Sintesi delle conclusioni del segretario Paolo Ferrero

Cari compagni e compagne, vista l’importanza della discussione odierna propongo innanzitutto di accettare la richiesta di Leonardo Masella di pubblicare i materiali della direzione su Liberazione .
Ritengo innanzitutto necessario aumentare l’azione di denuncia dei provvedimenti varati dal governo in materia di carta stampata. Siamo di fronte ad una chiara volontà di riduzione degli spazi di democrazia nel campo del’informazione. Una linea che si sposa con la volontà di modificare la legge elettorale per le europee e gli attacchi al diritto di sciopero. Il governo, conscio dell’impopolarità dei suoi provvedimenti vuole tappare la bocca a chi protesta e contro questa volontà dobbiamo aumentare la nostra capacità di denuncia e di protesta. Dovremo muoverci sia con l’azione di denuncia a livello di massa, sia rafforzando i canali di intervento diretto sul piano istituzionale. Non è una battaglia secondaria, tutto il partito deve essere impegnato.
Concludendo questo dibattito voglio fare una prima sottolineatura. Nelle settimane scorse vi sono state molte polemiche attorno alla vicenda di Liberazione . In particolare il partito è stato accusato di essere latitante. Ritengo queste accuse calunniose e destituite di qualsiasi fondamento, in quanto la segreteria del partito ha avuto i dati ufficiali quattro giorni fa. Il Consiglio di Amministrazione dell’Mrc, l’editore di Liberazione si è riunito, per la prima vota dopo il congresso, lunedì 6 ottobre. In quella riunione ha ufficializzato i dati di bilancio relativi a Liberazione . La segreteria ha discusso quei dati e oggi, 10 ottobre, a quattro giorni di distanza, ne discute la direzione nazionale. A me pare difficile pensare ad un iter più rapido e mi pare evidente la strumentalità delle critiche. In ogni caso oggi siamo nella condizione di poter discutere su dati ufficiali e quindi siamo chiamati ad assumere un orientamento chiaro.
L’orientamento che vi propongo – e che è contenuto nell’ordine del giorno distribuito – propone il rilancio di Liberazione , con la precisa indicazione che il bilancio del 2009 sia in pareggio.
Quella che vi propongo è una scelta molto onerosa per Rifondazione, giustificata dalla necessità di avere un giornale e di salvaguardare i posti di lavoro. Infatti, nonostante il bilancio approvato per il 2008 preveda uno stanziamento per Liberazione di 900mila euro, ci troviamo davanti ad un deficit del giornale assai maggiore: siamo almeno al doppio. E’ del tutto evidente che – data la situazione finanziaria del partito – un buco di questa natura può essere coperto una volta sola. Se la situazione attuale dovesse protrarsi nel tempo, questa porterebbe al fallimento non solo il giornale ma anche il partito.
Occorre quindi agire con decisione; per questo l’ordine del giorno chiede all’editore di predisporre un piano di ristrutturazione entro la fine di ottobre. Occorre agire con la massima urgenza perché ogni giorno che passa il buco aumenta. Si tratta di un deficit che è pesantemente aggravato dalla sciagurata normativa sull’editoria varata dal governo Berlusconi – di cui non conosciamo ancora gli effetti precisi – ma che sarebbe comunque assai grave anche a prescindere dalle modifiche di legge. Per questo è necessario intervenire con rapidità e decisione e varare un piano con cui confrontarci con i giornalisti, i poligrafici, le organizzazioni sindacali.
Il piano dovrà ovviamente prevedere una riduzione dei costi ma dobbiamo anche interrogarci sulla crisi delle vendite. Senza scendere – per carità di patria – nei dettagli, ribadisco che dal 2003 ad oggi il giornale ha perso oltre il 30% delle copie vendute. Siamo ben oltre il fisiologico, sia pure in un contesto di crisi dell’editoria, e se vi fossero ulteriori polemiche sui dati, chiederò personalmente a Liberazione di pubblicare i dati nel dettaglio in modo che tutti si possano rendere conto della situazione. Siamo in una situazione gravissima che ci parla di una crisi nel rapporto con i lettori. Al Congresso, di fronte ad un sconfitta elettorale storica abbiamo rivisitato criticamente la linea politica del partito a partire – per quanto mi riguarda – da una radicale autocritica. Ritengo sia il caso di verificare anche l’indirizzo di Liberazione perché mi pare evidente che non funziona. Questa discussione non è all’ordine del giorno di questa direzione; oggi ci occupiamo di bilanci. Mi impegno però ad aprire questa discussione non appena varati i provvedimenti di risanamento.
Voglio solo – da ultimo – toccare brevemente un argomento che molto spazio ha avuto nella discussione, quello dell’autonomia del giornale.
Intanto sgombriamo il campo dagli equivoci. Per quanto mi riguarda non è in alcun modo in discussione l’autonomia dei giornalisti. Un giornalista nell’esercizio della sua professione o è autonomo o non è un giornalista. Così come è evidente che il giornale nel suo farsi quotidiano deve avere una sua autonomia funzionale. Il giornale è un prodotto che si inventa, certo non può essere realizzato sotto dettatura.
Il punto, che io vedo grande come una casa, riguarda il progetto politico. La creativa fattura di un giornale all’interno di un comune progetto politico è una risorsa; il problema nasce se il giornale di Rifondazione diventa lo strumento di un altro progetto politico non solo concorrente ma avverso a Rifondazione. Il problema è aggravato dal fatto che nell’opinione pubblica esiste una identificazione tra giornale e partito, per cui il partito viene chiamato quotidianamente a rispondere delle prese di posizioni del giornale come se fossero sue: dalla proposta di scarcerazione della Franzoni allo scioglimento di Rifondazione; oltre al danno la beffa. Nessuno vuole mettere la mordacchia ai giornalisti di Liberazione ; siamo invece interessati a che Liberazione – come recita l’ordine del giorno – sia «strumento indispensabile per il rilancio del progetto della rifondazione comunista». Questo è il punto che dicuteremo non appena varato il piano che permetta di far uscire Liberazione dalla drammatica situazione finanziaria in cui versa.
Vi invito per tanto ad approvare l’ordine del giorno distribuito.