Soffia il vento della repressione anticomunista

“Vi scriviamo per informarvi dell’ultimo attacco del potere dello Stato contro l’Unione Comunista della Gioventù (Ksm) e contro il movimento comunista in generale»: così inizia un appello della gioventù comunista, pervenuto in questi giorni dalla Repubblica Ceca. Il testo prosegue denunciando l’iniziativa del ministro degli Interni dello stesso Paese che, sulla base di un rilievo pretestuoso (lo sconfinamento contra legem dell’attività dell’associazione entro finalità di competenza dei partiti), minaccia di rendere illegale il Ksm a partire dal prossimo 31 dicembre 2005. Si tratta di un fatto gravissimo, i cui effetti politici esorbiterebbero dai confini della Repubblica Ceca per investire le responsabilità dell’intero continente europeo: è evidente che l’Europa non potrebbe chiamarsi fuori da una vicenda che incrina pesantemente il profilo democratico di uno Stato ad essa così strettamente omogeneo per cultura e istituzioni.
Sul piano tecnico-formale, la strumentalità di tale intervento è palese: il campo d’azione del Ksm non differisce infatti da quello di altre organizzazioni giovanili che operano nella Repubblica Ceca (Giovani Conservatori, Giovani Socialdemocratici, Giovani Cristiano-Democratici ecc.). Il punto vero è che il Ksm fa riferimento ad un partito comunista – il Partito Comunista di Boemia e Moravia (Kscm) – che nel suo Paese raccoglie un quarto dei voti dell’elettorato, attestandosi a secondo partito dell’arco parlamentare, ed è di fatto uno dei più forti partiti comunisti d’Europa.
L’obiettivo dunque di tale censura giuridica sono i comunisti in quanto tali; ed essa si inserisce nel quadro di un piano di criminalizzazione dei comunisti. Al riguardo, le notizie contenute nell’appello e quelle riportate dalle recenti agenzie di stampa sono più che preoccupanti. Nell’ultimo anno si è infatti intensificata una feroce campagna tesa a porre all’indice le idee e il movimento dei comunisti nonché la stessa parola “comunista”, fino a rendere illegale l’uso stesso dei simboli della falce e del martello: questo è stato il fine dichiarato di una petizione lanciata da due senatori di destra (dal significativo titolo “Aboliamo i comunisti”), la quale ha aperto la strada ad una proposta di legge, già in discussione nel Parlamento ceco, che – mettendo il comunismo sullo stesso piano del nazi-fascismo – ne condanna qualunque eredità ed attuale operatività politica. Va ricordato che Vaclav Havel aveva già emanato nel 2000 una legge, peraltro rimasta non operativa, in cui erano dichiarate illegali quelle forze politiche che mirassero a rivolgimenti rivoluzionari di carattere nazista o comunista.
In un tale clima da crociata maccartista, non sorprende il coinvolgimento della sedicente “associazione umanitaria” People in Need-Czech Republic, che al pari di altre simili organizzazioni attive da qualche tempo nell’Est europeo (per lo più lautamente finanziate da organismi statunitensi) non ha perso tempo nell’azione di propaganda del revisionismo storico, finalizzata all’equiparazione di comunismo e nazi-fascismo: va notato in proposito che persino una parte dell’ex dissidenza ha rifiutato di applicare alla storia cecoslovacca la nozione di “genocidio”, pertinente alla tragedia dell’Olocausto. Ciò tuttavia non ha impedito il moltiplicarsi di proposte di modifica della normativa e dello stesso Codice penale ceco, che vanno nella direzione di una sostanziale messa al bando dei comunisti.
Accadimenti come quelli appena descritti non sono una novità, purtroppo, per la democratica Europa. Sin dal dopoguerra, dopo la metà del secolo scorso, abbiamo dovuto assistere alla messa fuori legge del Partito comunista tedesco (Kpd); e, poi, all’emanazione del Berufsverbote, la legge che impediva ai comunisti l’esercizio di professioni pubbliche, oggi congelata seppure ancora vigente. Ma, negli ultimi tempi, c’è stata un’ulteriore accelerata involuzione. Il vento della repressione anticomunista ha ricominciato a soffiare forte a Est, ad esempio nelle Repubbliche Baltiche: e per le strade di Riga sono ricomparse, colpevolmente tollerate, le bandiere con la croce uncinata. Recentemente, la proposta della messa al bando dei simboli della falce e del martello è perfino arrivata al Parlamento Europeo.
Lasciando ai rigurgiti reazionari le strumentali riscritture della storia e rivendicando il valore etico e politico della liberazione dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, proprio degli ideali dei comunisti e di quanti si sono battuti e continuano a battersi per una società più giusta e solidale, è oggi importante manifestare una concreta solidarietà ai giovani compagni del Ksm e in generale ai comunisti di Boemia e Moravia. Ciò va detto nella convinzione che non possa esservi alcun progresso democratico quando si manipola e confonde il valore dell’antifascismo, cui i comunisti di tutta Europa hanno offerto in prima persona un generoso tributo.