremo mozioni comuni già nei prossimi giorni. Subito dopo verrà la delicatissima partita sul «tesoretto», dove pezzi importanti del centrosinistra non sono d’accordo con noi. Soprattutto la politica sociale va fatta insieme, se qualcuno vuole ancora coltivarsi i propri orticelli li bruciamo tutti. In questo senso l’iniziativa di Cossutta è importante, perché ha assunto tutta la necessità di questa operazione.
Per il Prc la Sinistra europea (Se) è un approdo importante e forse perfino storico. Ma in questa nuova fase non è necessariamente anche un punto di partenza?
Certamente. La Sinistra europea non va sottovalutata, la costruiamo in Italia proprio mentre nasce la Linke in Germania. E’ comunque un battistrada, una metafora anticipatrice di questo «cantiere»: mette insieme sindacalisti, socialisti, comunisti, movimenti, associazioni che il 16 giugno avvieranno il percorso costituente. Io penso che è il luogo forse più importante di questo «cantiere» ma di certo non lo esaurisce. Non abbiamo l’arroganza di dire: «l’abbiamo pensata prima, l’abbiamo pensata bene e ora tutti vi aderiscano». D’altra parte però «Se» non può essere considerata un processo che riguarda il Prc e alcuni suoi amici. E’ un metodo: quello del consenso imparato da Genova – o si è tutti d’accordo o non si decide; prevede la pari rappresentanza tra uomini e donne altrimenti si sciolgono gli organismi dirigenti; è un modello a rete e tematico. Insomma, c’è quel po’ di innovazione politica di cui tanto si parla e che tutti vogliamo in agenda.
E i movimenti, che spesso ora vi riservano più fischi che applausi?
Penso che parti interessanti del movimento si stiano auto-isolando. Il «cantiere» di una forza di sinistra che raggiunga una vera massa critica può aiutare anche le soggettività sociali che non ne faranno parte. Fischiare chi ti sta vicino è una ripetizione caricaturale del passato e non risolve i problemi.